Faccio una premessa, subito.
Astenersi per favore dai commenti del cazzo, tipo, sei una privilegiata, ci sarebbe la fila al posto tuo, e via dicendo.
Non c’entra un cazzo col significato ultimo di ciò che sto dire. Io ho sempre lavorato molto, a tratti, moltissimo. Può essere che sia dove sono e faccia quel che faccia per puro culo. Ma se ci son rimasta, crediateci o no, é perché mi son fatta un mazzo così.
Ero alla scrivania due giorni prima di partorire, ci son tornata un mese e mezzo dopo. A differenza della Hunziker, non avevo un cazzo da dimostrare. Ero solo priva di alternative, che è diverso. E pure parecchio.
La settimana appena conclusasi ho lavorato 60 ore. Nette. Vale a dire senza cazzi e cazzilli accessori, casini familiari, etc. Non è una novità, peraltro. È sempre accaduto. Specie in questo periodo dell’anno.
Resta il fatto, che diversamente da prima, tutto è diventato un peso. Fisico e mentale. In sostanza, non ne posso più.
Mettiamoci pure sopra che, di mio, non sono una avvezza a chiedere aiuto. Va anche detto che se non lo chiedo ci sarà pure un perchè. Diciamo che negli SOS non ho mai ricevuto grossi riscontri. Che farci, è la vita.
Resta il fatto che, in questi giorni, ho espresso più e più volte il mio disagio a coloro che mi circondano.
Con risultati patetici. Panico, preoccupazione, ansia, timore. Di cambiamenti. Al loro status quo, ovviamente. Che del mio, s’è capito, fotte un cazzo a tutti.
Una teoria di ‘ma tu sei forte’, ‘ma tu sei brava’, ‘è un momento, poi passa’, ‘non fare così ragiona’, ‘pensa a…’ (e qui potete aggiungere chi volete, dalla prole al cugino alla quattordicesima, al farmacista all’angolo, giacchè sappiatelo, tutto il mondo è appeso alle mie palle).
Resta il fatto che sono slombata, inerte ed inerme. Depressa? No, depressa no, che, come noto sono una che la depressione la fa venire agli altri, al più. Ma stanca, tanto stanca. E con un immenso bisogno di scollegarmi, dalla realtà, dai casini, dalle troppe cose che m’affollano la mente.