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Andrea Pagliantini, io il vino lo faccio così

Da Stefaniapianigiani @enogastrogarden
sangiovese toscano
oliveta-di-vertine
fare vino grappli di sangiovese


Post tratto dal bellissimo articolo di Francesca Ciancio, LA GUERRA DEL ( E AL) VINO NATURALE, sul  settimanale economico Tre Bicchieri del Gambero Rosso.

“Io il vino lo faccio così”

Mi immagino come avrebbe reagito il Maestro Giulio Gambelli (fautore di alcuni dei più famosi rossi toscani a base di uva sangiovese, ndr) ad una domanda stile: “cosa ne pensa dei vini naturali?”.

Avrebbe alzato le ciglia, sporto la testa in avanti, alzato le spalle, aperto il pollice, l’indice e il medio verso l’esterno e avrebbe detto:” si vanno bene”.

Si parte dalla potatura della vite in questo momento dell’anno, si pota a cordone o a guyot, che io preferisco chiamare a capo e razzolo. Si rinnova di poco la pianta lasciando due gemme nel razzolo più dritto nel cordone.
Nel capo e razzolo si taglia il capo a frutto dell’anno precedente lasciando sul nuovo capo otto, nove gemme.
Le potature (sarmenti) si trascinano via e si bruciano, o si tritano per compostare con vinaccia, raspi ed erba.
Per quanto riguarda la gestione del suolo è meglio se si è seminato qualcosa da sovesciare per fissare l’azoto nel terreno per ridar fiato alla vite che ripartirà in primavera.
A maggio va fatto il primo trattamento per coprire le foglioline nuove: una base di soluzione di rame e zolfo. I successivi dipenderanno dalla stagione e non da un calendario fisso.
Si mettono i tralci dentro le gabbie di fil di ferro, si sfemminella, non si fanno trattamenti di alcun tipo quando l’uva è in fiore, perché si rischierebbe di trovare rame nell’acino o compromettere l’allegagione.
Con dell’uva sana e a posto bastano 6/8 grammi di metabisolfito a quintale (non si parla di hl), si procede con fermentazione in barili aperti da 3 quintali, per non avere fermentazioni troppo calde e consentire al colore di fissarsi in presenza dei tannini naturali del legno.
Si passa a manipolazioni per rompere il cappello delle vinacce e alla macerazione a seconda dell’uva e della sua sanità. Svinatura, vino in barrique usate, 2 grammi/hl di metabisolfito e via cosi per un paio di settimane.
Travaso successivo per levare la feccia più grossolana e di nuovo nello stesso contenitore.
Appena arriva il freddo si aprono le finestre e lo si fa sentire al vino che così si spoglia di tartrati e sostanze proteiche. A primavera parte la fermentazione malolattica, ad aprile-maggio si travasa con 2 grammi di metabiosolfito ad hl, nuovo travaso a settembre.
A questo punto assaggio ogni 20/30 giorni e via a riposare nel legno, finché il vino non è pronto per la bottiglia.
Controllo la solforosa libera da portare intorno ai 20 mg/l, filtraggio a cartone con pannello sgrossante a grana larga, bottiglia, riposo di sei, otto mesi, infine vendita.
Questo, il vino a grandi linee.
Andrea Pagliantini, vignaiolo di Vertine, Gaiole in Chianti.


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