Cosmologia e dolore privato: un azzardo tematico su cui il genere sci-fi sembra aver più volte scommesso nell'ultimo anno. Con il romanticismo crepuscolare di Melancholia, con l'epifania spirituale di The tree of life, fino alla nostalgia alien-vintage di Super 8. Di fronte a cotanti astri di bellezza, Another Earth, sbarco sul pianeta fiction del documentarista Mike Cahill e della protagonista Brit Marling, in alcuni momenti sembra sbandare dalla sua orbita, a metà strada tra fantascienza e melodramma, pilotando lo spettatore verso la rotta pericolosa della noia. E tuttavia, non si può negare l'originalità dello script, la cura visiva e la preziosità della fotografia che, trattandosi di un'opera prima, fa ben sperare per le future missioni di questo giovanissimo duo di ventisettenni, della serie “un piccolo passo per il cinema, un grande passo per regista e interprete”.
Affascinati dal quesito “cosa accadrebbe se potessi incontrare il tuo doppio?” e dalle teorie del fisico Brian Greene sull'esistenza di universi paralleli, Cahill e Marling delineano una storia in cui l'elemento cosmico è più che altro un pretesto per indagare la questione, tutta umana, dell'identità, vera ossessione culturale dell'odierna civiltà europea in crisi e, ancor di più, nemesi della società statunitense, perseguitata fin dai tempi delle corse verso l'ovest da un senso di inferiorità nei confronti di quel vecchio continente, suo antenato e al contempo suo gemello. Lo dimostra la quantità di titoli che, soprattutto negli ultimi decenni, si sono cimentati con forme ed esiti diversi nel concetto psicanalitico del doppio. Sliding Doors, Solaris, Fight Club, per arrivare ai recenti Coraline e la porta magica, Moon e Il cigno nero. Laddove l'espediente narrativo per il faccia a faccia con l'altro sé si è spesso ritagliato a partire dal topos del viaggio nel tempo, in Another Earth l'incontro avviene per via di un paradosso spaziale, nel senso astronomico del termine.
Novella Narcisa, l'eroina di questa favola ai limiti dell'allegoria alza gli occhi oltre le nuvole, nella speranza di una salvezza che giunga non già dalla religiosa misericordia dei cieli, bensì dal cielo tout court. In forma non di angelo, non di alieno, ma sotto le sembianze di un sé finalmente libero dal male.