Ancora su lingua e letteratura sarda

Creato il 17 ottobre 2010 da Zfrantziscu
di Roberto Bolognesi (*)Comincio subito murrungiando per il fatto che ancora una volta sono costretto a scrivere di “roba seria” in italiano. Il problema eterno è costituito dal fatto  che chi disquisisce di lingua e letteratura sarda lo fa esclusivamente in italiano. Vabbé, non moriremo neanche questa volta.Prendo lo spunto dall’articolo serio e garbato di Alfonso Stiglitz, pubblicato sul Manifesto Sardo, in cui l’autore si lamenta che “In alcune parti del dibattito [sull'attribuzione della "patente di sardità" alla letteratura scritta in italiano da parte di autori sardi] , l’aspetto duro da digerire per qualcuno, in un percorso che vogliamo definire identitario, è che l’italiano, a prescindere dal fatto della sua imposizione come lingua ufficiale e quindi dall’alfabetizzazione forzata, è oggi una nostra, dei sardi, lingua madre; in molti casi, ahimè, unica e in ancora molti, fortunatamente, affiancata al sardo, al gallurese, al sassarese, al tabarchino, al catalano, a tutte le lingue e varietà della nostra isola.”Non so a chi si riferisca Stiglitz con quel “qualcuno”, ma avendo partecipato anche io a quel dibattito, faccio allegramente finta che si riferisca a me. E mi limito a dire che Stiglitz qui sta facendo una confusione della Madonna!Confonde infatti la situazione del “parlato” con quella della letteratura. Ora, non credo che si possa attribuire a me o ai miei lettori la bieca ignoranza della reale situazione linguistica in Sardegna a cui allude Stiglitz. La seguente citazione proviene da Sardegna fra tante lingue (Bolognesi & Heeringa, 2005): Il risultato di una tale situazione è che fra sardo e italiano si è creato un continuum caratterizzato da vari gradi di commistione fra le due lingue, il quale rende molto difficile per un parlante medio stabilire chiaramente quali strutture linguistiche appartengono all’una o all’altra delle due lingue." Schematicamente, la situazione si può rappresentare nel modello seguente.

Continuum diglossico.
Questo modello illustra il fatto che i due sistemi originari vengono tenuti completamente distinti solo in situazioni estremamente controllate. In pratica, almeno nei contesti non decisamente formali (la lingua scritta), tutto il repertorio costituito dal continuum viene utilizzato. È chiaro, inoltre, che la posizione che il sardo italianizzato e l’Italiano Regionale di Sardegna occupano nel continuum diglossico non è così facilmente distinguibile come fa apparire lo schema. Il graduale passaggio dal rosso al giallo esprime molto meglio la
realtà della situazione.

Stiglitz, perciò, non dice niente di nuovo nelle righe seguenti: Il rapporto tra sardo e italiano è, in sostanza, oggi, un rapporto tra lingue nostre e il nostro esprimerci ha senso solo se agiamo liberamente nell’uso dell’uno o dell’altro codice o di entrambi e se tra tutti i nostri codici avviene la contaminazione che è vitale per le lingue. D’altra parte, l’italiano è oggi l’unica lingua che unisce tutta l’isola, dai sardoparlanti ai tabarchini e oltre. Alla fin fine usare molte lingue non ha mai fatto male a nessuno e, a differenza di altri settori, qui non vale la “modica quantità” alla quale certi censori sembrano volerci inchiodare. Come i nostri antichi dicevano, saggiamente: meda limbazzos, sapientia.”Ma il punto, caro Stiglitz, non è quello! Qui si tratta di definire un’opera scritta in italiano come appartenente o meno alla letteratura sarda: tutto un’altro ordine di questioni! E questa definizione, non può che essere–come ho già ripetuto ad nauseam–che una definizione politica, anche se non del tutto. Anche il buon senso può aiutarci a capire. Mi chiedo se Stiglitz definirebbe come letteratura (o anche, più modestamente, come narrativa) italiana i miei raccontini in sardo. Per me la risposta non può che essere negativa, ma attendo una sua risposta.Nel mentre, però, traggo da me la conclusione simmetrica che un romanzo scritto in italiano non faccia parte della letteratura sarda. Riconosco che i romanzi scritti in italiano da autori sardi facciano parte della cultura sarda, ma la letteratura sarda è quella scritta in sardo. E qui ammetto che diventa impossibile accomunare tutta la letteratura sarda (cioè anche quella in tabarchino, gallurese, sassarese e algherese) in una definizione non-negativa. E allora il problema lo risolvo politicamente e do una definizione negativa della nostra letteratura come quella “non scritta in italiano, ma in una delle nostre lingue autoctone”.E adesso voglio vedere se Michela Murgia avrà ancora il coraggio di attribuire soltanto a chi è d’accordo con lei il diploma di Onestà IntellettualeIo a lei ho già assegnato un’altro diploma.(*) Dal blog Bolognesu

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