Annullamento del debito un’ingenua illusione? No, maledettamente semplice

Creato il 02 settembre 2013 da Capiredavverolacrisi @Capiredavvero

Riporto qui per intero uno dei miei ultimi post dal blog: “Il Cuore del mondo”

Perché non proclamiamo un Giubileo del debito? Sì, proprio come accadeva nell’Antichità, quando molti Sovrani ogni cinquant’anni proclamavano l’annullamento dei debiti. E rimettevano a zero le lancette dell’economia, basandosi sul buon senso. Il creditore in 50 anni non solo era rientrato dall’investimento ma aveva incassato ampi rendimenti; il debitore, invece, e dopo 50 anni non aveva cancellato il proprio pegno, aveva bisogno di nuovo ossigeno per andare avanti.

Finchè debito non ci separi

Perché oggi l’Unione europea non fa altrettanto? Osserviamo la realtà: oggi il debito pubblico ha assunto dimensioni tale da essere di fatto impagabile e per quante manovre si facciano, anziché diminuire, aumenta. Monti ha massacrato l’Italia con manovre lacrime e sangue, applaudite dalla Ue e dai mercati, ma il debito pubblico anziché scendere è aumentato di 81,5 miliardi. In Grecia, stessa dinamica.
Questo significa che le nostre economie sono condannate alla stagnazione o alla recessione perpetua, senza possibilità di riscatto. A meno che i governi e la Bce non decidano il Giubileo, ovvero un taglio lineare, eccezionale, a fin di bene poniamo di un terzo del totale. Impossibile? Macché, perfettamente logico. In America la Federal Reserve ha di fatto condonato debiti del sistema bancario (ben più ingenti di quelli pubblici europei!), stampando moneta elettronica. Nel 2009 il “*Bank bailout” costò 29 trilioni di dollari e da allora il programma di Quantitative easing (Alleggerimento quantitativo) va avanti con iniezioni pari a 85 miliardi di dollari al mese!

La Bce potrebbe fare lo stesso emettendo euro elettronici per comprare titoli di Stato in scadenza e ritirarli dal mercato, anziché rivenderli all’asta come fa correntemente. Rischi? Praticamente inesistenti. Gli euro virtuali non generebbero inflazione in quanto neppure immessi nell’economia reale ma gli Stati verrebbero sgravati di un terzo del loro debito, dunque potrebbero tagliare le tasse, riprendere gli investimenti… Insomma, potrebbero far ripartire l’economia.

Utopia? Illusione? Forse. E se invece fosse tutto maledettamente semplice?

Quello che avete appena letto è l’articolo che ho scritto per Style, il magazine del Giornale, nel mese di luglio. Pochi giorni fa, navigando in Rete, ho scoperto un articolo molto interessante scritto da un banchiere francese Pierre Pâris e da uno stimato economista, Charles Wyplosz, che insegna a Ginevra dove dirige l’ International Centre for Money and Banking Studies. Il titolo è significativo: Per porre fine alla crisi nella zona euro occorre seppellire per sempre il debito. Lo potete leggere qui in inglese (purtroppo non ho trovato la traduzione in italiano).

La tesi è molto simile alla mia, ma presentata, ovviamente, con maggior competenza e precisione analitica. Il tema ha suscitato un certo fermento online, ma in Italia è stato ignorato praticamente da tutti i media, con qualche lodevole eccezione. Pâris e Wyplosz propongono, in estrema sintesi, che la Bce compri un quarto dei debiti pubblici dei paesi europei periferici (Francia inclusa) pari a 1.200 miliardi di euro, circa un quarto del loro Pil. Via via che i titoli di Stato di questi paesi vengono a scadenza, la restituzione viene finanziata dalla Bce che in cambio ottiene titoli perpetui con un tasso di interesse zero. Operazione quindi a costo zero per i contribuenti europei. Liberando l’economia e le banche da una parte importante di titoli di Stato, si genera una forte liquidità che può essere usata per rimettere in moto l’economia e generale un circolo virtuoso: più crescita, più occupazione, più entrate fiscali, ulteriore riduzione del debito, pubblico.

Rilancio la domanda: E se fosse tutto maledettamente semplice? Non val la pena di rompere il silenzio? Fate circolare…


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :