Andrea La Mendola: A Life in Pictures

Creato il 30 luglio 2013 da Dietrolequinte @DlqMagazine

Anna Caserta 30 luglio 2013

Una preparazione impeccabile, insieme alla determinazione e all’audacia che lo caratterizzano, hanno portato Andrea La Mendola ad ottenere prestigiosi premi internazionali, fra i quali non passa di certo inosservato quello come Best Director conquistato al Los Angeles Movie Awards di quest’anno. Quella di Andrea infatti è una storia dinamica ed interessante. Era la primavera del 2007 quando una semplice domanda gettava le basi per quelle che sarebbero diventate le sue scelte future. A quei tempi era ancora uno studente al Politecnico di Torino (città in cui lui è nato e cresciuto) e aveva da poco fondato, insieme ad altri tre soci, Simone Catania, Michele Fornasero, Giandomenico Musu, la Indyca, una società di produzione cinematografica con sede a Torino (che ad oggi vanta successi e soddisfazioni) quando, al termine di una lezione, si sentì proporre la realizzazione di un documentario a Los Angeles. Fu questo il primissimo passo verso quella che, pochi anni dopo, sarebbe diventata la sua città. Andrea, infatti, dopo essersi laureato in Ingegneria del cinema e dei mezzi di comunicazione, si è trasferito a Los Angeles per seguire un master alla UCLA. Oggi è, fra le altre cose, l’autore ed il regista di due cortometraggi vincitori di importanti premi. «Mi piacciono molto temi e personaggi controversi che stimolino momenti di riflessione. Cerco sempre di far sì che gli spettatori attraverso i miei film possano vivere un’esperienza cinematografica piacevole in cui tutti gli elementi concorrano alla costruzione di un mondo unico ed intrigante».

Ed è esattamente ciò che dimostra attraverso Echoes, un thriller psicologico in cui il protagonista, affetto da un disturbo narcisistico della personalità, combatte con il proprio flusso di coscienza e avanza sul filo di un equilibrio precario, dove i cambi repentini finiscono per intrappolarlo, squarciando inesorabilmente quel sottilissimo velo che demarca il confine fra lucidità ed alterazione. «È stato anche un modo per mettere alla prova le mie capacità da regista/produttore con un prodotto complesso dal punto di vista realizzativo sia a livello tecnico che narrativo. Una macchina produttiva molto sofisticata che per funzionare aveva bisogno di molto lavoro sui dettagli e sulla creazione di una squadra ben preparata e affidabile». Echoes è stato interamente realizzato in Italia ed ha infatti richiesto impegni economici ed organizzativi pari a quelli di un lungometraggio, in cui hanno giocato un ruolo fondamentale la collaborazione fra Politecnico di Torino, Indyca, Liquid Gate Studio ed il contributo di Fondazione CRT.

Nonostante i problemi che normalmente si ritrovano in imprese di un certo tipo, quest’esperienza ha dato grandi soddisfazioni, ripagando pienamente gli oltre due anni di duro lavoro, ottenendo nomination in molti festival italiani e d’oltreoceano, e raggiungendo grandi vittorie: Echoes ottiene il Best Italian Short Movie al MIFF (Milan International Film Festival), poi l’Awards come Best International Short Movie al Santa Monica Film Festival e, nel maggio di quest’anno, vince ben tre Awards come Best International Short Movie, Best Director e Best Actor al Los Angeles Movie Awards. «Fa piacere notare come alcune immagini di Echoes rimangano a lungo nella mente dello spettatore e che a distanza di tempo ci siano molte persone che ricordino chiaramente il film e richiamino alcune delle sequenze più caratteristiche. Dal mio punto di vista vuol dire che siamo riusciti a lavorare su un piano emozionale profondo e suscitare delle emozioni vere nello spettatore. In fin dei conti questa è la sfida principale di ogni regista ed è ciò che mi rende molto fiero di questo lavoro».

Il lavoro di Andrea prosegue magistralmente con Lost In Gray, un’opera in cui lui stesso si mette più volte in discussione, abbandonando alcuni schemi e acquistando nuove visioni. E come risultato ottiene trenta minuti in cui lo spettatore viene portato a vivere emozioni forti, vere e contrastanti, attraversandole in un’infinita gamma di sfumature. Minuti in cui dolore e rabbia, frenesia e calma, rimpianto e sete di vita e di giustizia s’intrecciano, si fondono, arrivano fino alla pelle marchiandola a fuoco, diventando palpabili fino a saturare l’aria. Passata quella mezz’ora, ognuno avrà fatto i conti con sé stesso e poco importa quanto distante sia il proprio vissuto da quello del protagonista.

«Lost In Gray è un lavoro più maturo. In esso vedo una mia crescita personale come storyteller e percepisco una grande forza emotiva che storia e personaggi portano sullo schermo. Ero alla ricerca di una storia completa, una storia per cui le persone potessero realmente essere coinvolte. Volevo mantenere la forza di intrattenimento di Echoes ed estenderla su un piano più emotivo in cui il messaggio fosse più attuale e profondo. Volevo parlare di rispetto, tolleranza verso la diversità, di estremismi, di follia umana, di valori universali all’interno di una storia brutalmente reale e attuale. Su Lost In Gray ho lavorato moltissimo con le mie emozioni e le mie esperienze personali anche se apparentemente è una storia molto distante da me. È stato come canalizzare alcune forti emozioni che ho vissuto negli ultimi anni e applicarle su qualcosa di molto diverso. Il risultato è stato sorprendente anche per me. Ero alla ricerca di qualcosa in me e nello spettatore. È difficile spiegare cosa… forse quel senso di intimità, sofferenza, amore, angoscia che si prova quando si ha a che fare con storie dal forte significato e valore universale. Avevo bisogno di dare qualcosa a chi vedesse questo film, qualcosa di profondo. Per la prima volta ho percepito in me la capacità di accettare l’imperfezione estetica a fronte della storia, anzi ho trasformato l’imperfezione in un valore aggiunto, una sorta di texture che rendesse ancora più forte il film. Se Echoes era un solido dalle forme precise e armoniose, Lost In Gray è un liquido in espansione».

Il coinvolgimento da parte di chi si aspetterebbe di essere un soggetto passivo, ovvero lo spettatore, è invece totale. Nella pellicola si parla di neonazismo che, così come molte altre forme razziali, continua ad essere endemicamente presente ad ogni livello sociale. Memoria storica e memoria ancestrale forniscono chiavi di riconoscimento ben chiare, attraverso le quali diventa impossibile non identificarsi e schierarsi.

«Lost In Gray credo che non abbia un genere di riferimento, forse è un film drammatico, forse è un thriller… è difficile da dire. È un film che rispecchia una società che in parte si sta muovendo verso certi estremismi che tornano di attualità, verso un’intolleranza di fondo nei confronti del diverso, in cui c’è chi è certo di avere la verità in tasca e poter giudicare ciò che è diverso da sé, arroccato sui propri valori senza alcuna intenzione di aprirsi all’ascolto, al confronto con l’altro. Mi auguro che i produttori si rendano conto della necessità di raccontare tali storie e di investire tempo e risorse per dare voce e spazio a questi messaggi. Siamo “intrattenitori” ma siamo anche artisti e gente di cultura che deve prendersi l’onere di toccare tali temi per creare un dibattito utile nella società di oggi. Dobbiamo trovare il coraggio di rischiare per un fine superiore».

La dedizione e la passione che Andrea ha nei confronti del suo lavoro traspare attraverso le dichiarazioni rilasciate e lo si vede altrettanto chiaramente attraverso le sue storie. Durante gli anni universitari ha accettato diversi lavori riguardanti il mondo cinematografico, cogliendo ogni opportunità, carpendo tecniche e segreti da coloro che hanno lavorato al suo fianco, riuscendo poi a trasformare tutto in una grande risorsa. Umiltà e dedizione lo hanno portato ad affrontare sfide sempre maggiori e a raggiungere traguardi notevoli. Per il futuro ha già nuove carte da giocare ma ha anche e soprattutto, la saggezza di saper aspettare.

«Ovviamente sarei felicissimo di poter dire che da domani inizierò la pre-produzione di uno dei miei film. Ma Hollywood richiede i suoi tempi. E richiede altissima professionalità, esperienza, estrema fiducia, e idee che possano creare guadagno. Quando, ad un regista, si mettono in mano un sacco di soldi per fare un film è ovvio che non si può dubitare delle sue capacità. Quindi prima è necessario costruirsi esattamente questo tipo di fama. Sto quindi lavorando su due fronti: da un lato costruirmi questa fama, dall’altro creare storie che piacciano tanto al pubblico quanto ai produttori senza dimenticare mai che in qualità di film-maker siamo portatori di messaggi e valori che influenzeranno un vasto pubblico, qualora Hollywood voglia produrre e distribuire i nostri film. Attualmente ho quattro film già sceneggiati e sono alla ricerca dei produttori giusti. Il film di Echoes, quello di Lost In Gray, un mystery sci-fi ambientato nel futuro e una spy-action story. Tutti e quattro hanno ottime potenzialità e ognuno ha i suoi target e mercati specifici a cui rivolgersi. Se dovessi sceglierne uno solo per iniziare, a prescindere dal budget punterei subito in grande e mi muoverei sullo sci-fi, un mix molto intrigante tra Blade Runner e Strange Days».

Per saperne di più

http://www.andrealamendola.com/

http://www.indyca.it/indyca/home_INT.html

https://twitter.com/andre_lamendola

https://www.facebook.com/andrealamendoladirector

Questo articolo è disponibile anche in versione inglese:

Andrea La Mendola: A Life in Pictures


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :