Restiamo ancora nell'Ottocento, spostandoci verso la fine del secolo a Milano. E penetriamo nell'ambiente scapigliato, la nostra personale versione della bohème: letterati ribelli, spesso dediti a sregolate vite di abusi di droga (e non di rado precocemente finite con il suicidio), antiborghesi e anticonformisti, e soprattutto incapaci di accettare e affrontare la mercificazione dell'arte. Respinto il Romanticismo italiano e rifacendosi piuttosto a quello tedesco, gli scapigliati prediligono temi scabrosi e macabri: il mistero, l'orrore, il mondo onirico, lo stridente contrasto amore/morte.Tra gli esponenti di spicco figurano Emilio Praga, Iginio Ugo Tarchetti, Carlo Dossi e Arrigo Boito. E' quest'ultimo l'autore del testo che vi propongo oggi, Lezione di anatomia, componimento poetico del 1865 contenuto nella raccolta Il libro dei versi.
Un giovane studente è assorto sul cadavere di una giovinetta morta di tisi (un'etica) steso su un letto di ferro, mentre la voce formale del medico enuncia la sua lezione. E' bella, bionda, giovane, e la scienza sta profanando il suo eterno riposo. La scienza, strappatala a una giusta sepoltura, seziona i suoi sogni e le sue speranze con disumana impassibilità. Sul petto che un tempo conteneva il cuore di una vergine, il poeta osserva uno squarcio sanguinante. Quel cuore, sede letteraria di ogni emozione, è ora in mano al medico, che lo mostra, lo spoglia da ogni abito metafisico, additandone i vili componenti carnali. Inveisce ancora, il poeta, contro una scienza che riesce a donare solo pallidi conforti dopo aver strappato alla vita i mondi del sogno e l'anima. E' il momento più preziosamente lirico della poesia, un appello all'Ideale più puro: la scapigliatissima immagine della bellezza sfiorita in giovane età. Ma non può esservi Ideale in un mondo tanto lugubre, freddo e scialbo: il Reale è comunque destinato a penetrarvi e a oltraggiarlo, così come svela l'analisi dell'utero della giovane.
Lezione di anatomia
La sala è lugubre;dal negro tettodiscende l'alba,che si riverberasul freddo lettocon luce scialba.Chi dorme?... Un'eticadefunta ieriall'ospedale;tolta alla requiedei cimiteri,e al funerale:
tolta alla placidanenia del prete,e al dormitorio;tolta alle goccioleroride e chetedell'aspersorio.
Delitto! e sanguinaper piaga immondail petto a quella!...Ed era giovane!ed era bionda!ed era bella!
Con quel cadavere(steril connubio!sapienza insana!)tu accresci il numerodi qualche dubio,scïenza umana!
Mentre urla il medicola sua lezione
E cita ad hoc:
Vesalio, Ippocrate,
Harvey, Bacone,
Sprengel e Koch,
io penso ai tenericasi passatisu quella testa,ai sogni estaticiinvan sognatida quella mesta.
Penso agli eterei
della speranza
mille universi!
Finzion fuggevole
più che una stanza
di quattro versi.
Pur quella vergine
senza sudario
sperò, nell’ore
più melanconiche
come un santuario
chiuse il suo cuore,
ed ora il clinico
che glielo svelle
grida ed esorta:
«ecco le valvole,»
«ecco le celle,»
«ecco l’aòrta.»
Poi segue: « huic sanguinis
circulationi...».
Ed io, travolto,
ritorno a leggere
le mie visioni
sul bianco volto.
Scïenza, vattene
co’ tuoi conforti!
Ridammi i mondi
del sogno e l’anima!
Sia pace ai morti
e ai moribondi.
Perdona o pallida
adolescente!
Fanciulla pia,
dolce, purissima,
fiore languente
di poësia!
E mentre suscito
nel mio segreto
quei sogni adorni,...
in quel cadavere
si scopre un feto
di trenta giorni.
Arrigo Boito nacque a Padova nel 1842. Musicista, poeta e librettista, sfidò precocemente le convenzioni musicali dell'epoca. Appena diplomatosi, nel
Per tutta la vita lavorò a quella che considerava la sua opera magna, il Nerone, tragedia lirica di cui scrisse libretto e musica. Rimase incompiuta con la morte dell'autore, avvenuta nel 1918 per angina pectoris
Sakura87