Napoli ha occhi, naso, bocca. Lunghi arti che le permettono di abbracciare da secoli un angolo di Mediterraneo. Di Napoli puoi indovinare gusti e umori, i giorni si e i giorni no, il carattere, l’anima. Quasi come se fosse una persona, viva e attiva. Poche città nel mondo riescono ad avere una dimensione quasi antropomorfa. Poche città nel mondo sono così complesse, nel bene e nel male, al punto da inghiottire un intero popolo. Poche città nel mondo riescono a suscitare reazioni tanto forti quanto contraddittorie: odio e poi amore.
Sarà anche per queste ragioni per cui, negli ultimi anni, si registra un piccolo ma costante fenomeno. Registi stranieri arrivano in città e non vogliono più andare via. Vogliono catturare un’anima urbana ancora vitale, mentre le città di tutto il mondo tendono sempre più ad omologarsi. Abel Ferrara con “Napoli Napoli Napoli”. Qualche mese fa anche Jonathan Demme ha espresso il desiderio di realizzare un film sulla musica partenopea, partendo da uno dei suoi esponenti simbolo degli ultimi decenni, Enzo Avitabile. Ed è già alla ricerca di finanziamenti.In tutti casi c’è spazio per una sola protagonista, la città. Non ci sono storie, non ci sono trame. È la vita e lo spirito che si respirano tra vicoli e affacci sul mare ad essere al centro di sogni cinematografici.
Ed è così anche per “Passione”, l’ultimo film realizzato dal regista italo americano John Turturro, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e al Festival di Toronto. In entrambi i casi con minuti e minuti di applausi. Il film uscirà in Italia il 22 ottobre prossimo e, dopo una presentazione nazionale a Roma, è stato proiettato in anteprima a Napoli ieri sera. Location d’eccezione, lo storico Teatro Trianon, diretto fino a qualche mese fa da Nino D’Angelo e in piena tempesta vista la mancanza di fondi per finanziarne il cartellone. Il Trianon è baluardo di “Stato” e cultura in un quartiere difficile della città, Forcella, balzato agli onori della cronaca, durante gli anni, per le note contrabbandiere, per la presenza “imperiale” del clan dei Giuliano e per l’omicidio in pieno giorno della quindicenne Annalisa Durante.
Mancava, dunque, il pubblico delle grandi occasioni per la presentazione di un film che Turturro ha definito “un piccolo e umile regalo a questa città”. Purtroppo grande assente è stato anche il tanto osannato popolo di questa metropoli del sud. La passione che dà titolo ad un documentario emozionante e in nulla scontato non ha accompagnato il lancio di un’opera già venduta in decine di paesi nel mondo. Un’anteprima low profile senza pubblico ai balconi, senza folla per autografi e foto ricordo. Eppure il cast c’è tutto, a partire dall’amatissimo Fiorello, fino ai principali interpreti della musica napoletana, da Lina Sastri all’elegante Peppe Servillo, dai moderni Spakkaneapolis 55 a Raiz degli Almamegretta, e poi l’eccezionale Pietra Montecorvino, Eugenio Bennato, Peppe Barra, Enzo Avitabile. Immancabili tanti politici locali pronti a farsi fotografare con il divo americano e lo show man siciliano. Manca il quartiere, manca la città, segno di quella scollatura tra classe dirigente e popolo che, oltre a sole, pizza e tanta umanità, è uno dei tratti distintivi dell’anima partenopea.
Per fortuna c’è John Turturro che ricorda che questa è città di emozioni e passioni. E sorprende come lui abbia capito meglio le viscere di questa città, a differenza di tanti suoi benpensanti ed amministratori.Si spengono le luci in sala. E il regista italo americano fa il suo ingresso. Sul palco è visibilmente commosso. Decide di parlare in italiano. “Esattamente in questo giorno, cinque anni fa, è scomparsa mia madre. Amava cantare e la musica. La sua anima vive adesso attraverso la vostra città. Napoli ha regalato al mondo musica meravigliosa, io ho deciso di ricambiare il dono che ci avete fatto. Poche volte ho fatto un’esperienza del genere nella mia vita. Mi avete colpito con una freccia al cuore”.