Le otto di sera e ancora steso nel letto. Dovrei mangiare qualcosa. Afferro il pacchetto sul comodino e fumo l’unica sigaretta che mi è concessa in una giornata. Una Marlboro rossa.
Di solito la fumo dopo cena.
È una sera che stavo così, un anno e mezzo fa, che ho fatto una grande cazzata.Sto a Cesena. In B. È una sera che non ce la faccio. Una sera che impazzisco. Prendo la macchina e arrivo nei pressi del Cinema Corallo, a Bologna. Un posto non troppo frequentato, fa periferia. Da un po’ di mesi ho scoperto questo posto. È diventato una droga.
Faccio due, tre giri. Dieci giri. Nessuno di quelli che ci sono attira la mia attenzione. Avanti e indietro, lento e veloce. Quando ci passo davanti loro si mettono una mano sul pesce e se lo toccano. Fanno cenni ammiccanti con la testa. Con i finestrini chiusi non li sento, ma si capisce cosa mi stanno dicendo.
Questo movimento, questa possibilità di chiavare con chi mi pare, con chi voglio, mi fa chiudere la gola. Deglutisco a fatica l’eccitazione. Me la sento partire dalle braccia e da sotto i piedi. Me la sento nella saliva che spingo a fatica nello stomaco. Certi fanno la faccia a desiderio, certi altri fanno la faccia di quelli che scopano nei cinema porno. Alcuni guardano a maschio. Si alzano il giubbotto e il maglione e fanno vedere gli addominali e se mi fermo anche un secondo li schiacciano sul finestrino freddo della mia auto.
Non so chi scegliere, forse tutti, magari nessuno.Mi sposto lento, ho accese solo le luci di posizione. Qualcun altro caccia direttamente il pesce da fuori e lo sventola. Ci sta uno che fa vedere il culo e urla “Venti euro!”. A fine notte, quando è tardi, c’è chi fa lo sconto. Normalmente chiedono trenta, cinquanta al massimo se è uno di quelli freschi, uno che vogliono tutti.
Devo scegliere e togliermi la voglia. Non devo fare altro.Non mi decido. Sto per andarmene. Faccio un ultimo giro e poi vado. Meglio farsi una sega a casa. Faccio un’altra guardata. Ancora un altro giro. Un altro ancora. Il cinema chiude. Esce uno con la mimetica larga che gli si appoggia sul culo. Cammina venti, cinquanta metri. Si ferma poco distante dal cinema. Ha i lineamenti duri da lavoratore che comincia il turno di notte. Guagliò, non stai mica in miniera. Ha una specie di borsello a tracolla. Le gambe sono due parentesi tonde. Accelero. Lo sorpasso. Lo guardo dallo specchietto. Faccio inversione. Lo voglio vedere in faccia. Accendo gli abbaglianti. Si porta una mano in fronte. Dietro di me una tre quattro sei macchine. Dietro di me una si ferma. Lui si abbassa, guarda dentro, fa un gesto con il taglio della mano due volte verso l’alto a dire “Vai, vai”. Hai capito: questo se li sceglie. Ha i capelli ricci e neri. Non è molto alto. Ha un giubbotto a strisce rosse che litiga con le macchie verdi della mimetica. Si soffia il fiato nelle mani per farsi un po’ di caldo. A Cesena marzo fa come gennaio a Napoli. Saltella sul posto. Inverto ancora la direzione di marcia. Mi avvicino. Capisco che ha poco più di vent’anni. No, venti no. Meno. Lui continua a saltellare. Mi fermo. Abbasso il finestrino. Lui piega la testa. Ha due pietre vive al posto degli occhi. Fa un sorriso da bimbo. Non è nemmeno maggiorenne. Allunga una mano sulla maniglia della portiera e aspetta il mio permesso. Dice qualcosa, una cosa come: “Salgo?”. Una cosa come: “Vengo dentro?”. Sale senza aspettare la mia risposta. È romeno. Somiglia a Mutu, parla anche come lui.
Mi chiede cosa voglio fare. Io chiedo: “Quanti anni hai?”. Lui pronto: “Diciotto”. Non ci credo. “Voglio parlare un po’”, dico io. “I soldi prima”, dice lui. Cinquanta. Li mette nella tasca dei jeans. Mi dice di andare dritto. Dietro la seconda curva c’è una stradina sterrata. C’è uno slargo. Altre tre macchine. Io lo guardo. Lui si slaccia i pantaloni. Io non faccio un gesto. Dopo una trentina di secondi mi indica il suo pesce. Io ancora immobile. Lui fa una specie di ragionamento che dovrebbe significare: Muoviti, non voglio stare qua tutta la notte. “Tutta la notte costa duecento euro” e sorride. “No”, gli dico, “Va bene così” e mi abbasso su di lui. Mi masturbo mentre. Dura dieci minuti. Mi chiede di riportarlo davanti al cinema. Mi saluta. Vado.