Antartide – Tito Barbini

Creato il 26 marzo 2011 da Ferdori

Questo libro di Tito Barbini, il secondo per me, è molto diverso dalla mia lettura precedente Le nuvole non chiedono permesso.

Antartide è uno scritto decisamente più intimo dove l’avventura e il viaggio verso il continente dei ghiacci fanno quasi da sfondo per le riflessioni e le analisi introspettive dell’autore.

Non manca certamente tutta quella parte di cronaca e di descrizione dei luoghi e dei paesaggi e non manca neppure nulla per quanto riguarda le genti incontrate, compreso numerosi aneddoti sui compagni di viaggio incrociati per strada, così come non mancano nozioni e riferimenti storici sulla scoperta e l’esplorazione del continente.

Eppure per gran parte del tempo che ho impiegato per completare questa lettura ho sentito e respirato un’atmosfera da tono minore.

Mi spiego, il libro mi è piaciuto, però…

Ecco, forse questo però potrebbe essere causa di dibattito e magari il bello sta proprio qui.

Immagino un gruppo di lettura che si ritrova a discutere di questo libro e mi vengono in mente diverse posizioni derivanti da chiavi di lettura nettamente distinte:

chi, affascinato dalla parte descrittiva, vorrebbe partire il giorno stesso per gli stessi luoghi

chi, sentendosi vicino a certi riferimenti del libro, vorrebbe porsi a paladino per il salvataggio di questa nostra Madre Terra

e chi invece, colpito più dalle riflessioni intimiste dell’autore, sarebbe portato a rivolgere la discussione verso l’analisi della vita con quel senso di malinconia proprio del …sarebbe potuto essere ma non è stato…

Decisamente un libro adatto quindi per un gruppo di lettura.

Per quanto mi riguarda, in questo caso più che in altri, il mio parere è stato influenzato dal mio modo di vedere buona parte delle cose come fossi un osservatore esterno.

Ecco quindi che, per la parte relativa al viaggio, il mio pensiero andrebbe più a quelli che sono sempre i protagonisti di basso livello, cioè al marinaio semplice piuttosto che al capo spedizione che incontra la gloria mettendo il proprio nome ad una scoperta.

Voglio dire che Drake, Scott, Magellano e gli altri nomi che abbiamo studiato a scuola sollecitano la mia fantasia meno dei loro sconosciuti compagni e marinai; il caso di Titus Oates è un ottimo esempio di ciò che intendo dire.

Forse è perchè mi immedesimo più nella gente normale che nei protagonisti oppure forse sarà perchè nella mia vita non ho quasi mai avuto eroi miei fin dai tempi dei giochi d’infanzia tra indiani e cowboy, quando sceglievo sempre il ruolo di indiano.

E qui passo alla seconda chiave di lettura: il mio scegliere gli indiani non era dovuto ad un senso di ingiustizia che mi portava a prendere le difese del più debole e sfortunato nei confronti del potente oppressore.

Semplicemente era una simpatia per l’avventura e il vivere selvaggio.

In quel momento la politica e l’ambientalismo spesso fondamentalista di questi ultimi anni, non mi passava neppure per la testa.

Dico fondamentalista perchè spesso quando critichi una posizione estrema finisci col venire accusato di parteggiare per l’opposta posizione estrema.

Mi spiego: non sono d’accordo le affermazioni oltranziste secondo le quali tutto quello che succede è colpa dell’uomo anche perchè, tanto per fare un esempio, certi cambiamenti climatici ci sono sempre stati e non credo che l’uomo sia poi così potente da incidere su tutto.

Numerosi scienziati sono schierati con le posizioni di Al Gore, ma numerosi altri non lo sono.

Però quando dici che secondo te le cose non è detto che siano così estreme, nel senso che pensi che non tutto quello che succede sia causa dell’uomo, quasi sempre vieni accusato di essere schierato con i nemici della natura e così via…

Diciamo che penso che gli estremisti sono sempre estremisti, che avere certezze è peggio che avere convinzioni e che le risposte di chi ha solo certezze somigliano molto ai dogmi di una certa Chiesa che per paura di perdere potere e consenso si arrocca dietro posizioni imposte…

La terza chiave di lettura è la più personale e quindi la più soggetta a posizioni diverse.

Per tornare al libro desidero chiarire ancora una volta che queste mie divagazioni sono più legate ad un eventuale dibattito che potrebbe nascere dopo la lettura che al contenuto del libro stesso.

Sono quindi da considerare come cosa positiva in quanto la lettura diventa causa di riflessione e non semplice svago.

In chiave personale non sono così d’accordo su diverse posizioni dell’autore che ritengo a volte troppo romantiche e riflessive, ma ciascuno la pensa come vuole nel rispetto di tutti.

Per concludere direi un libro interessante, diverso dalla mia precedente lettura (che preferisco) e che come maggior pregio ha il fatto di non finire la propria storia una volta riposto nello scaffale, ma eventualmente essere fonte di dibattito.

L’ideale sarebbe pertanto leggerlo tra amici e poi discuterne.

Tempo di lettura: 2h 30m



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