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Anoressia nervosa: un tentativo disperato di essere uniche e speciali.

Da Silvestro

A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma

Anoressia nervosa: un tentativo disperato di essere uniche e speciali.
La modella che vedete in foto e nel video si chiamava Isabelle Caro, una modella anoressica. Sin dall’età di 13 anni soffriva di una grave forma di anoressia nervosa, tanto da arrivare nel 2006 a pesare 25 kg ed entrando conseguentemente in coma. Resa nota da una controversa campagna pubblicitaria del fotografo Oliviero Toscani nel 2007 dove posa nuda per mostrare gli effetti devastanti dell’anoressia, muore in 17 novembre 2010, dopo circa due settimane di ricovero in un’ospedale di Parigi, Aveva 28 anni, pesava 31 kg.

Ma cos’è l’anoressia, che cosa può portare una ragazza a voler scomparire letteralmente, e soprattutto, come può la mente riuscire a vincere su un bisogno primario come quello della fame?
Dal greco “anoreksìa”, il termine anoressia significa letteralmente non aver appetito. Tuttavia questo non è il corretto sintomo di questa patologia; chi infatti soffre di anoressia presenta una fame molto intensa che tuttavia controlla.
Nel Medioevo era descritta sottoforma di penitenza, digiuno ascetico, perseguito anche fino alla morte come per esempio Santa Caterina da Siena, Santa Margherita etc. Nella storia di queste sante digiunatrici non è segnalata nessuna alterazione dell’immagine corporea e non si parla mai della paura di ingrassare e del desiderio di dimagrire che sono invece i sintomi diagnostici più significativi dell’anoressia nervosa
Ciò che sul piano diagnostico caratterizza l’anoressia nervosa è infatti realtà una ricerca ossessiva della magrezza correlata ad una opprimente paura di ingrassare. Per poter porre la diagnosi viene di solito usato il criterio di riduzione del 15% del peso considerato normale per età ed altezza e l’assenza di mestruazioni (amenorrea) per almeno tre cicli consecutivi, unitamente alla preoccupazione estrema per il peso e l’aspetto fisico (disturbi del modo in cui sono vissuti il peso, la taglia o le forme; eccessiva influenza del peso e della forma sui livelli di autostima; rifiuto di ammettere la gravità della attuale condizione di sottopeso). 
Sebbene il 5-10% degli individui affetti da questo disturbo sia di sesso maschile ( vigorexia), resta tuttavia un disturbo prettamente femminile e culturalmente determinato.
L’anoressia, dunque, colpisce lo 0,28% delle giovani donne dei paesi occidentali tra i 12 ed i 25 anni; il 90-95 % appartiene al genere femminile e in Italia e maggiormente presente al nord (0,36%) che non al centro sud (0,2%)
Cosa fa sviluppare l’anoressia?
Chi, soffre di anoressia nervosa è in genere un appartenente alla razza caucasica, istruito, appartenente al genere femminile ed economicamente avvantaggiato. Questo disturbo infatti è praticamente sconosciuto nei paesi dove la magrezza non è considerata una virtù e quindi non è presente il mito delle donne belle e magre che possono ed ottengono tutto. In questi Paesi non vi è difatti un’attenzione ossessiva per la linea e la dieta, al contrario invece di quanto si verifica nella società occidentale contemporanea, in cui i mass media veicolano il messaggio della linea come requisito professionale.
Quali sono i sintomi più comuni?
I sintomi distintivi dell’anoressia nervosa sono il rifiuto e ossessione per il cibo e il proprio peso. In realtà tutti i disturbi alimentari condividono questi aspetti di alimentazione squilibrata o incontrollabile. Uno degli aspetti più pericolosi di questo disturbo è che le persone affette continuano a considerarsi grasse anche quando sono ridotte a pelle e ossa. Le unghie e i capelli diventano fragili, la pelle diventa secca e gialla, in particolare i palmi delle mani e dei piedi (associata ad ipercarotenemia). Spesso si avverte una sensazione di freddo (ipotermia) poiché si verifica un abbassamento della temperatura corporea e si indossano indumenti inappropriati rispetto alla temperatura stagionale.
A volte si sviluppa una peluria lunga e fine (lanugo), il corpo infatti tenta di limitare la dispersione di calore.
Spesso gli anoressici sviluppano particolari atteggiamenti nel prepararsi il cibo come tagliarlo in pezzettini, rifiutano di mangiare in presenza di altri inventando scuse, cucinano per gli altri complessi piatti che non mangiano. Il cibo ed il peso diventano quindi un’ossessione, infatti le persone affette da questa patologia non fanno altro che pensare al loro prossimo pasto, parlano spesso di cibo, collezionano ricette, cucinano per gli altri ma mangiare raramente. Fanno inoltre molta attività fisica e assumono spesso diuretici e lassativi, o si auto inducono il vomito per controllare il peso. In linea di massima le persone che pensano di essere affette da anoressia devono rivolgersi ad un medico al fine di escludere la presenza di altre malattie.
Quali sono le cause?
Esistono dei fattori predisponenti, altri precipitanti ed altri ancora perpetuanti; vediamoli uno per volta.
Per quanto riguarda i fattori predisponenti, si possono individuare i seguenti elementi:
-Essere di sesso femminile e vivere in una società occidentale
-Fattori biologici e fattori legati alla storia familiare
-Perfezionismo clinico e pensiero tutto-nulla ( le anoressiche solitamente sono le brave studentesse, molto precise e a volte capziose)
-Adolescenza (legato alla difficoltà di assumere la propria identità)
-Storia familiare di obesità ( di solito c’è un componente della famiglia che ha fatto diete)
-Obesità del soggetto
-Dieta
-Difficoltà nella gestione (coping) delle emozioni
Per quanto concerne invece i fattori precipitanti si tratta molto spesso di eventi connotati da forte emotività o al di fuori della normale quotidianità del soggetto. In generale sono rappresentati da eventi o situazioni estremamente stressanti che richiedono una reazione:
-Conflittualità tra i genitori e/o con i genitori
-Aspettative troppo elevate da parte dei familiari
-Commenti critici su peso e aspetto fisico da parte dei familiari e coetanei
-Perdita di un’amicizia importante o fine di un amore
-Precoce sviluppo sessuale
-Assistere o essere vittima di eventi traumatici
-Iniziare una dieta
-Attitudini e attività legate al proprio stile di vita
-Pressanti aspettative da parte dell’ambiente nel definire un progetto di vita
Per quanto riguarda infine i fattori perpetuanti, ovvero quelli che mantengono il disturbo, si può considerare ogni fattore precipitante che continua a essere presente e a esercitare un intenso stress contribuendo ad alimentare questa problematica. È possibile identificare anche fattori legati a vissuti positivi e a vantaggi  concreti, cioè le conseguenze positive del disturbo (vantaggi secondari, ovvero per esempio il ricevere attenzioni )
Alcuni interventi medici possono avere un ruolo importante nello scatenamento, nel mantenimento o nell’aggravamento di una problematica del disturbo
Quali sono le ripercussioni sulla salute?
Il digiuno degli anoressici può causare danni a organi vitali quali cuore e cervello. Il ritmo respiratorio, il battito cardiaco e la pressione sanguigna diminuiscono ed a volte chi soffre di questa patologia è affetto da aritmie o problemi cardiaci. Un’alimentazione povera causa la decalcificazione delle ossa che diventano fragili e soggette a rotture. Nei casi più gravi gli anoressici possono lasciarsi morire per denutrizione.
I disturbi dell’alimentazione presentano il più alto tasso di mortalità tra i disturbi della personalità, annoverando un tasso di mortalità del 6 %.
Quali cure?
E’ fondamentale che il disturbo sia diagnosticato e curato tempestivamente; questi disturbi vengono curati con maggior successo quando diagnosticati sul nascere.
L’obiettivo primario nel trattamento dell’anoressia nervosa è l’aumento di peso ,nei casi più gravi anche indotto meccanicamente in regime di ricovero:  la maggior parte dei pazienti riguadagnerà peso al ritmo di 150/200 grammi alla settimana. Si tratta di un intervento di tipo puramente comportamentale che tratta il cibo come un farmaco stabilendo rigidamente cosa, come e quanto mangiare, essendo i sintomi  così forti da mettere a rischio al vita del paziente o compromettere la sua capacità di partecipare in modo attivo alle cure. In concomitanza, le tecniche comportamentali dovrebbero essere affiancate da interventi più specifici sui nuclei psicopatologici. Durante questa fase e nei momenti successivi è indispensabile un percorso psicoterapeutico volto ad affrontare i meccanismi cardine del disturbo. Unitamente ad una terapia familiare (essendo espressione di un disagio familiare) e di gruppo, si intraprende quindi una psicoterapia individuale spesso di tipo cognitivo-comportamentale per correggere convinzioni ( pensiero tutto-nulla, personalizzazione etc..) e comportamenti errati.
Il modello cognitivo comportamentale ha come obiettivo la modifica di pensieri disfunzionali relativi al cibo e al peso e allargare il focus dell’intervento sul deficit del concetto di sé e sulle relazioni familiari e interpersonali disturbate per poi prevenire le ricadute e preparare la conclusione della terapia. Infine un ampia parte del lavoro viene fatta sul problem solving per mantenere il peso e il regime alimentare previsto e concordato con la dietologa di riferimento. Per prevenire ed evitare l’insorgere del disturbo alimentare è bene rivolgersi sia ad un dietologo che ad uno psicologo-psicoterapeuta, così da evitare ‘instaurarsi dei fattori di mantenimento e agire prontamente sui nuclei patologici.
Sedere a tavola non deve essere un incubo, ma un modo di gustare anche i sapori della vita, in compagnia degli altri e soprattutto del nostro benessere.

Ultimo articolo pubblicato “La relazione terapeutica: una metafora per capire”)

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