and wish we'd never waved goodbye...". (This time - Smashing Pumpkins)
Sogno spesso cancelli e porte. Mi capita di volerli attraversare, di essere obbligata a farlo, di spingerci qualcuno, di tendere una mano per fare entrare qualcun altro. Credo sia semplicemente il riflesso di una mia piccola ossessione, quella che io chiamo "Sindrome dell'abbandono". Non importa che sia io a decidere di andarmene, o che sia la persona accanto a me a fare i bagagli: per me si tratta sempre di un dolore profondo, di una porta che si chiude, della nascita di un rimpianto. Come sarebbe stata la mia vita con quella persona vicino? Quale sarebbe stata la nostra strada insieme? Certo, finisco col conviverci. Non passo le mie giornate a chiacchierare coi fantasmi del mio passato, eppure non posso neanche dire di essere del tutto indifferente a canzoni, odori, film o qualsiasi altra cosa possa ricatapultarmi accanto a chi, per un motivo o per un altro, non c'è più.Il fatto è che, in genere, penso si tratti di un pensiero unidirezionale. Non ho mai la presunzione di credere che qualcuno, la cui vita non mi riguarda più, possa pensare a me. Si ricollega un po' al discorso dei sogni fatto qui tempo fa, al mio sentire la necessità di raccontare a qualcuno se l'ho sognato; necessità raramente sentita nel verso opposto.Forse è proprio per questo che rimango stupita, in modo assolutamente piacevole, quando "ogni tanto, non spesso ma ogni tanto", quando ritrova il link perso fra i salvati, qualcuno che non sento da anni legge il mio blog (e gli piace)(e me lo dice). O quando, dopo averle comunicato la notizia più bella della mia vita, guardo negli occhi una cara amica che sta a km di distanza e riesco a cogliere la sua emozione, sincera.Queste sono le poche volte in cui la porta rimane aperta: non ci sono folate di vento provenienti da lontano lontano a farla sbattere; non c'è la pesante chiave degli anni passati (a volte sono davvero tanti) che chiude con doppia mandata. Ci sono solo persone che vanno e vengono, passano a farmi visita, mi regalano un'emozione: il calore di condividere un ricordo, l'impegno di costruire un presente. Ma il regalo più grande, che nessuno è mai consapevole di farmi, è quel minuto di serenità in cui mi rendo conto che non c'è stato nessun abbandono, che la vita è fatta di assenze, di scelte e, specularmente, anche di presenze e responsabilità. Vorrei solo che durasse un po' di più, perché la porta subito viene richiusa.Ma questo dipende solo da me, purtroppo.