Quando si è giornalisti veri, non si bada al pericolo per poter denunciare un fatto che tutti dovrebbero conoscere. Quando si è donne, si è inevitabilmente più vulnerabili. Quando si vive in un paese dove la libera parola è estremamente controllata dall'alto, è difficile essere creduti. Quando l'odio viene insinuato maliziosamente tra le persone di un popolo contro un altro popolo, è più difficile credere ad una seconda verità.
"Sono assolutamente convinta che il rischio sia parte del mio lavoro; il lavoro di una giornalista russa, e non posso fermarmi perché è il mio dovere."Anna Politkovskaja credeva in un'altra verità, credeva nelle sue denunce, ma era una giornalista vera ed era una donna dannatamente vulnerabile.
Prima che il 7 ottobre 2006 fosse uccisa, i tentativi di intimidirla erano stati molteplici, hanno cercato anche di avvelenarla prima che riuscisse a raggiungere Beslan, quando la scuola venne sequestrata dai ribelli ceceni.
"Chi sono io? E perché scrivo della Seconda guerra cecena?Lei fu una corrispondente di guerra. Aveva scritto ciò che aveva visto coi suoi occhi della Cecenia e al governo, evidentemente, non è piaciuto. La "Novaja Gazeta" (giornale per cui lavorava la Politkovskaja) ha visto morire ammazzati 5 dei suoi giornalisti e mai nessuno è riuscito ad individuarne i colpevoli. Il Governo putiniano non si è mai sforzato di voler cercare i veri colpevoli, il loro problema era stato risolto: eliminare le voci fuori dal coro.
Sono una giornalista, un'inviata speciale del quotidiano moscovita «Novaja Gazeta», e questa è l'unica ragione per cui ho visto la guerra in Cecenia: sono stata mandata sul campo. E non perché fossi una corrispondente di guerra o conoscessi bene questo conflitto, ma al contrario, perché ero solo una «civile». l'idea del direttore della «Novaja Gazeta» era semplice: il mero fatto che io fossi una civile mi avrebbe permesso di comprendere l'esperienza della guerra più a fondo di chi, vivendo nelle città e nei villaggi ceceni, la subiva giorno dopo giorno. Tutto qui. E così sono tornata in Cecenia ogni mese, a partire dal luglio 1999, quando l'offensiva di Basaev nel Daghestan ha spinto fiumi di profughi via dai loro villaggi montani, scatenando il conflitto.
Ho viaggiato in lungo e in largo per tutto il Paese e visto tanta sofferenza; la cosa peggiore è che molte delle persone di cui ho scritto negli ultimi due anni e mezzo ora sono morte. È una guerra terribile; medievale, letteralmente, anche se la si combatte mentre il Ventesimo secolo scivola nel Ventunesimo, per giunta in Europa."
[Anna Politkovskaja, Un piccolo angolo d'inferno (2003), traduzione di Isabella Aguilar, Rizzoli, Milano, 2008.]
Forse non si giungerà mai ad una soluzione. Districarsi nell'intricata rete del potere russo è estramamente difficile e pericoloso. Anna Politkovskaja ha lottato con la vita per la verità. Credo sia doveroso ricordarla sempre e comunque per tutto ciò che ha fatto, affinché il suoi ideali di democrazia e libertà non siano stati vani:
"Vivere così è orribile. Vorrei un po' più di comprensione, ma la cosa più importante è continuare a raccontare quello che vedo."Vi propongo la fantastica interpretazione di Ottavia Piccolo nel memorandum teatrale "Il sangue e la neve", in cui vengo recitati alcuni tra i più importanti articoli dalla giornalista russa. Buona visione.