“Non so se sono un’attrice, una grande attrice o una grande artista. Non so se sono capace di recitare. Ho dentro di me tante figure, tante donne, duemila donne. Ho solo bisogno di incontrarle. Devono essere vere, ecco tutto”. (Anna Magnani)
Personalità è la parola che meglio rappresenta Anna Magnani.
E fu la sua personalità mista alla schiettezza a colpirmi una mattina trascorsa nella sala cinema ai tempi dell’università. Ricordo ancora le immagini che scorrevano sullo schermo del film di Visconti “Bellissima”, i l volto e i gesti della sua protagonista, l’attrice italiana che per prima ha vinto un Oscar, quella che il Times definì “divina, semplicemente divina.”
Talento, espressività, passionalità. Grazie a queste caratteristiche era lei ad essere voluta dai maggiori registi italiani: De Sica, Pasolini, Visconti, Rossellini, Fellini. Grazie a queste doti emerse e divenne un mito nonostante gli anni ’50-’60 vedessero il trionfo di attrici bellissime e prorompenti.
No, Anna Magnani era un’altra bellezza, quella della genuinità, della forza che da dentro conferisce qualcosa di particolare e intangibile al di fuori. Intense le sue interpretazioni, vicina alle donne comuni del tempo, mito del movimento del Neorealismo.
Era mutevole, non etichettabile, mille facce di donna prima che di attrice. Lei stessa diceva: “Lo so, sono la donna più discontinua del mondo. Tutto cambia dentro di me da un’ora all’altra. Il fatto è che seguo il mio istinto ed il mio cuore. Non mi curo di quel che sembro, mai! Sono cosi come la vita, le speranze, ipocrisie.”
Nel 1956 vinse il premio Oscar come migliore attrice protagonista per “La rosa tatuata”, il suo primo film americano, recitato quindi in lingua inglese. Nello stesso anno vinse anche il suo quinto nastro d’argento per l’interpretazione nel film “Suor Letizia” di Mario Camerini.
Dopo vari ruoli come cameriera e cantante, nel ’41 Vittorio De Sica le aveva affidato quello di un’artista di varietà nel film “Teresa venerdì” e aveva recitato anche nell’avanspettacolo di Totò.
È nel ’45 con “Roma città aperta” che ha raggiunto la fama mondiale vincendo il primo Nastro d’Argento. La scena che più di altre la ricorda è proprio quella finale di questo film simbolo del Neorealismo, nella quale Pina (A. Magnani) urla e corre dietro ad un camion su cui i tedeschi stanno portando via il suo uomo.
A chi le chiese: Chi è Anna Magnani, rispose: “Chi sono io? Boh. Ci sono dei giorni che non mi posso vedere e altri che mi sono tanto simpatica. Dunque, non lo so.”
Ho scritto questo post dedicato a lei, perché nel mio piccolo anch’io ho avuto modo di restare colpita dalla sua interpretazione e dalle sensazioni che suscitava. Ci sarebbero chissà quante altre parole da usare per ricordarla, ma penso che il modo migliore sia guardarla, “viverla” vedendo uno dei film di cui è stata protagonista. Riscoprendo il gusto del passato, in un presente in cerca di quell’energia che lei possedeva.
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