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...ancora a proposito di Charlotte, il matrimonio, le donne con G.Parisi

Creato il 26 maggio 2012 da Lizzys @lizzysylvia66

...ancora a proposito di Charlotte, il matrimonio, le donne con G.Parisi

Monastero degli Olivetani, Univ. di Lecce

Il nostro ultimo tè dedicato a Charlotte Lucas (Charlotte Lucas, ovvero: mi piego ma non mi spezzo) ha destato molte riflessioni in coloro che hanno letto il post, e che ringrazio vivamente perché, a loro volta, hanno suscitato altrettante elucubrazioni nella mia fervida mente di Janeite... nonché in quella di Gabriella, alias LizzyGee, una delle mie care compagne di incursioni nel mondo dei derivati austeniani, (insieme a Miss Claire, alias LizzyP, nel salotto Old Friends & New Fancies dedicato proprio a questo particolare e prolifico genere letterario).Per effetto di una di quelle meravigliose, insondabili coincidenze significative che mi piacciono tanto, Gabriella si è trovata a leggere proprio nei giorni del post un libro (La Monaca, di  Simonetta Agnello Hornby) in qualche modo legato sia a Jane Austen sia all'argomento di quel post, cioè condizione femminile e matrimonio.Perciò oggi, in questo tè delle cinque, le cedo ben volentieri il compito di fare due chiacchiere austeniane, ringraziandola vivamente di avermi regalato queste sue riflessioni.
In che modo, e con quali effetti, Jane Austen si intreccia con il destino di una monaca in un convento del Sud d'Italia di metà Ottocento?...
Le donne italiane (non) avevano un'alternativa
di Gabriella Parisi
Pochi giorni dopo la pubblicazione del post di Sylvia-66 su Charlotte Collins, ho intrapreso la lettura di La Monaca di Simonetta Agnello Hornby. In un primo momento ho rilevato solo i numerosi riferimenti che l’autrice fa a Jane Austen. 

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Giuseppe Molteni, 1847, La signora di Monza


La protagonista, Agata, è di famiglia nobile e ha studiato con un’istitutrice inglese, Miss Wainwright. Quando conosce James Garson, un capitano inglese che si trova nel Regno delle due Sicilie per questioni commerciali e diplomatiche, comincia a ricevere da lui dei presenti, dei libri in inglese. È il 1840 — Agata ha solo quattordici anni —  e il primo libro che Agata riceve è Pride and Prejudice, una pubblicazione relativamente giovane.
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Più avanti — quando Garson le avrà mandato tanti libri fra cui, sicuramente, anche le altre opere di Jane Austen — in un salotto mondano si parla proprio della scrittrice e del perché non abbia pubblicato a suo nome in vita. Agata è ancora giovanissima, ma felice di partecipare alla discussione, sotto l’occhio compiaciuto di Garson.In seguito, quando sarà in convento, aprirà la preziosa cassa dei libri alla ricerca di un conforto. Il libro che le capiterà fra le mani — inutile dirlo — sarà Pride and Prejudice. Niente è come Jane Austen nei momenti di crisi. Se non fosse che la nostra povera Agata uscirà dalla rilettura innamorata di Mr Darcy e virtualmente invidiosa delle sorelle Bennet, che hanno sposato l’amore della loro vita.

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Keira Knightley e Matthew MacFadyen in P&P,  Joe Wright, 2005


Ancora più avanti Agata rileggerà tutti i romanzi che James le ha donato nell’ordine con cui le sono stati offerti. Quindi sappiamo che rileggerà ancora una volta Pride and Prejudice.

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Jennifer Ehle e Colin Firth in P&P, BBC, 1995


Ma mentre leggevo le vicende di questa giovane — sfortunata di essere nata nobile (sembra un controsenso, ma non lo è) — e ripensavo al post su Charlotte Collins, mi sono resa conto che in Italia e un po’ in tutti i paesi cattolici, per le giovani nobili c’era un’altra più triste alternativa al matrimonio. Perché difficilmente la famiglia sarebbe stata disposta a tenere in casa una figlia nubile, al limite non si maritava l’ultimogenita perché accudisse la madre durante la vecchiaia.
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Era naturale per i conventi ospitare giovani riottose, quindi numerose erano le strategie per "far venire loro la vocazione". Spesso le fanciulle chinavano il capo abituandosi alla vita monacale, ritagliandosi nel convento uno spazio che nel mondo esterno non avrebbero potuto avere
Per una giovane di nobili origini, infatti, era degradante una qualsiasi forma di lavoro: impossibile per Agata divenire istitutrice come la sua amata Miss Wainwright, come avrebbe desiderato; del resto questo lavoro era degradante anche in Inghilterra e le sorelle Brontë, che lo svolsero, erano delle umili figlie di pastore, non delle nobili. D’altronde, le istitutrici erano soggette ai peggiori maltrattamenti, come denuncia la stessa Anne Brontë in Agnes Gray.
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Nel convento, invece, esse erano incoraggiate a svolgere ogni genere di attività: lavori di cucito e di ricamo, lavori in cucina, in particolar modo di pasticceria — i conventi erano famosi per la preparazione e la vendita di dolci —, di giardinaggio, di erboristeria; potevano anche esercitare una sorta di professione medica fra le altre monache. Quindi, qualora si fossero accontentate di una vita senza amore, le monache potevano — in un certo senso e sempre tenendo conto che erano rinchiuse fra quattro mura — realizzarsi.D’altro canto, il matrimonio non equivaleva — nella maggior parte dei casi — all’amore. Agata, costretta ad abbandonare il sogno di sposare Giacomo — il suo primo amore — perché priva di dote, viene promessa ad un vedovo, più anziano di lei di quarant’anni, ma lo rifiuta, preferendo — a quel punto — il chiostro e la possibilità di studiare erboristeria e di leggere i romanzi che James continua a donarle.Né nei conventi mancava l’amore carnale, a volerlo cercare: confessori fin troppo zelanti e converse disgustate da padri degenerati erano pronti a porre rimedio.

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Charlotte Lucas (Claudie Blakely, P&P 2005) ispiratrice di queste riflessioni

Se però la giovane fosse stata una Elizabeth Bennet, una Marianne Dashwood, una giovane dal forte spirito d’indipendenza e di giustizia? E se per madre avesse avuto Lady Susan? Proprio come Frederica, la figlia di Lady Susan, Agata cercherà il sostegno che la madre — testarda e troppo legata alla mentalità antica di secoli, che voleva che le figlie più giovani entrassero in convento — non le vorrà offrire. Proprio come in Lady Susan, Donna Gesuela — la madre di Agata — sceglie un marito adatto dal punto di vista sociale, ma aberrante dal punto di vista dello spirito, tanto che Agata preferirà mille volte il chiostro!

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Olivia Williams, perfetta Jane Austen in Miss Austen Regrets, BBC,  2008


E se Jane Austen fosse stata cattolica? Lo so che è impossibile, visto che era figlia di un ecclesiastico anglicano, ma se l’unica altra alternativa al matrimonio fosse stata il convento? Avrebbe potuto scrivere i suoi romanzi? Se sì, di cosa avrebbero parlato? Di certo non di balli e ricevimenti, di Mr Darcy e del Capitano Wentworth. La Hornby nei ringraziamenti cita Enrichetta Caracciolo, autrice di I misteri del chiostro napoletano, la sua autobiografia. Avrebbe forse scritto qualcosa di simile? Sarebbe rimasta semisconosciuta al mondo, con tutto il suo eccezionale talento? O forse si sarebbe adattata alla vita monacale e avrebbe svolto una delle attività consentite? Per fortuna Enrico VIII aveva abolito fin dal 1536 i monasteri in Inghilterra, per cui il problema non si è posto.Però quando guardiamo — e compatiamo — persone come Charlotte Lucas, Miss Bates o le stesse sorelle Austen, volgiamo lo sguardo a casa nostra e rendiamoci conto che si potrebbero considerare quasi fortunate!
Note:
...ancora a proposito di Charlotte, il matrimonio, le donne con G.Parisi
Simonetta Agnello Hornby
La Monaca
Feltrinelli
Collana: I Narratori
29/09/2010
Pagine304
9788807018237

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