Il film si apre ad Amsterdam dove Luigi conclude un affare di droga, poi si sposta a Milano, meta del giovane Leo che vuole convincere gli zii a farlo entrare negli "affari" di famiglia.
La fortuna sembra arridere ai Carbone coi soldi facili della droga ma la telefonata di Luciano che racconta le velate minacce di Barreca riaccende un desiderio di vendetta mai sopita che fa tornare i fratelli nel paese natio, un viaggio che si trasformerà in una discesa negli inferi assumendo sempre più gli aspetti di una tragedia greca fino all'inatteso, drammatico finale.
Ispirato all'omonimo romanzo di Gioacchino Criaco, in Anime nere, in concorso all'ultimo festival di Venezia, torna l'occhio indagatore di Francesco Munzi, scevro da ogni giudizio che avevamo trovato nella sua opera prima Saimir.
Nella sua terza pellicola coniuga in maniera magistrale le due anime della Calabria, quella tradizionale fatta di riti ancestrali e violenti legati alla pastorizia e alla macellazione e quella contemporanea che si permette arsenali di armi degni di una milizia e automobili di lusso. Un parco macchine che stride con la fatiscenza dei luoghi: Africo Vecchio è solo un villaggio fantasma fatto di ruderi senza tetti dove Luciano cerca un rifugio lontano dalla faida decennale che sta stringendo la sua morsa. Colpiscono i forti contrasti tra una natura mozzafiato e l'orrore edilizio con le case bunker lasciate allo stato grezzo ma dotate di ogni possibile mezzo di sorveglianza.
L'ambientazione non è solo descrittiva delle contraddizioni di un mondo ancora sconosciuto, ma nel finale assume una valenza simbolica: la resa dei conti per l'adolescente Leo avviene nella scuola abbandonata: un luogo che dovrebbe formare le nuove generazioni con ancora appeso il materiale scolastico alle pareti, vede giovani in tute paramilitari aggirarsi armati per i corridoi.
Il finale sconcertante è affidato a Luciano, non tanto nelle sue vesti di primogenito ma perché il solo rimasto a vivere quotidianamente i mali della sua terra d'origine e ritengo una scelta potente che il riscatto, per quanto folle, parta dagli abitanti stessi della Calabria.
L'interpretazione degli attori è ottima, il cast è di provenienza televisiva a partire da Rocco, interpretato da Peppino Mazzotta, il Fazio di Montalbano e quindi bisogna riconoscere che la serialità di lungo corso come Squadra Antimafia e altre produzioni Taodue in cui han transitato tutti gli altri protagonisti, ha, se non altro, il merito di aver creato maestranze molto valide per il genere gangster.
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