ANCONA. In un pesciolino del Mozambico la ricetta anti età per l’uomo.

Creato il 10 marzo 2016 da Agipapress
ANCONA. Si chiama “Nothorbranchius Furzeri” ed è il protagonista del convegno dal titolo “Dalla savana ai laboratori: come un piccolo pesce africano può aiutarci a comprendere i meccanismi dell’invecchiamento" che si terrà lunedì 14 marzo alle 16 nella Sala del Rettorato dell’Università Politecnica delle Marche, in piazza Roma 22 ad Ancona. In natura, infatti, esiste un piccolo pesce d’acqua dolce che vive nelle pozze d’acqua temporanee che si formano durante la stagione delle piogge nell’area compresa fra lo Zimbabwe ed il Mozambico, che si chiama “Nothorbranchius Furzeri” ma è noto agli appassionati come “killi turchese” della famiglia Nothobranchiidae. Questo pesciolino ha una peculiarità: pur invecchiando in maniera accelerata, sviluppa nell’arco di pochi mesi gli stessi problemi fisici delle persone, come tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenerative. Proprio di come la scoperta di questa caratteristica permetta di studiare più rapidamente i processi tipici della vecchiaia della specie se ne parla all’incontro di lunedì 14 marzo che rappresenta l’appuntamento annuale promosso dall’Inrca l’Istituto Nazionale Riposo e Cura Anziani in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche, che ogni anno coinvolge i massimi esperti internazionali per affrontare un tema legato alla ricerca sulla terza età.  L’incontro, organizzato dal professor Fiorenzo Conti del Centro di Neurobiologia dell’invecchiamento Inrca, vede la partecipazione del direttore scientifico Fabrizia Lattanzio e di Alessandro Cellerino del Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore il primo a descrivere il rapidissimo ciclo vitale dell’animale. Uno studio condotto nel 2014 ad opera di un pool di ricercatori di Asia, Usa ed Europa riunitisi alla Scuola Normale che ha affrontato per la prima volta l’analisi dei risultati della mappatura del genoma del Nothobranchius furzeri, frutto della raccolta dei risultati delle ricerche di laboratorio provenienti da studi effettuati in tutto il mondo, al fine di riuscire a definire i meccanismi genetici e cellulari che determinano il processo di invecchiamento di questo pesciolino, rappresenta un punto di riferimento importante in questa ricerca di risposte per l’uomo.
L’aspettativa di vita del pesciolino africano è limitata: meno di 3 mesi in natura e questo lo rendono tra i vertebrati, l’animale con il ciclo più breve di nascita-crescita-invecchiamento-morte.
Come mai questa celerità di vita? Perché il Nothobranchius furzeri che vive solo nelle pozze temporanee che si formano durante la stagione delle piogge nel sud del Mozambico, quando queste pozze si seccano, tutti i pesci muoiono; sopravvivono solo le uova incistate nel fango secco.
Analoga breve durata di vita è stata replicata anche in laboratorio, come ha dimostrato un gruppo di ricerca della Laboratorio di Biologia della Scuola Normale Superiore guidato da Alessandro Cellerino, dove i pescihanno vissuto pochi mesi mostrando però un ciclo vitale completo seppure accelerato. Sarebbe però stato dimostrato che questo processo di invecchiamento del Nothobranchius furzeri può essere rallentato grazie all’utilizzo di sostanze naturali; da qui l’interesse non solo naturalistico verso le originali caratteristiche di questo pesciolino esotico, quanto le implicazioni che questo determina per lo studio dei processi che regolamentano il ciclo di vita degli organismi superiori.
Si sono diffusi a livello mondiale i laboratori che hanno analizzato queste caratteristiche ed oltre venti sono quelli sparsi nel mondo che hanno stabilito colonie di Nothobranchius furzeri certi che, grazie alla loro breve aspettativa di vita, questi pesci possano accelerare il progresso della conoscenza sui meccanismi genetici e cellulari dell’invecchiamento
Di particolare rilevanza dunque per l’aggiornamento della ricerca è l’appuntamento di lunedì ad Ancona. (mpa)