Antonello da Messina

Creato il 22 gennaio 2014 da Ilsegnocheresta By Loretta Dalola

A Rovereto ha sede il MART, uno dei musei di arte contemporanea più importanti d’Italia. In questo luogo architettonicamente ampio e luminoso, si è conclusa da poco la mostra dedicata ad un artista siciliano che con il suo stile si è fatto interprete di un vero e proprio fermento creativo: Antonello da Messina.

In esclusiva per Sky arte  il racconto televisivo del percorso espositivo che si caratterizza per l’eccezionalità delle opere esposte e per l’inedita ampiezza cronologica dei confronti proposti. Uno sguardo originale sulla figura del grande pittore del Quattrocento, che si concentra anche sulla profonda analisi dell’intelligenza poetica dell’artista che lo porta ad essere un singolare interprete dell’incontro tra due culture opposte: il realismo fiammingo e la forma espressiva italiana.

Nasce da una periferia – ci racconta il curatore della mostra, Federico De Melise questo implica la sua voglia di aggiornamento culturale e stilistico che lo porta a un’esplorazione continua e lo rende molto moderno”.

Antonello da Messina (1430-1479), nasce come Antonello di Giovanni d’Antonio, ovviamente nella città siciliana. Il Regno tardo-medievale di Napoli comprende anche la Sicilia, ed è in questo clima di transizione culturale che avviene per lui il passaggio al Rinascimento.  ” Nasce in Sicilia, da un ambito stilistico culturale molto influenzato dalla Spagna  e dalla pittura fiamminga, approda dalla Sicilia a Napoli dove di fatto si forma” e impara l’arte della pittura ad olio, affermandosi come uno dei pittori più brillanti del Quattrocento.

Curioso, intraprendente, molto siciliano, formatosi da questo punto di vista su una “cultura arretrata”, si innesta immediatamente nella corrente dell’arte europea e all’incontro con le grandi novità prospettiche dell’arte italiana. È da questo suo continuo peregrinare, che nasce dalla volontà incontenibile di aggiornamento stilistico che cresce, matura, e inventa una forma di sintesi pittorica. Diventa il punto di raccordo per l’Italia meridionale e il resto del mondo. Da quello fiammingo a Piero della Francesca. Quindi, punto di contatto tra nord e sud, capace di produrre una soluzione personalissima, e costringendo tanti suoi colleghi a confrontarsi con lui.

Conosciuto al grande pubblico per i suoi ritratti, Antonello da Messina è un artista che ha davvero tanto da raccontare. La sua vita è stata ricca di esperienze e di viaggi che hanno contaminato il suo stile rendendolo unico e inconfondibile. Convenzionalmente, quando si parla di Antonello da Messina, si pensa a un grande ritrattista, però questa qualifica va  spiegata meglio, perchè il suo modo di presentare i volti, ci dice che non si tratta di un ritrattista in senso realistico. Questo genere, serve ad Antonello per sviluppare la sua estetica espressiva e la sua intelligenza creativa, in grado di investigare le sfumature psicologiche e le caratteristiche più intime dell’essere umano; nel ritratto ritroviamo molti riferimenti all’arte fiamminga come la posa di tre quarti, il parapetto usato come divisorio tra il soggetto e lo spettatore, il trompe-l’oeil, il fondo scuro che spinge la figura verso l’osservatore così da creare un dialogo intenso e mai banale. È in questo particolarissimo modo che,  Antonello affronta una gamma straordinaria di espressioni facciali. E i volti che rappresenta hanno sguardi intensi, accennano a sorrisi, cercano la complicità con lo spettatore e infondono stupore e mistero.

La mostra di Rovereto, grazie all’allestimento rivoluzionario colloca le opere del grande artista in un’esibizione piena di sostanza, una nuova lettura del percorso artistico del maestro, con molti prestiti internazionali, a cominciare dalla “Madonna di Benson” , esposta alla National Gallery di Washington. Un’opera che ha avuto una storia particolare. Fino agli inizi del ’900 si riteneva fosse di altri pittori, fu attribuita ad Antonello da Messina solo nel 1913 e lo studio approfondito dell’opera ha rilevato che il mantello rosso che avvolge il Bambino, e il paesaggio nella zona di sinistra sono in gran parte stati ridipinti.

Il viaggio museale propone al visitatore e al telespettatore  uno studio articolato e una lettura innovativa della figura di Antonello da Messina attraverso l’analisi del contesto storico in cui nasce e vive, dei suoi esordi come pittore dapprima a Napoli e poi a Venezia. Momenti topici dell’iter stilistico dell’artista. Per la giovinezza, l’opera cardine è la Crocifissione di Sibiu – 1460 – dal nome della località in Transilvania dove era collocata fino al 1948, divisa in due piani di lettura, quello inferiore fiammingo e quello superiore di chiaro stile italiano. Un’opera emblematica della doppia anima dell’autore.

A seguire il Salvator Mundi – 1465 – il Cristo Salvatore è raffigurato oltre un parapetto ligneo e su sfondo scuro, secondo la maniera fiamminga con la particolare luce calda e dorata che modella la figura scoprendone i particolari più minuti, come i delicati peli della barba o i riflessi sui ricci dei capelli. Poi la mano parallela al petto, raddrizzata in un secondo momento pittorico, fende l’aria, creando attorno a questo blocco umano una situazione spaziale che coinvolge appieno lo spettatore.

E poi c’è  lei: l’“Annunciata”, il capolavoro di Antonello da Messina che secondo gli storici dell’arte esprime “per bilanciamento dei rapporti tra forma, colore e luce, un’idea di spazio del tutto nuova nell’arte europea” e che per la sua modernità rappresenta un punto epocale di svolta nella pittura. Un volto inafferrabile, nel quale troviamo un lato ignoto di noi stessi. Un volto contemporaneo.  Una visione del tutto originale, dove, perduta ogni connotazione mistica la Madonna torna ad essere una donna in carne ed ossa. La mano destra, che diventa il momento centrale del dipinto,  è protesa in avanti, appena sollevata dal tavolo dove stanno il leggio ed il libro. Con quel gesto Maria sembra voler dire a se stessa “così sia” mentre  con l’altra mano chiude il velo sul seno, a voler serbare per Dio il suo spazio più intimo.

L’opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura rinascimentale italiana. L’assolutezza formale, lo sguardo magnetico e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un capolavoro assoluto.


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