Per i filantropi che si sono gustati l'articolo sul Kuq e Zi sarebbe forse anche interessante sapere un po' più in generale lo scenario della politica albanese attuale... Altrimenti sembra che sti scalmanati ultrà rossoneri siano lì lì per vincere le elezioni (mentre in realtà, in tutto il mondo, nessuno ha dato a questo movimento più importanza e visibilità di me).
Riporto dunque qui sotto stralci di un articolo pubblicato da me medezimo su Tirana XXL. Colgo l'occasione per ringraziare pubblicamente la Dott.ssa Aurora Kenga (mia fervente lettrice) e il Dott. Erion Gjatolli (mio appassionato detrattore) per avermi addirittura tradotto in albanese. Pensate alla faccia dei lettori (albanesi) della piattaforma (albanese) che leggono l'articolo (in albanese) di un italiano che manco è in Albania da un anno e già pretende di raccontare (agli albanesi) la loro politica interna. Manco Andrea Scanzi avrebbe fatto peggio di me. Ma si sa, sulla rete come in matematica, uno vale uno (una frase che non vuole dire nulla ma che significa "ognuno può fare tutto"). Insomma viva la sicumera, soprattutto quella immotivata (che evidentemente sta contagiando anche me).
Aggiungo che queste quattro carabattole di politica albanese che vado copiaincollando in giro le ho capite chiaccherando al bar, senza leggere praticamente nulla. Grazie ai miei amici albanesi. E al bar Nouvelle Vague.
A contendersi l’odierna scena politica sono i leader dei due partiti principali: da un lato Sali Berisha, premier uscente e leader storico del Partito Democratico (PD, il centro-destra albanese); dall’altro Edi Rama, celebre ex primo cittadino della capitale e leader del Partito Socialista (PS). Si tratta di due politici di lungo corso, due personalità opposte che condividono però un carisma e una fama ineguagliabili sul piano nazionale. Bersiha è già stato Presidente della Repubblica dal 1992 al 1997 e primo ministro dal 2005 a oggi. Le responsabilità del “dottore” (sotto il regime esercitava come chirurgo) sul 1997 rimangono a tutt’oggi poco chiare – in quell’annus horribilis i risparmi di migliaia di famiglie albanesi bruciarono nel crack delle c.d. piramidi finanziarie, gettando il paese nell’anarchia violenta: si tratta di un tema caldissimo, un ricordo su cui gli albanesi faticano a impostare un ragionamento oggettivo che prescinda dall’appartenenza ad uno schieramento politico. Anche Edi Rama ha già coperto incarichi governativi: è stato Ministro della Cultura dal 1998 al 2000 nel governo Fatos Nano e Sindaco della capitale dal 2000 al 2011. “Il pittore” (visti i suoi trascorsi artistici) è considerato da molti l’artefice della rinascita di Tirana: la bonifica del lungo Lana, la creazione di strade, aree verdi e zone pedonali, nonché la fantasiosa riverniciatura delle grigie abitazioni del regime hanno fatto guadagnare al leader socialista una reputazione che egli cerca da tempo di spendere sul piano nazionale.
Sulle spalle del premier uscente pesano antiche colpe e recenti insuccessi. Non vanno dimenticate la tragica esplosione del deposito di munizioni di Gërdec che nel 2008 costò la vita a ventisei lavoratori e la sconcertante gestione delle manifestazioni di protesta del 21 gennaio 2011, con quattro persone uccise dalla Guardia nazionale di fronte al Palazzo del Governo; tra i recenti smacchi politici vanno invece ricordati, sul piano esterno, la mancata attribuzione all’Albania dello status di paese candidato all’Ue – un fatto che attesta gli scarsi risultati ottenuti dal governo Berisha in materia di corruzione, di lotta al crimine e di difesa dell’indipendenza della magistratura (il primo punto era stato un cavallo di battaglia della campagna elettorale del 2005) – e, sul piano interno, la liquefazione della maggioranza di governo, con il passaggio, a pochi mesi dalle elezioni, del Movimento Socialista per l’Integrazione (LSI) tra le fila dell’opposizione. Il partito Nuovo Respiro Democratico (FRD), fondato dall’ex Presidente della Repubblica Bamir Topi a seguito della rottura con l’establishment del PD, nasce appunto per intercettare un elettorato tradizionalmente anticomunista ma profondamente scontento dall’operato di Berisha.
Sebbene presenti se stesso come una novità – sicurezza, lavoro, trasparenza, lotta alla corruzione, turismo sono le parole chiave del programma della coalizione “Rinascita albanese” – anche Rama porta il peso di sconfitte recenti. La prima alle politiche del 2009, quando la coalizione guidata da Berisha ottenne più seggi e riuscì a formare il governo; la seconda alle comunali del 2011: per soli dieci voti il sindaco uscente poté dichiararsi vincitore, ma grazie alla controversa assegnazione di alcune schede in precedenza considerate nulle dal riconteggio uscì eletto Lulzim Basha (attuale sindaco di Tirana e delfino di Berisha). Criticate dalla maggior parte degli osservatori internazionali, le ultime elezioni municipali della capitale sono alla base di una grande sfiducia giovanile nei confronti della classe politica dei due maggiori partiti che si contendono la guida della transizione democratica del paese, un senso d’impotenza che grava soprattutto sulla base del PS. Buona parte dell’elettorato socialista fatica inoltre a digerire l’alleanza elettorale siglata da Rama con l’LSI, un partito nato nel 2004 dalle divergenze dell’ex primo ministro Ilir Meta con l’allora leader del PS Fatos Nano e che quattro anni or sono rese possibile, con l’appoggio dei suoi quattro parlamentari, l’insediamento del governo Berisha – una “strana alleanza” venuta meno solo qualche mese fa.
In questo quadro politico sostanzialmente bipolare (alla faccia di quanto scritto nel post precedente), di giorno in giorno la tensione sale. La vita scorre serena nei bar di Tirana, ma, alla seconda birra, facilmente “si sale” alla politica. Per noi forestieri l’unico vero modo per capirci qualche cosa è prendere un taxi. Fadil, il mio oramai autista di fiducia, scuote il capo come solo un albanese sa fare, negando ed affermando insieme: «Sarà un pareggio che va bene a tutti e a nessuno. Il nostro problema è che guardiamo all’Italia. Facciamo i vostri stessi errori, ma in ritardo». Mi permetto di sperare che, questa volta, per andare avanti, i nostri amici albanesi trovino l’ispirazione guardando da un’altra parte.