Andrzej Szmidt (1933 Lione – 2006 Varsavia).Poeta e critico letterario polacco. Laureato in filologia polacca presso l’Università Cattolica di Lublino. Vincitore del premio „Czesław Miłosz” nel 1992 con il volume di poesie Skrzypeczki (Piccoli violini). Debuttò nel 1966 con la raccolta Malowanki (Figure colorate). Successivamente uscirono: Złożenie broni (Deposizione delle armi), Szczoteczka do sumienia (Spazzolino da coscienza), Modne ubranko (Vestitino alla moda), Wiersze wybrane (Poesie scelte), Zapiski (Appunti). Dal 1958 ininterrottamente legato alla rivista Więż (Legame), della quale fino agli ultimi giorni diresse la sezione “Poesia”, benché afflitto da un male incurabile.
La sua poesia Taki pejzaż (Un paesaggio così), musicata da Zygmunt Konieczny, fece parte del repertorio della indimenticabile Ewa Demarczyk.
Leszek Szaruga, poeta, critico letterario e storico della letteratura, dice di Andrzej Szmidt: “La sua lirica dimostra che la realtà può commuovere. Può commuovere però soltanto se è una realtà non relazionata, ma vissuta personalmente. L’onestà verso il mondo degli eventi e la sensibilità personale creano una lega incredibilmente delicata e al tempo stesso paradossalmente durevole”.
Iwona Smolka, scrittrice e critico letterario, che ha curato l’edizione delle Poesie scelte di Andrzej Szmidt, scrive: “I versi di questo poeta, nella loro semplicità, sono una saggia osservazione della vita. Come un sismografo, essi registrano sia i lievi passettini, che i rumorosi passi della storia, i suoi strepiti isterici. Dalla vibrazione dei binari si può prevedere l’arrivo del treno, dalla poesia di Szmidt, se la si legge attentamente, si possono prevedere le successive svolte che ci attendono, le incrinature sociali, le speranze ridestate e le sconfitte. E’ un poeta che crede nella giustizia, nella verità e nella bellezza. E anche nella bontà e nella rettitudine umana. E come se non bastasse, crede anche nel Regno di Dio, che non è di questo mondo. Molti usano queste parole, scrivendole volentieri a caratteri cubitali, Andrzej Szmidt invece, pur non usandole, crede profondamente in esse. Questi concetti creano il fondamento del suo mondo dolorosamente reale. E su di esso si accumulano: l’argilla della vita quotidiana, la sporcizia della politica, i comportamenti dei vari gruppi sociali…
Nella sua poesia troviamo accenti sia ironici che amari, perché il poeta sa che il suo “io” è qualcuno non necessario, superfluo, in un mondo di apparenze…Ma l’impalcatura di questa lirica: la fede nella verità, in un Ordine Supremo, nel bene, nella giustizia, non consentono di distruggere i sogni, sia pure sotto il peso della realtà più orribile”.
Poeta “malato di Polonia” – come lui stesso diceva – sensibile alla bellezza e alla bontà, soprattutto quella silenziosa e poco appariscente, che egli ha concesso agli altri attraverso la sua poesia.
Negli anni ’90 eravamo vicini di casa e ci incontravano spesso. Lo riconoscevo subito da lontano: sempre solo, alto, magro, piegato in avanti, come spinto alle spalle da un forte vento, la bianca chioma svolazzante. Poi ci fermavano un po’ a parlare del più e del meno. Ricordo il suo sorriso, quasi da ragazzo timido, lo sguardo assorto e penetrante. Era un vero poeta. Dietro la sua dimessa figura si celava un’anima estremamente sensibile.
Caro Andrzej, da oggi ci incontreremo di nuovo nel mio blog e Ti presenterò ai lettori italiani, cordiale e sorridente come nella bella fotografia che ho trovato e che ho inserito in questo mio articolo a Te dedicato.
P. S.
Poesie di Andrzej Szmidt tradotte da Paolo Statuti
Un paesaggio così
Cani zoppi
adornano le strade
il diavolo alle sgualdrine
piega le gambe
gli uccelli agli alberi
i fiori anneriscono
dopo i sogni
corrono i cadaveri
un paesaggio così
un paesaggio così
di rado un criminale
con una lacrima pagherà
un mendicante cieco
troverà lavoro
un cavaliere scalzo
il lauro
un paesaggio così
un paesaggio così
i venti seminano
pini storti
inutili
ma veri
uno scemo una canzone
da essi limerà
con il sonno disseta
con una stella tradirà
sarà un paesaggio
melodioso triste
un paesaggio così
un paesaggio così
1957
Lirico
Nell’irrealtà reale
come una cicogna sguazzo. Dormi
Beatrice. I sogni accertano
i sogni e la vita la vita. Che
questa nei temporali si veste
di miraggi. Già lo so. Che non
è molto? Il sogno è sogno.
Sì sir. Il resto lo gustano
i lupi. Fino alle ossa.
Questa corda
non so
nessuno lo sa
quando si scrive una buona poesia
e quando una mediocre
non si può stabilire
ma sempre quando scrivo
mi conduce questa corda
che non mi si può negare
conosciuta
da ogni vero poeta
che non mente
ciò riguarda non solo la poesia
* * *
il viaggio mitico
della prima infanzia
dalla Francia da Lione
dove sono nato
qualche giorno
nell’Insurrezione di Varsavia
la scuola l’università
i lavori caotici
qualche amore
malattie e proprio quell’unica
manciata di versi scritti
questo sarebbe la mia vita.
Questa cosa non vale la candela
secondo alcuni
ero già un cannibale
e in aggiunta
le mie quattro orecchie
sono un’inezia
che non vale la pena
ricordare
diranno
la cosa non vale la candela
chi si turberebbe
per dei pettegolezzi
ma dirò
così a margine
a tutti i noncuranti
state attenti solo un poco
il pettegolezzo a volte
(è un truismo e tuttavia)
davvero può uccidere
lo so per esperienza
perché sono risuscitato.
* * *
quando morirò forse passerà vicino alla mia tomba
una piccola bambina tutta assorta nella vita
ma si sentirà a disagio non sapendo perché
si fermerà un istante
getterà via il sassolino con cui giocava
poi tutta seria darà la mano alla madre
come solo i bambini sanno fare
mi hanno insegnato che io lo sento e lo noto
* * *
si è accovacciata l’anima mia
sopra un rametto di sonno
gioventù e amore la cullano
una luminosa stellina la stringe a sé –
paese libero –
un corvo dolente morde la terra
con te vado a bere il vino
ti sei ritrovata –
una notte così per tutta la vita –
13 dicembre 1982
* * *
ma forse trarremo
le conclusioni davvero
nello spavento
quando non ci saranno più
né argomenti
né la terra
sotto i piedi
perché per il momento
tuttavia giochiamo con le idee
e con queste cose sul serio
questo ci va
perfino bene
e ci dona
l’apocalisse
accresce il bonumore
davanti a una tazza di tè.
* * *
Buongiorno parete -
toc toc
rispondi
io sono il mio
abitante tuo
sai sono un po’ solitario
smarrito per la depressione
non so per dove
proseguire
e tu hai visto
già tanto
aiutami
bisbiglia
sbadiglia almeno
io sono tuo amico
tu sei il mio spirito (quasi)
da tanti anni già
guardiamo in noi stessi
nel bene e nel male
adesso sono così smarrito
dovresti almeno
ansimare amichevolmente
no?
Verso oscuro
se ne va la generazione
delle fedi ingenue
delle sciocche illusioni
e di un paio di precetti morali
li guardano severamente ironici
i giovani successori
pieni di slogan e di ideologie
che io semplicemente temo
uomo già vecchio
per natura un po’ romantico
poeta Don Chisciotte
vengono tempi nuovi
vengono inesorabili
sono finiti gli scherzi
e il mondo dei sogni.
16 gennaio 1994
(C) by Paolo Statuti