Anticorruzione: il beau geste della casta nasconde il nulla

Creato il 14 giugno 2012 da Albertocapece

Il cupio dissolvi  della classe politica prosegue senza sosta, con l’entusiamo e la pervicacia di una marcia longa. Persino gli scampoli di un provvedimento anticorruzione che nel suo complesso non riesce a venire a galla, vanno ad alimentare i fuochi fatui della casta. Passa l’incandidabilità al Parlamento per coloro che abbiano sul groppone una condanna definitiva purché di oltre due anni per mafia, corruzione e concussione e anche per altri reati purché con pene superiori ai tre anni.

Finalmente si potrebbe dire, se in realtà sotto non ci sia una presa per il naso o per altra parte corporea: infatti il governo ha addirittura un anno di tempo per sfornare un decreto legislativo ad hoc e dunque per rendere operativa la norma. Un tempo larghissimo che sembra fatto apposta per scavalcare le prossime elezioni e far rimanere i politici condannati fino al 2018. Naturalmente si giura e si spergiura che non sarà così, ma apro scommesse. Però a parte questo sghetto che dimostra la difficoltà pressoché insormontabile  della classe politica ad autoriformarsi e persino a dare l’impressione di volerlo fare, c’è tutto un retroterra di prescrizioni veloci, di lentezze bibliche dell’apparato giudiziario e di fresche ambiguità legislative introdotte proprio ieri, grazie al quale il voto è poco più che simbolico. Per fortuna non lo dico io, ma la stessa relatrice del ddl, Angela Napoli : Così com’era arrivato dal Senato, io l’ho definito, da subito, un mero manifesto che non serviva assolutamente a nulla. Ripeto, i primi otto articoli che riguardano l’attività di prevenzione, anche così come approvati, non sono assolutamente idonei a svolgere una attività di prevenzione adeguata; mancano quegli strumenti di controllo che sono ormai indispensabili “.

Anche ammesso e per nulla concesso che il Pdl non imponga cambiamenti  al Senato, ammesso e non concesso che il voto di oggi non sia in un prossimo e vicino futuro sterilizzato da provvedimenti come quello sulle intercettazioni in grado di rendere difficile se non impossibili le indagini,  è più che evidente che tra i fatti, la loro scoperta e la condanna definitiva in Cassazione possono passare tranquillamente dai dieci ai quindici anni come minimo sindacale: l’indagato ha tempo per farsi due, tre o anche quattro legislature prima di un’eventuale condanna purché superiore ai due anni o più probabilmente per ottenere la prescrizione.

Sarà che ho uno spirito giacobino, ma senza una riforma complessiva e non strumentale della legislazione e della macchina giudiziaria, il voto di oggi è solo una pelosa espressione di una buona volontà tutta dimostrare, una letterina di natale in cui si promette di essere buoni: rebus sic stantibus l’esclusione dalle liste dei condannati in via definitiva rischia di lasciare del tutto immutata la situazione e di essere solo un provvedimento di facciata qualcosa per alimentare una sobria demagogia. Per esempio uno come Lusi potrebbe tranquillamente rimanere in Parlamento fino al 2028 visto che un eventuale condanna in Cassazione arriverebbe presumibilmente dopo le elezioni del 2023.

Il problema non si proporrebbe  in altri Paesi dove difficilmente un politico sottoposto ad indagine o solo accusato di scorretezza verrebbe eletto, ma è invece di grande attualità in Italia dove tutto, compresa la legge elettorale, congiura per rendere inefficace anche i rimasugli di etica della casta raschiati dal fondo del barile. E mi chiedo se  sarebbe una grave violazione del garantismo se si proponesse l’esclusione dalla candibabilità dopo la condanna in primo grado o se non sarebbe il caso di legare per legge  i rimborsi elettorali o qualsiasi altra forma di finanziamento pubblico ai partiti, all’esclusione dalle liste di persone condannate, sotto processo o anche solo indagate per qualsiasi tipo di reato, salvo quelli di opinione.

Insomma ci si aspettava un segnale chiaro e invece è arrivato il nulla, giusto dei benevoli titoli sui giornali. E a dimostralo basterebbe il battibecco tra il Pdl e il Pd sul caso Penati: i berlusconiani con una faccia di bronzo che sfida i secoli puntano il dito sulle nuove norme sulla concussione per induzione che sarebbero un provvedimento salvaPenati e il Pd che si difende così: «Non c’è nessuna norma di favore per imputati eccellenti, né per Penati né Berlusconi. Il reato di cui è accusato Penati è già prescritto con la legge in vigore».

Ecco appunto con le leggi in vigore non si va da nessuna parte se si vuole battere davvero la corruzione.


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