Non nella forma primigenia e sofferta dei primi anni '60 (quella gradita ai Martoniani*, per intenderci), ma in quella più leggera e scanzonata scritta per ultimo da Nick Spencer, alla quale si rifà espressamente questo film. E quindi il nostro eroe non risulta più lo scienziato schizoide Hank Pym con macroscopici problemi di ego (si vedano i vari costumi indossati nel tempo), bensì l'idealista ingegnere elettronico Scott Lang sbattuto in galera per un geniale furto informatico perpetrato ai danni di un'assicurazione, in favore di tutti gli assicurati danneggiati.
Il regista Peyton Reed (già deus ex machina di Yes Man con Jim Carrey) confeziona un prodotto gradevole sia nello sviluppo della trama che nelle varie gag inserite col fine di rendere al meglio lo spirito del nuovo corso Marvel-Disney, già intrapreso con I guardiani della Galassia.
Il vecchio Ant-Man, il dr. Hank Pym (ben interpretato da un redivivo Michael Douglas, dimentico dei fasti di Basic Instinct), cerca un degno sostituto a cui far indossare la sua tuta riducente: il tempo passa impietosamente per tutti, sexy star, scienziati e supereroi inclusi.
Ora non ci resta che aspettarla nel prossimo probabile episodio delle avventure di Ant-Man, inguainata nell'attillatissima tutina da supereroina.
Un secondo rapporto generazionale che muove i fili della vicenda è quello tra Scott e l'amata figlia Cassie.
Lui è infatti anche un padre divorziato, un ex marito, oltre ad essere l'ex carcerato in cerca di riscatto.
Carcerato, sì, ma dall'animo nobile e con un forte senso di Giustizia: un novello Robin Hood non seriale, ecco chi è Scott Lang (interpretato da un Paul Rudd perfettamente calato nel personaggio da pilota di tuta da eroe, forse memore del suo esordio nello spot della Super Nintendo dove giocava a F-Zero).
Un uomo ben inserito nella società che viene poi espulso dal sistema e cerca con tutte le sue forze di farvi rientro: esiste forse esempio migliore per definire la realizzazione dell'immaginifico sogno americano?
Il dr. Pym ravvisa in Scott il soggetto ideale a cui far indossare la tutina da Uomo Formica: eccola, la seconda occasione che tutti attendiamo impazientemente nella nostra vita.
Ci vuole un po' di fortuna, d'accordo. Ma bisogna anche farsi cogliere preparati: Scott è atletico, agile, intelligente, affabile, simpatico, onesto, idealista, etc, etc...
Scontro generazionale come filo rosso del lungometraggio, dicevamo.
É lui a portare avanti gli studi del dr. Pym nel tentativo di impressionarlo favorevolmente per ottenerne il sempre agognato rispetto ed è lui a creare la nuova tuta riducente, la Yellowjacket del temibile Calabrone. Quando lo spirito di rivalsa conta!
Lo scopo è distruggere la Yellowjacket, arma appetita dall'Aim e dalle maggiori potenze mondiali, rinchiusa nel protettissimo bunker della Pym Technologies.
'Non hai la minima possibilità di riuscita', dice Hope a Scott; 'Sei davvero una grande motivatrice!', replica lui sardonico per poi gettarsi a capofitto nella battaglia a cavallo di Anthony, una formica volante, novello Zorro sui generis.
É nell'ultima parte del film che prende piede la vena Disneyana: quando i soldi contano!
Senza dimenticare il solito divertente cameo di Stan Lee.
La morale del film alla fine dei conti? Se non si aggiustano i rapporti con i genitori (putativi o naturali, non importa), la nostra vita finisce a schifio!
N.B. Per chi ancora non lo avesse capito, onde evitare di perdere scene incluse nel prezzo del biglietto, vi consiglio vivamente di aspettare la fine della pellicola, qui determinata da una seconda sigla: la contaminazione tra spin-off prosegue incessante!
*fans di Martone.