Premetto che non sono un esperto della materia, però mi è capitato tempo fa di leggere un testo molto interessante sull’argomento: Corpi anoressici di Morag MacSween, in cui l’autrice tenta un interessante approccio sociologico al problema. Secondo l’autrice le donne cercano di risolvere le contraddizioni della loro posizione sociale attraverso la creazione di un “corpo anoressico”. La società recepisce il sé maschile come maschile e neutro insieme, indipendente, completo, separato e attivo, mentre il femminile è soltanto femminile, passivo e responsivo; consente ad essere posseduto, anche se minaccia di annientare nel suo abbraccio. Il corpo femminile è concepito come penetrabile: al tempo stesso debole e minaccioso; il suo immaginario è quello degli orifizi: bocca, vagina, utero. Al tempo stesso, però, la società occidentale contemporanea pone anche per la donna un modello di attività e di successo. Con l’anoressia le donne tentano di risolvere tale contrasto creando un corpo autenticamente neutro. Chiunque sia interessato al tema, troverà nel testo della MacSween una ricostruzione storica e analitica, in cui sono messe al vaglio le varie interpretazioni che si sono avvicendate sull’anoressia.
Sempre in questi giorni sto leggendo un interessante saggio di David Le Breton, Antropologia del corpo e modernità, le cui tesi coincidono per taluni versi con il libro della MacSween. Le Breton sostiene che non esiste una natura del corpo, ma piuttosto si deve parlare una di condizione umana che ne implica una corporea, variabile da un luogo e da un tempo all’altro. Ebbene, questi due testi, anche se letti a distanza e da diverse angolazioni mi hanno stimolato a riflettere sul problema dell’anoressia alla luce della mia Etoanalisi. Come è noto a chi segue gli sviluppi di questa teoria, in essa ho posto il superamento di una concezione “atomistica” dell’individuo con una prospettiva “relazionale”. Pertanto, anche il “corpo” di ciascun individuo viene interpretato in termini relazionali, come lo è tutto ciò che si richiama al Sé. Il “corpo” non è un’entità staccata dalla rete di relazioni sociali entro la quale si viene a trovare, ma è parte di questa rete. In altri termini, il corpo di ciascuno individuo diventa un ambito “non disponibile” al sé altrui, cioè è un ambito il cui controllo dipende dal proprio e non dall’altrui sé. La mia tesi a questo punto è la seguente: se il Sé di un individuo viene continuamente sottoposto a un processo di erosione, ossia all’interno di una rete di relazione viene sistematicamente sottratto, l’unico modo che l’individuo ha di segnalare all’altro questo processo di espropriazione è vedere il proprio corpo “assottigliarsi”: la sottrazione del Sé si manifesta attraverso una sottrazione del corpo. Man mano che l’individuo perde il controllo del proprio Sé sempre più tenta di accentuare il controllo sul corpo. Se l’altro “mangia” il proprio Sé, allora il sé “divora” il proprio corpo. A questo punto bisogna domandarsi: perché l’anoressia colpisce soprattutto il sesso femminile e solo in misura minore o del tutto trascurabile anche quello maschile? Ciò dipende proprio dal significato che al corpo è stato attribuito culturalmente e storicamente. Infatti, la promozione sociale per le donne nella nostra società è fortemente dipesa dal “corpo” più che dalla “mente”. Un “bel” corpo per una donna è una chiave di successo, mentre per l’uomo lo è una “buona” mente. Come scrive laMacSween la donna deve produrre un corpo desiderabile ma allo stesso tempo deve autoimporre una disciplina alla propria sessualità, intesa come sessualità responsiva invece che attiva. Per il sesso maschile, dunque, al contrario di quello femminile, l’anoressia si manifesta a livello “cerebrale” più che corporeo, cioè all’uomo cui viene sottratto continuamente il proprio Sé, contrariamente a come accade alla donna, diventa un individuo che ha perso ogni autonomia di giudizio, ogni spirito critico. Anche se, a differenza della donna, questo “assottigliarsi” della mente non si nota, e quindi è un problema meno studiato; invece, l’“ebetismo” maschile dovrebbe essere classificato come malattia allo stesso modo in cui lo è l’anoressia femminile.