Visto che Andrea è uno di noi non potevamo certo lasciarci sfuggire l’occasione, per lo Speciale Batman 75, d’intervistarlo sulla sua esperienza editoriale con l’Uomo pipistrello!
Ciao Andrea e benvenuto, stavolta, dall’altra parte della “barricata” de LSB!
Partiamo con una premessa. Nella seconda metà degli anni ’80 ci fu il “rinascimento” delle testate supereroistiche in Italia. Era l’universo Marvel a farla da padrone, con le pubblicazioni Star Comics e Play Press. Ricordo che, tra gli appassionati, girava la voce, ammantata da un’aura mitica, che presto anche Batman sarebbe tornato nelle edicole italiane: avremmo dovuto aspettare il settembre 1992, però…
Ci racconti quando e come nacque il progetto Batman della Glenàt?
Che cosa ricordi di quell’avventura in Glenàt? Oltre a te, nel progetto era coinvolta, tra gli altri, Fulvia Serra, proprio colei che aveva portato in Italia il Cavaliere Oscuro di Frank Miller…
Il ricordo più intenso è la collaborazione con Enzo Baldoni, cui mi legava la passione per il Pipistrellone e i fumetti in generale: andando a bottega da lui come copywriter e sapendo delle sue scappatelle come critico e traduttore di fumetti, mi ero zerbinato ai suoi piedi implorandolo di chiamarmi in qualunque momento casomai avesse avuto bisogno di aiuto su Batman & C. L’occasione arrivò con il team-up fra il Pipistrello e Judge Dredd, Giudizio su Gotham, e con una bella chiacchierata sul mondo di 2000 A.D., che da buon nerd bazzicavo con gusto. Temevo che i miei racconti di prima mano su Mega City One, i giudici e compagnia cantante annoiassero Enzo a morte e invece, a quanto pare, lo impressionarono favorevolmente. Tanto che le chiacchierate sui comics si fecero più frequenti e qualche mese dopo mi chiamò per offrirmi di entrare a far parte della squadra del quindicinale. Quanto alla direttora, ho la sensazione che amasse più il Batman di Bob Kane e quello “fuoriserie” degli one-shot e delle Leggende che quello delle collane regolari: da qui la scelta di una rivista di Nuove e vecchie superstorie, come recitava il sottotitolo.
La volontà di riutilizzare le pellicole usate nella realizzazione della rivista in raccolte che poi, purtroppo, non videro mai la luce. Cosa che aveva comportato anche la rinuncia alla numerazione delle pagine. Va detto, però, che in Rcs il formato dei fumetti non era mai stato considerato un tabù. Prova ne sia che a suo tempo sia il Dark Knight che Ronin di Miller fossero usciti in formato extralarge su Corto ma anche in volume, suppongo per ottimizzare le pellicole di stampa. Una questione di banali economie di scala, che all’epoca fu accolta dai puristi con robuste alzate di sopracciglio, e che oggi è prassi accettata… Penso all’Oscar Mondadori su Batman di inizio millennio o ai tre Batman di Neal Adams della Planeta.
Il primo numero della rivista conteneva il numero 408 della serie Batman originale, del 1987, con la prima apparizione di Jason Todd, il secondo Robin. Da cosa fu motivata la scelta di iniziare le pubblicazioni con storie cronologicamente cinque anni indietro rispetto alla data di uscita?
Come riportare nelle edicole una testata che aveva interrotto le pubblicazioni con il numero 66 della collana Cenisio, nel 1981? In undici anni di assenza dalle edicole, ne era passata di china sotto i ponti. Ma ripartire dai primi anni ’80 sarebbe stato impossibile. Si trattava di materiale datato più adatto a un Batman Classic che a una rivista al passo con i tempi. Antonio Caronia, responsabile del piano editoriale, scelse piuttosto saggiamente di ripartire dal reboot operato sulle serie regolari dalla DC dopo l’uscita di Batman: Year One, anch’esso già allegato a Corto. L’idea era di non perdere troppo il passo con le nuove serie statunitensi come Legends of the Dark knight e delle saghe come Knightfall, altrimenti irraggiungibili. Considerando che Rizzoli non credeva nell’universo DC tanto da “spalmare” la produzione su varie testate come d’abitudine in Play Press, Star Comics, etc., non ci furono alternative. Per la cronaca, all’epoca si chiacchierò anche di una analoga pubblicazione sull’Uomo d’Acciaio. Avrebbe dovuto partire proprio nel 1993 con La morte di Superman. Ma come sappiamo, le cose sono andate in tutt’altro modo.
Vedi sopra. Ma a quanto detto, aggiungerei due elementi. Primo, la volontà forse inconscia di distinguersi apparentando la rivista più al format contenitore delle “sorelle maggiori” Linus e Corto Maltese che alle altre pubblicazioni supereroistiche allora in voga. Secondo, le missive di centinaia di lettori, che forti delle preview intraviste su riviste specializzate e fanzine come Made in Usa, chiedevano a gran voce di allineare la rivista a saghe come Morte in Famiglia, Knightfall, appunto, o one-shot come Red Rain. Non poteva che uscirne un prodotto un tantino schizofrenico. Ma guardando indietro, personalmente, l’unico dettaglio su cui tornerei è la grafica. Ricordo la definizione di un detrattore particolarmente arguto, che parlò di “edizione bulgara”: con tutto il rispetto per grafici e bulgari, aveva ragione da vendere.
In molti numeri della rivista si alternavano storie più recenti a ristampe di storie classiche, formato in seguito ripreso più volte da altre collane anche negli ultimi anni (ad es. i Fantastici Quattro ma anche Thor edizioni Panini, con ristampe di episodi di Lee, Kirby ecc. in appendice). Credi che questa formula mista possa aver costituito un buon modo per portare fumetti della Golden Age in edicola, che magari pubblicati da soli non avrebbero suscitato grosso interesse?
Quando ti porti dietro cinquant’anni di avventure, dimenticare il passato non è solo un peccato: è una bestemmia. Soprattutto se puoi contare su un’unica collana. Credo che qualunque lettore con un minimo di autentico amore per Batman non potesse che apprezzare le pagine vintage di Bob Kane, Jerry Robinson e Bill Finger che facevano da ideale dessert al menu di ogni numero. Quindi sì, approvo incondizionatamente un mix oculato di vecchio e nuovo. Anche perché l’alternativa sono edizioni magari più ricercate, ma rese forzatamente più costose dalla scarsa domanda e dal minor numero di copie disponibili. Parlo, ad esempio, del Batman Chronicles della RW/Lion: volume di gran pregio, ma con un prezzo che lo limita automaticamente a una élite di collezionisti.
Per l’epoca andò benino, anche considerando l’ostilità preconcetta di quella fetta di pubblico che avrebbe preferito vedere i diritti DC ovunque tranne che nelle grinfie dell’odiata Fulvia Serra. Talebani del fumetto che, al netto di decisioni obiettivamente opinabili come la pubblicazione di Watchmen, V For Vendetta e L’Uomo d’Acciaio come inserti low cost di Corto, evidentemente non apprezzavano nemmeno di portarsi a casa gratis et amor dei brossurati prestige come Anno Uno o The Killing Joke. Al momento del passaggio alla Play Press, se ben ricordo, la testata viaggiava dalle parti delle dodicimila copie vendute: non un record, ma nemmeno un disastro. D’altro canto, l’azienda aveva smesso di credere nei fumetti da tempo… E certe cifre non giustificavano la sopravvivenza della testata. Una logica comprensibile, nell’ottica di chi era abituato alle centinaia di migliaia di copie di Oggi o Novella 2000. In quel senso, per fortuna, l’aria è cambiata: lo dimostrano i tanti collaterali a fumetti (anche DC) pubblicati negli ultimi lustri dal Corriere della Sera e da La Gazzetta dello Sport.
Da ex redattore Glénat e Play, come giudici l’operato degli editori che ne hanno raccolto l’eredità, cioè Planeta DeA e RW/Lion?
Non finirò mai di ringraziare la Planeta per aver avuto il coraggio di proporre ai lettori gioielli misconosciuti come la Lanterna Verde vintage di Gardner Fox e Gil Kane o Omac di Jack Kirby, anche se la cura redazionale meriterebbe un capitolo (umoristico) a parte. Riguardo la RW/Lion, trovo che Lorenzo Corti & C. stiano facendo un gran lavoro per la capillarità delle proposte, ma anche per la passione e la cura redazionale. In tanta abbondanza, si può passar sopra anche a peccati veniali come la qualità di stampa non sempre eccelsa dei Classici DC su Batman. Il punto, semmai, sta nella qualità intrinseca piuttosto altalenante del materiale originale più fresco di stampa: ma questo è un discorso che bisognerebbe girare alla casa madre, che ormai vede i comics come una prosecuzione del marketing con altri mezzi più che come un prodotto culturale dotato di valore intrinseco. E poi, mi manca di brutto Dennis O’Neill: uno come lui non dovrebbe avere il diritto di andare in pensione!
Grazie Andrea per questa bella intervista!
Intervista realizzata via mail in data 28/06/2014