ANDRO’ GIROVAGANDO, MA PER FAVORE SEGUITEMI, di GLG, 5 nov. ‘13

Creato il 05 novembre 2013 da Conflittiestrategie

(PRIMA PUNTATA)

1. http://geointelblog4italianpmi.com/2013/10/21/italia-potenza-scomoda-dovevamo-morire-ecco-come/

Ho già messo questo link in un commento ad altro articolo, ma lo riporto comunque per introdurre il discorso che desidero qui fare, senza dubbio ripetendo argomentazioni già svolte, ma che tuttavia restano pur sempre neglette per la stragrande maggioranza dei commentatori. Come ho già rilevato nel commento, quanto riportato nel pezzo è senz’altro interessante e nella sostanza mi sembra corretto. Debbo però ancora una volta reintervenire su alcune questioni che continuano ad essere a mio avviso trattate invece in modo errato.

La maggioranza dei media e organi di informazione, sempre ottusamente in appoggio ai “due governi del presidente” (Monti e oggi Letta), sostengono ovviamente che questi hanno agito per il bene del paese; mentre lo hanno al contrario ridotto al lumicino e stanno accentuando la loro azione negativa, pur se in modo estremamente confuso poiché ancora non sanno bene che pesci prendere. Alcuni – a partire, credo, proprio dal presdelarep – si stanno accorgendo di aver esagerato nel tentativo di espungere completamente dall’agone politico il cavaliere. Senza il “mostro”, creato fin dall’inizio dell’“infausto ultimo ventennio”, la sedicente “sinistra” non sa affatto quale politica seguire. Non esiste, non è mai esistito, alcun suo reale progetto o disegno. Essa è vissuta di rendita fino allo scoppio, non previsto, della crisi nel 2008, su cui si è detto tutto e il suo contrario salvo l’unica affermazione sensata: si tratta di una crisi di crescente de-regolazione del sistema in direzione multipolare che investe in modo particolare i paesi già avanzati, e specialmente quelli che da lunga pezza (dalla fine della seconda guerra mondiale, nel mondo bipolare e subito dopo la sua fine) sono subordinati agli Stati Uniti.

Ci si vorrebbe far credere che la crisi è già nella sostanza finita nel resto d’Europa, e ovviamente nel paese d’oltreatlantico ad essa sovraordinato, mentre resta una coda in Italia, ovviamente per colpa della precedente politica berlusconiana, ormai sbaraccata. In realtà, la crisi non è superata in nessun dove; ed eventuali “ripresine”, cioè attenuazioni della stessa, saranno di breve momento e comunque non daranno vita ad alcuna nuova effettiva tendenza decisamente al rialzo. Ci avviamo lungo un percorso sinuoso, pur con ondulazioni al momento non violente, che implicheranno molte difficoltà sociali, sofferenze, incertezza, progressivo impoverimento soprattutto delle aspirazioni a crescere e prosperare con forte depressione di ogni particolare iniziativa d’ampio respiro. Le disparità tra strati sociali cresceranno, il famoso modello “a botte” della società capitalistica avanzata (cioè con ceti medi in aumento e in miglioramento del proprio tenore di vita) tenderà a riassumere la forma del cono con vertice in restringimento e particolarmente appuntito, mentre dai due terzi superiori in giù andrà allargandosi sempre più vistosamente.

L’Italia è senza dubbio in particolari difficoltà – rispetto agli altri paesi europei di maggior rilievo con cui aveva condiviso una discreta agiatezza sociale con accrescimento del suo peso politico – per il fatto d’essere oggi di notevole importanza ai fini delle strategie seguite dagli Usa nell’area in cui il nostro paese è specialmente proiettato, non solo geograficamente. Ed è precisamente su questo punto che i critici dell’attuale situazione politica ed economica del nostro paese sbagliano (anche senza pensare male secondo il ben noto insegnamento andreottiano). E’ indubbio che l’inettitudine dei recenti governi – lo ribadisco, del presidente; e il secondo, quello Letta, del presidente rieletto appositamente per assegnare l’incarico ad un nuovo premier, che proseguisse l’opera del primo, ormai smascheratosi nei suoi effettivi intendimenti di condurci alla più totale subordinazione – ha determinato notevoli scollamenti nella società, una crescita della disaffezione e comunque un notevole disorientamento della maggioranza della popolazione, pur ancora incapace di giungere alla comprensione di dove sta il nocciolo dello sfascio in atto.

A quanto si dice, sarebbe maggioritaria pure la disaffezione all’euro e all’Europa. Ed è su questo punto che allora battono determinate forze critiche degli attuali schieramenti politici ancora in sella senza che si noti la nascita di organizzazioni in grado di affibbiare loro una spallata veramente decisiva. Alcuni avevano sperato negli “sfascisti” del movimento “grillino”, il quale, almeno stando ai sondaggi (oltre che alle elezioni regionali in Trentino-Alto Adige), sembra in netta perdita di velocità malgrado aumentino le difficoltà nel paese. Personalmente, non ho certo intenzione di erigermi a difensore della UE e della moneta comune. Che si tratti di istituzioni e di scelte economiche negative in generale, e soprattutto per l’Italia, non mi sembra esservi dubbio, almeno secondo il mio parere. Tuttavia, non è affatto sufficiente prendersela con gli organismi comunitari e, in particolare, con quelli finanziari e la loro politica monetaria. Anzi, l’insistenza sui “cattivi finanzieri” e sulla politica comunitaria cominciano ad avere effetti negativi: voluti o consapevoli poco importa qui. Il fatto comunque a mio avviso sempre più evidente è che simili critiche deviano la rabbia degli scontenti (che crescono) verso obiettivi non errati, ma comunque posti del tutto “a lato” di quelli effettivi e principali. Si confondono gli effetti con le cause, le eventuali complicità di dati governi con i centri che impongono una determinata politica.

La finanza è strumento, non centro primario delle decisioni per noi nocive. E’ evidente che si tratta di un settore dotato di particolare flessibilità e dunque molto maneggevole. Inoltre, è altrettanto indubbio che, in un sistema capitalistico dove i “nodi” del potere appaiono disseminati (non vi è certo il tipo di potere in auge nel mondo antico o in quello feudale), i settori della finanza hanno una loro autonomia e i loro vertici approfittano dunque della posizione di “strumento” attualmente privilegiato assunta dalle banche da essi dirette. Fino a quando non si arriverà allo “scontro” tipico del regolamento dei conti, assai spesso di natura bellica, tale settore resterà in auge nella politica (l’insieme delle mosse strategiche nella lotta per la supremazia e l’imposizione dei propri ordini). Non è però nemmeno l’unico, poiché l’informazione, strumento altrettanto flessibile, ha eguale valenza. Vi sono poi le attività più nascoste, quelle dei servizi (l’Intelligence), decisamente più efficaci, che si servono sia degli strumenti di finanziamento sia delle informazioni (vere o distorte), e via dicendo.

E’ la politica che comanda e gli “strumenti” vengono adoperati di conseguenza. Ovviamente, è necessario essere consapevoli che non tutto ciò che viene promosso strategicamente è efficace, non tutto è corretto; e inoltre la politica è frutto della lotta di dati agenti contro altri; e i vari agenti inseguono obiettivi diversi oppure magari gli stessi ma combattendosi tra loro. E’ facile che la situazione sfugga di mano a tutti, poiché tale esito è parte del gioco conflittuale, va sempre messo in conto. E tanto più essa sfuggirà di mano via via che ci si avvierà – in modo contorto e con frequenti avanti e indietro – verso l’accentuazione del multipolarismo. Guai però a perdere di vista chi ha in questo momento l’iniziativa, soprattutto in determinate aree territoriali e con predominio su altri gruppi subdominanti o addirittura pienamente subordinati.

2. Fissate queste premesse, affermiamo senza esitazioni che vi è un errore evidente nell’articolo cui si riferisce il link iniziale. La dannosità della UE e dell’euro non dipende dalla Germania; al massimo essa è complice o, per meglio dire, fa i suoi interessi (li fanno certi gruppi subdominanti di questo paese) all’interno di un gioco di preminenza condotto da altri; e precisamente dagli Stati Uniti (cioè dai loro gruppi predominanti, ancora i più potenti).

Difficile capire perché, una volta crollati e “socialismo” e Urss, i suddetti ambienti Usa abbiano voluto buttare a mare la “prima Repubblica” con Dc-Psi, che in fondo avevano sempre aderito nella sostanza fedelmente agli interessi atlantici (e al patto militare che ha continuato ad essere, pur dopo la fine del bipolarismo, un organo di predominio statunitense in Europa). Probabilmente, si è pensato di accelerare così l’entrata nell’intravisto e sperato monocentrismo; vi era perciò bisogno di servitori ancora più proni ai propri voleri, senza più nemmeno un minimo di dignità e incapaci di pensare una politica che non fosse pienamente dettata dai gruppi preminenti. E’ inoltre probabile che, per ottenere un simile risultato, si sia pensato di rafforzare i settori “cotonieri” italiani, presenti in forze nella Confindustria guidata da Agnelli.

Come si poté constatare sul panfilo Britannia (dove non era riunita una “massoneria internazionale”, bensì un insieme di predominanti americani, subdominanti europei e subordinati italiani), i nostri “cotonieri” erano smaniosi di liquidare la sfera dell’economia “pubblica”, che per ragioni storiche – risalenti al fascismo, ma consolidatesi nel dopoguerra; e tenendo conto che gli industriali “privati” furono sempre in contatti con Inghilterra e Usa perfino durante gli anni ’30, essendo poi tra i promotori della “svolta” monarchico-badogliana del ’43 – era stata presa in consegna dalla Dc (con dietro la Chiesa), l’unico partito antifascista in grado di impadronirsi dell’effettivo potere estromettendo i comunisti, allora ben diversi da quelli “berlingueriani”, seppur pronti a compromessi che li consegnarono infine ai voltagabbana. Non vi è dubbio che la Dc, per consolidare questo potere, si installò nei settori “pubblici” e li ampliò (con Finmeccanica, Eni ed Enel, le imprese ancora non totalmente privatizzate), perfino cedendo assai poco del suo controllo del settore al Psi quando tale partito si staccò definitivamente dal Pci a cavallo tra ’50 e ’60 (gli anni del boom).

Gli anni ’70 (precisamente dal ’68-’69 all’80 con la ben nota “marcia dei 40.000” quadri della Fiat) sono quelli cruciali per capire lo schianto avvenuto in Italia successivamente al crollo del “campo socialista” di una decina d’anni dopo. I ’70 sono gli anni del grande inganno, su cui proseguono tuttora le menzogne e i fraintendimenti, l’assenza di una vera e capace autocritica da parte “nostra”, di coloro che si pensavano conseguenti anticapitalisti e soprattutto antimperialisti (e dunque pure antisocialimperialisti) e che non hanno capito pressoché nulla di quanto stava avvenendo. Ancor oggi annaspiamo nel tentativo di scoprire infine le verità rimaste sempre nascoste e tuttora mascherate: o per incapacità di mutare prospettiva o per precisa volontà di mentire e di continuare a celare le malefatte di allora. Dovremo tornarci sopra non so quante volte, ma nulla sarà mai inutile, se almeno vi sarà l’intenzione di autocriticarsi seriamente. Un’autocritica impossibile da parte di un ceto intellettuale che, non a caso, è marcito e putrefatto negli ultimi 40 anni per la sua malafede, per l’ambizione sfrenata d’essere à la page, il che implicava diventare il migliore servo dei “più potenti”.

Ripeto: ci si dovrà tornare sopra mille e mille volte, ma non adesso e non qui. Tuttavia, va ribadita almeno una questione che continuo a vedere stravolta, nel link sopra riportato, pur da persone di sicura buona fede e cui va certamente la nostra stima. Si tratta del solito caso Moro. Sono costretto a gridare nel deserto poiché il silenzio è assordante attorno a noi pochi, che continuiamo a gridare inascoltati e silenziati. Moro era un politico, conosceva i rapporti di forza di quegli anni, non si metteva a “petto nudo” contro coloro che tramavano da posizioni piuttosto robuste certi voltafaccia, certi mutamenti d’alleanza (da non svelare subito ovviamente, ma a tempo debito, un tempo arrivato appunto tra l’89 e il ’91). Non fu rapito ed eliminato da Servizi americani (con complici non solo italiani, forse nemmeno tanto italiani, chi lo sa) perché era favorevole al “compromesso storico” tra Dc e Pci. Questo è l’errore palese (che in alcuni è menzogna).

Non mi spendo a sostenere semplicisticamente che il gioco fu condotto dai Servizi Usa (così come sempre ho creduto fosse semplicistico attribuire l’eliminazione di Mattei alle “sette sorelle”). Le trame sono state (sempre) assai più complesse e bisognerebbe afferrare meglio anche il comportamento di “ambienti” dell’est europeo (quelli con cui il sedicente terrorismo italiano aveva probabilmente stabilito qualche rapporto, non si sa quanto rilevante e implicante, fin dalla fine degli anni ’60). Tutta la faccenda rimane oscura. L’unica mia convinzione senza dubbi è che Moro fosse nettamente contrario al suddetto “compromesso”, avesse capito (dai fatti del Cile, penso perfino da “certi fatterelli” avvenuti durante il regime dei colonnelli in Grecia) il gioco “parallelo” condotto da correnti piciiste (ormai in grado di controllare il partito) in segreta combutta con ambienti statunitensi. Per il momento, fermiamoci qui; fra l’altro non abbiamo a disposizione nessuno Snowden e nessuno potrebbe essere ospitato in Russia al riparo da “grane grosse”. Ne riparleremo comunque molte altre volte.

Importante sarebbe cominciare a mettere in dubbio le “evidenze conclamate” e invece menzognere; perché è quasi sicuro che sta qui il nodo essenziale per afferrare come mai ambienti Usa (tramite il “pentito”, cioè manovrato, Buscetta che avevano nelle loro galere) favorirono, una volta divenuta possibile con il crollo “socialistico”, l’operazione di finta “giustizia” che liquidò Dc e Psi salvando la “sinistra” democristiana, che si adattò alla bisogna di divenire per vent’anni appendice di quel partito (con nome mutato parecchie volte), il cui grosso era rappresentato dai fu piciisti; oggi tale corrente subordinata rimette fuori il “capino”, ma in condizioni nettamente cambiate. E la liquidazione del “regime”, il cui nucleo centrale era formato dai controllori dell’economia “pubblica”, fu ampiamente appoggiata dai “cotonieri” guidati dalla Fiat agnelliana. Qualcosa si comincia a decifrare, ma ancora troppo poco per afferrare tutta l’ignominia servile del quadro politico consolidatosi come “sinistra” (i rinnegati di tutte le bandiere!) e della “classe detta dirigente” di tipo industriale, che vi stava dietro in qualità di mediazione e garanzia del potere statunitense in Italia. Ed è poco anche per capire tutte le giravolte del “mostro” che la sinistra si è creata nel ’93-‘94 e che l’ha dispensata finora dall’avere un qualsiasi progetto per questo paese, salvo quello di ridurlo ad una sorta di protettorato, con un “reggente” D.O.C (denominazione d’origine “comunista”).

[CONTINUA]


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