Andrea Segre incontrerà il pubblico di Cinemazero per presentare il suo ultimo documentario “Il sangue verde”

Da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Il regista Andrea Segre, autore di tante pellicole-denuncia su situazioni di cronaca scottanti della nostra Italia, tra cui il recente Come un uomo sulla terra, film che racconta la spaventosa condizione dei migranti dalla Libia, sarà ospite di Cinemazero, a Pordenone, martedì 28 settembre alle ore 21.00 in SalaTotò per presentare il suo ultimo lavoro, Il sangue verde, in cui dà voce ai braccianti africani protagonisti della manifestazione di protesta del gennaio 2010 a Rosarno, in Calabria, sfociata in episodi di violenza e presto dimenticata dai grandi media. Un film che alle “Giornate degli Autori” della 67 Mostra del Cinema di Venezia si è aggiudicato il premio “Cinema Doc” e che Cinemazero propone come anteprima della rassegna di cinema africano in programma a Pordenone, Udine e in altri Comuni della Regione dal 15 ottobre al 12 novembre 2010.

Gennaio 2010, Rosarno, Calabria. Le manifestazioni di rabbia degli immigrati mettono a nudo le condizioni di degrado e ingiustizia in cui vivono quotidianamente migliaia di braccianti africani, sfruttati da un’economia fortemente influenzata dal potere mafioso della ‘Ndrangheta. Per un momento l’Italia si accorge di loro, ne ha paura, reagisce con violenza, e in poche ore Rosarno viene “sgomberata” e il problema “risolto”. Ma i volti e le storie dei protagonisti degli scontri di Rosarno dicono che non è così. Scovarle e dare loro voce è l’impegno preso dal regista Andrea Segre, che in Il sangue verde denuncia come, nel silenzio seguito alla vicenda, quasi tutti gli immigrati di Rosarno siano stati rilasciati e abbandonati a sè stessi in giro per l’Italia: da Caserta a Roma, da Napoli a Castelvolturno, mentre alcuni hanno addirittura deciso  di tornare di nascosto negli aranceti di Rosarno. E’ in questi luoghi di fuga che, pochi giorni dopo le manifestazioni, Segre ha incontrato 7 protagonisti di queste vicende, chiedendo loro di raccontare non solo cosa fosse successo, ma come fosse la loro vita in Italia. Ne è nato un racconto in prima persona che, alternato alla memoria storica rappresentata dalle immagini di documentari sul lavoro di contadini italiani nel Meridione degli anni ‘60, riporta al centro dell’attenzione la dignità e il coraggio di centinaia di ragazzi africani, che dalle loro terre di origine si sono messi in viaggio per salvare o cambiare la loro vita.

“Ciò che volevo raccontare – dice il regista Andrea Segre – non è la superficie, sia pur importante, del fenomeno lacerante e drammatico dello sfruttamento di lavoratori immigrati e del razzismo che lo accompagna, ma volevo provare ad entrare nella profondità umana di chi vive e pensa questa situazione. Tentare di avvicinare lo spettatore all’intimità e alla dignità di una condizione quotidianamente inevitabile e storicamente ancora lontana dall’essere risolta: quella dello sfruttamento di lavoratori stranieri, isolati e senza diritti. Volevo  capire cosa vive nel cuore, nell’anima, nell’intelligenza di una persona che capisce l’ingiustizia della propria esistenza, ma non può far altro che cercare di sopravviverne”.


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