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Ancora un processo per Silvio e Monti va da Vespa. Nessuna novità, tutto come prima

Creato il 03 dicembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ancora un processo per Silvio e Monti va da Vespa. Nessuna novità, tutto come primaLa bella notizia è che il gup di Milano Grazia Domanico ha fissato per lunedì prossimo l’udienza preliminare del processo a Silvio Berlusconi per “concorso in rivelazione di segreto d’ufficio”. Il fatto è quello noto del 24 dicembre 2005 quando, nella villa di Arcore, si presentarono i questuanti Roberto Raffaelli e Fabrizio Favata per fare omaggio al presidente del consiglio del nastro dell’intercettazione telefonica fra Piero Fassino e Giovanni Consorte passato alla storia come “Abbiamo una banca”. In un primo momento l’orientamento del tribunale di Milano era quello di soprassedere. Mancavano “elementi atti a sostenere l’accusa in sede processuale” ma poi, la decisione del gip Stefania Donadeo di imporre "l’imputazione coatta per rivelazione di segreto d’ufficio”, ha rimescolato sostanzialmente le carte in tavola. Forse vale la pena ricordare che, mentre la telefonata fra Fassino e Consorte non aveva nessuna rilevanza penale, la sua pubblicazione invece si era portata appresso un reato, quello appunto di “rivelazione di segreto d’ufficio”. All’epoca dei fatti la magistratura milanese stava conducendo indagini sui “furbetti del quartierino” e sui tentativi di scalate a banche e giornali di cui le cronache narravano ogni giorno i risvolti. Quella telefonata, che rientrava nelle indagini della polizia giudiziaria sulla scalata della Unipol alla Bnl, era parte integrante dell’inchiesta e, in quanto tale, non poteva essere divulgata, tanto che non era stata neppure trascritta né ancora messa a disposizione dei magistrati. Roberto Raffaelli, titolare dell’agenzia Rcs che aveva in appalto le intercettazioni, ascoltata la telefonata pensò di fare un regalo a Silvio Berlusconi (ormai ospite fisso di Sunset Boulevard) nella speranza di ottenere degli appalti in Romania e, insieme a Fabrizio Favata amico e sodale di Paolino il fratellino”, si presentò a casa di Silvio con la cassetta in mano. Il gip ha stabilito che quello fu “un regalo elettorale stante l’approssimarsi delle elezioni politiche” e che la pubblicazione sul Giornale diretto da Maurizio Belpietro “aveva leso, così come fu, l’immagine di Piero Fassino”. Il gip, non avaro di particolari, sottolinea anche l’atteggiamento di Silvio Berlusconi che non fu “di disapprovazione ma di apprezzamento e di riconoscenza” e da qui nasce l’“imputazione coatta per rivelazione di segreto d’ufficio”. Inutile dire che Niccolò Ghedini e Piero Longo le hanno provate tutte compresa la “competenza territoriale”, ma non c’è stato nulla da fare, lunedì Silvio è atteso in tribunale giusto dopo un caffè al bar. La brutta notizia è che Mario Monti ha telefonato a Bruno Vespa e gli ha detto: “Eccomi Bruno, sono pronto per il mio primo piano” (indovinello cinematografico). A volte abbiamo la sensazione che la storia sia come la natura, non fa salti e ha il bruttissimo vezzo di ripetersi ciclicamente (citare Machiavelli e Linneo in una sola frase ci massaggia il super-ego). Dopo aver assistito alla buffonata della firma del “contratto con gli italiani” di berlusconiana memoria, ora vi toccherà (ci rifiutiamo di seguire Vespa da anni) sorbirvi il contrattino di Mario Monti, detto ‘o Professore, con i tedeschi e i francesi. Approntato il plastico di un ospedale, di un ufficio pubblico, di una scuola cattolica e i modellini di un suv e di uno yacht, il presidente del consiglio spiegherà agli italiani il senso della sua manovra o, a ben guardare, l'ennesimo “progetto di rinascita dell’Italia” di cui non sentivamo il bisogno. Lette alcune indiscrezioni su quello che sarà il nostro futuro da lunedì prossimo (chissà poi perché tutto inizia sempre di lunedì, diete comprese) non abbiamo trovato neppure uno spunto di compiacimento, di allegria, di speranza, di prospettiva. I miliardari continueranno a immatricolare auto di lusso a nome di società fantomatiche, idem faranno gli arricchiti con le barche battenti bandiera panamense. La coppia diabolica veneta continuerà a denunciare al fisco 6 euro e ad avere in Svizzera duecento milioni. Nessun accenno alla tracciabilità, nessun accenno alla lotta all’evasione fiscale, neppure una parola sulla patrimoniale. Tagli lineari, in perfetto stile Tremonti, (i 4 miliardi e 200 milioni già previsti) invece, alla sanità, all’istruzione, ai trasporti e ai servizi. Aumento dell’Iva privilegiata dal 4 al 5 per cento e dal 10 all’11 per cento, aumento dell’aliquota Irpef per i redditi superiori ai 55mila euro dal 41 al 43 per cento, con il risultato che il ceto medio diventerà medio-basso, che i poveri diventeranno disperati, che i giovani continueranno a non avere un futuro e che i ricchi seguiteranno a ridere diventando sempre più ricchi. Scomparsa la parola “equità”, Mario Monti sta dimostrando di essere quello che è, un commissario della Banca Europea mandato a ripianare i debiti di una filiale qualsiasi. Siamo tutti convinti di vivere in un regime nel quale la democrazia è stata momentaneamente sospesa. Quello che non si capisce è la ragione della sospensione, visto che il commissario Mario Monti sta proseguendo la politica economica del governo di Silvio IlSung e che la differenza sta tutta nel fatto che lui la applicherà. A meno che le discriminanti non siano prendere il treno al posto dell’aereo e non scopare come un riccio nato in Turchia con la prima che capita. Poca roba Professore anzi, nulla.

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