Ancora a proposito di femminicidio

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

Mentre in Italia la carneficina di donne massacrate in quanto tali da parte di uomini non accenna ad arrestarsi (ricordiamo che dall’inizio dell’anno abbiamo già superato le settanta donne uccise) i media di divulgazione, tra i quali i principali quotidiani italiani on line, persistano nel disinformare propinandoci articoletti misogini e romanzati invece di riportare giornalisticamente eventi tragici legati ad importanti questioni sociali.

Questa volta lo fa Corriere.it, che in una serie di articoli legati all’uccisione dell’ennesima donna, Marika, da parte del suo “compagno”,  ci regala una sfilza di banalità e luoghi comuni. Cosa peggiore, alla quale purtroppo siamo ormai abitaut* da tempo, è la giustificazione totale di un atto infame di tale portata. Un atto di vigliaccheria.

Ho analizzato nel dettaglio l’articolo che vi ripropongo qui in basso, evidenziando in azzurro le giustificazioni inerenti alla famiglia, in rosso quelle legate a Marika, e in giallo le descrizioni fisiche della ragazza, totalmente fuori luogo, rimarcate morbosamente per dare un’attenuante a questo “povero” uomo e per soddisfare il voyeurismo italiota attraverso una cospicua gallery di immagini.

“Sua moglie non l’avrebbe mai lasciata. E neppure sua figlia che adorava.

…la sua famiglia, alla quale era legatissimo.”

Come vediamo si evidenzia il fatto che da una parte l’uomo amasse a dismisura la famiglia e che fosse un buon marito e un bravo padre.

“Lo aveva coinvolto tanto, troppo. …grande passione alla quale non sapeva rinunciare.

…dilemma che gli creava ansia e gli toglieva il sonno.”

Dall’altra si descrive Marika come la tentatrice, Eva, poiché è stata lei a coinvolgerlo. Si sottolinea che si tratta di una passione alla quale l’uomo non poteva resistere, non ne era capace. Addirittura il poverino non ci dormiva la notte e tutto ciò, come non fosse responsabilità delle sue scelte, gli creava ansia.

Soffermandoci invece sulla descrizione della ragazza leggiamo: quella donna dell’Est (quasi un appellativo dispregiativo, uno stigma) giovane, alta, bionda (come se queste caratteristiche dovessero andare a ribadire il motivo per il quale l’uomo aveva “perso la testa” per lei, secondo i canoni estetici stereotipati dell’appetibilità femminile), avvenente. Insomma, difficile resistere! A dimostrazione di ciò non poteva mancare la sfilza di immagini che ritraggono la vittima in posa, giustificando la decisione di inserire questa gallery col fatto che la ragazza sognasse un futuro nella moda.

Mi sono messa anche a leggere un altro articolo di rimando ed ecco cosa ho trovato:

Ancora descrizioni minuziose e dettagliate dell’aspetto fisico della vittima, di quanto risultasse piacente agli occhi maschili e fosse tenuta in gabbia come un animale.

Qui invece la rimarcazione di quanto fosse bravo e impegnato quest’uomo, e soprattutto del fatto che fosse innamorato e disperato!

Insomma, cosa ci dicono questi articoli? Che questo pover’uomo si trovava tra due fuochi, da una parte l’amore verso la sua famiglia e dall’altra la forte passione nei confronti di questa donna attraente. Non sapeva come uscire da queste circostanze di forza maggiore e quindi non ha avuto scelta!

Quando leggo articoli del genere mi chiedo come mai il compito del giornalista, che dovrebbe essere quello di informare con occhio razionale, oggettivo e critico, venga meno.

E’ proprio vero, e possiamo constatarlo, che i media di massa e i new media, insieme alle istituzioni, strizzano l’occhio al femminicidio e a tutto quello che esso comporta. Lo normalizzano e lo giustificano. Poiché esso passa attraverso la cultura all’interno della quale siamo immersi e nella quale molti di noi sguazzano senza nemmeno accorgersene.

In una società come la nostra, dove pochi sanno che cosa sia davvero il femminicidio e altri denigrano questa parola, voglio rispondere che l’omicidio è solo l’apice del femminicidio. Inoltre il fatto di chiamare un omicidio ai danni di una donna (in quanto tale!) femminicidio non è un capriccio, bensì significa dare finalmente un nome ad un fenomeno con determinate peculiarità che si sta diffondendo a macchia d’olio ed è sintomo e conseguenza di modelli culturali radicati, perchè non si può certo ridurlo alla mentalità del singolo quando è invece un problema diffuso e sociale!

Riporto infine le parole di femminicidio.blogspot.it che spero siano chiarificatrici e rivelino come le complicità del femminicidio siano distribuite su più fronti:

Il femminicidio…..

E’ una categoria di analisi socio-criminologica delle discriminazioni e violenze nei confronti delle donne per la loro appartenenza al genere femminile (per approfondire vedi il libro: “Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale”, Franco Angeli, 2009).

E’ un neologismo con il quale si nomina ogni forma di discriminazione e violenza rivolta contro la donna “in quanto donna”.

E’ la violenza di genere in ogni sua forma.

E’ l’esercizio di potere che l’uomo e la società esercitano sulla donna affinché il suo comportamento risponda alle aspettative dell’uomo e della società patriarcale, è la violenza e ogni forma di discriminazione esercitata nei confronti della donna che disattende queste aspettative.

Questa forma di controllo annienta l’identità della donna, assoggettandola fisicamente e/o psicologicamente, economicamente, giuridicamente, politicamente, socialmente.

Il femminicidio e’ la punizione quotidiana per ogni donna che non accetta di ricoprire il proprio ruolo sociale, è il principale ostacolo alla autodeterminazione e al godimento dei diritti fondamentali di più di metà della popolazione mondiale.

Il femminicidio attraversa ogni epoca, ogni cultura, ogni luogo.

Come ha sostenuto Bordieu, il dominio maschile sulle donne è la più antica e persistente forma di oppressione esistente.

Il femminicidio viola i diritti umani di metà della popolazione mondiale, spesso con la connivenza delle istituzioni.



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