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Andare in camporella, fra liste, contese e fragori di propaganda elettorale

Creato il 05 maggio 2012 da Cultura Salentina

di Rocco Boccadamo

Andare in camporella, fra liste, contese e fragori di propaganda elettorale

Manet: Le Déjeuner sur l’herbe (Paris: Musée d’Orsay)

Una cara amica, di latitudine geografica e, ahi me, anche di primavere parallelamente lontane, allorquando capitava di passare in rassegna e rivisitare col pensiero le parentesi dell’adolescenza e della prima giovinezza, in genere costellate, per fatto meramente naturale, di grappoli di boccioli amorosi, in seno ai correlati discorsi e confidenze, indulgeva sistematicamente alla vezzosa uscita “… si andava in camporella”.

Chiosa colorita e simpatica, senza essere spinta, avente per fulcro un’amena accezione d’impronta regionale, per rievocare le sporadiche, e perciò indimenticabili, occasioni di appartarsi furtivamente, in coppia, su un praticello, con l’intento d’amoreggiare.

In fondo, chi non ha vissuto, almeno una volta, la gioia e l’emozione di un praticello? Del contatto a viva carne fra sussulti e impulsi d’ardore e i freschi filamenti erbacei che fungevano da tappeto? Della compagnia complice di steli e corolle variopinte, separé d’improbabile riparo visivo per membra distese alla ricerca d’appagamento e d’estasi?

Per via della miriade d’ambasce, interessi e coltivazioni di tutt’altro ordine, di cui si è arrivati a circondarsi, oggi sfugge, purtroppo, non ci si rende conto che anche, tra i fumi, le ombre e i pulviscoli del terzo millennio, i praticelli con foglie e piante verdi e fiori colorati non sono affatto un miraggio, si trovano, anzi, alla portata, agevolmente, pur vivendo in città, basta scivolare a piedi, o in bici, o con l’auto, verso la periferia e, quindi, arrestarsi: scrollandosi d’addosso, come prima cosa, ogni paludamento, materiale e/o mentale, di cui, per moda o abitudine, spesso passivamente e colpevolmente, ci si ricopre.

Chi scrive, di tanto in tanto, fa diretta e concreta esperienza in tal senso, alternando i giri per il centro storico della capitale del Barocco, con puntatine verso le aree esterne, specie in direzione est e così annusare meglio i profumi dell’Adriatico.

Anche stamani, ha ripetuto l’esercizio, portandosi a ridosso e a contatto di distese naturali dall’aspetto piacevole, quasi magico, accattivante.

Le sfumature di rosso fuoco dei papaveri, il giallo intenso delle margherite, le minuscole ali bianche e nere di una farfalla intenta ai primi approcci stagionali con steli invitanti: non è che. a modo suo, pure la farfalla vada in camporella?

Infine, una giovane ape dal guscio color marrone chiaro e dallo svolazzare d’ali ancora leggero, non il ronzio penetrante e fastidioso che si manifesta sotto i caldi riverberi dell’estate.

L’evasione odierna è stata espressamente pensata e attuata per una voglia, un desiderio forte di distacco dall’insolenza degli ultimi frammenti, riecheggi, sprechi e veleni della bagarre elettorale.

Una assai differente suggestione era suscitata dai comizi dei tempi trascorsi, o meglio, antichi. I ragazzi e i giovanissimi, indirettamente, prendevano parte alle campagne, collaborando nell’affissione di sparuti e spartani manifesti e nella distribuzione di poveri volantini o santini dei candidati; e però, la sera, al buio tiepido del cuore della stagione bella, piuttosto che per la piazza del paese e il palco su cui i personaggi in lista si presentavano, perorando la loro scelta, ai concittadini, erano soliti optare per puntatine all’interno di giardini di familiari o parenti con alberi di nespole o di mandorle, cogliendone i primi saporiti frutti e abbandonandosi ad autentiche e allegre scorpacciate sotto le stelle.

Il giorno d’oggi, purtroppo, in mezzo agli innumerevoli mutamenti, si registra anche il particolare che nespole e mandorle tardano a maturare, il processo si compie al di là della campagna elettorale e delle votazioni.

Tant’è che, di ritorno dal benefico giro fra i prati della periferia di Lecce, allo scrivente, preso dai ricordi pregressi, è rimasta appena la chance di passare dal supermercato, acquistare una manciata di nespole e, soprattutto, immortalare il contenuto della cassetta esposta sul bancone.

4 maggio 2012
Rocco Boccadamo


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