Anna Karenina

Creato il 22 febbraio 2013 da Ildormiglione @ildormiglione

Portare sullo schermo “Anna Karenina” di Tolstoj non era facile e nella storia sono tanti quelli che si sono cimentati in questa impresa, di cui forse è bene ricordare l’omonimo film di Clarence Brown del ’35 con Greta Garbo. Ci prova nel 2012 Joe Wright, a quanto pare cultore dei film in costume essendo regista anche di “Orgoglio e pregiudizio” ed “Espiazione“. E lo fa con la sua musa Keira Kgnithley, già protagonista dei suoi film, nei panni di una Anna Karenina che forse è meno carismatica di quella originale del romanzo e più esile, anche fisicamente, ma che non perde il coraggio che ha contraddistinto questo memorabile personaggio letterario. Tolstoj infatti descriveva una Anna con ”corpo opulento“, “folte sopracciglia“, “occhi luminosi, grigi“, così elegante e aggraziata che “pareva che l’esuberanza della sua vivacità colmasse il suo essere, sino a esprimersi, indipendentemente dalla volontà, ora nel sorriso ora nello sguardo sfavillante“. Non proprio Keira Knightley, diciamolo pure, più a suo agio, nonostante la straordinaria bellezza, in ruoli “mascolini”, si pensi a “Domino”. Ma a prescindere da questa nota di demerito, unita ad alcune situazioni più marcate nel romanzo (il tormentato animo di Anna, la questione religiosa, la psicologia intima di Levin), il film si caratterizza per delle trovate tecniche di tutto rispetto e per una storia che inevitabilmente ha segnato, e continuerà a segnare, i cuori di chi si trovasse a leggere il romanzo di Tolstoj (citato esplicitamente per altro da Milan Kundera ne “L’insostenibile leggerezza dell’essere“) . Ma andiamo con ordine. La storia è quella dei tradimenti in una aristocrazia russa assolutista, tipicamente zarista, che vede coinvolta la giovane Anna Karenina che si innamora del giovane Vronskij, interpretato dal giovanissimo Aaron Johnson (ricordate “Kick ass“?), e di fatto tradisce la fiducia di suo marito Aleksej Karenin (è anche il nome del cane de “L’insostenibile leggerezza dell’esserendr), un invecchiato Jude Law. Anna decide di mettere a rischio tutta la sua vita, calpestando il proprio orgoglio e la propria sicurezza nella società per amore e passione. Pian piano però, proprio questo amore e questa passione con il giovane Vronskij sfioriscono, mettendo a nudo tutta la fragilità di Anna, che si trova accerchiata da un metaforico plotone pronto a giudicarla. Ed in fondo è ciò che fa lo spettatore guardando il film: è inevitabile che pian piano lo spettatore provi simpatie per uno o per l’altro personaggio, condannando il tradimento di Anna o esaltandone il coraggio, sottolineando la stabilità di un matrimonio o evidenziando la passione dell’amore. “Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l’amore… tutt’e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt’e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l’altro. E quelli che comprendono solo l’amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c’è un tale amore non ci può essere nessun dramma.” Ma non è l’unica cosa che rimane allo spettatore. All’inizio parlavamo delle innovazioni tecniche che conferiscono al film un’aurea  di modernità, grazie alla scelta di ambientare gran parte delle scene in un teatro da posa, che risulta affascinante e spettacolarizza la magniloquente teatralità dell’opera di Toltoj. Questo permette allo spettatore di sentirsi a teatro e fa venir voglia di usare un binocolo da teatro per ammirare meglio le gesta dei protagonisti di quest’opera. Questo tocco di teatralità, presente sin dall’inizio, e che inaspettatamente prosegue per tutto il film, permetterà anche a chi credeva di avere a che fare con un film strappalacrime e noioso, di ricredersi e perdersi in quelle atmosfere sognanti fatte di cambi di scena/scenografia improvvisi e crudi, sfondi di cartone che prendono vita, persone immobili che mettono in risalto i protagonisti, pezzetti di carta che diventano neve. Ed è innegabile la straordinarietà che Joe Wright regala ai suoi personaggi nei movimenti più quotidiani e “normali”, facendo in modo che essi danzino il loro valzer con raffinatezza e sobria eleganza, tanto che da un momento all’altro sembra che il film si stia trasformando in musical e non ci si sorprenderebbe nel trovarsi i personaggi ad intonare ballate d’amore o brani folkloristici russi. In fondo nel film mancano alcune caratteristiche importanti del romanzo di Tolstoj ma “Anna Karenina” di Joe Wright è passione e pulsione, ma anche tanta eleganza ed innocenza, per un film che non è semplicemente una storia d’amore, ma che più che altro appare come una storia di resistenza ed autodistruzione.

Voto 8/10



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