D’Ausilio si avvale della forma comica più semplice e diretta: il puro e semplice monologo; nessun travestimento, nessun personaggio tra quelli già proposti in tv, nessuna scenografia e nessuna spalla a coadiuvarlo; non ci sono nemmeno interazioni col pubblico, a differenza degli altri protagonisti della rassegna. Il suo unico personaggio è se stesso, Antonio, bamboccione napoletano che vive ancora coi genitori e a cui piace svegliarsi la mattina (quasi primo pomeriggio) tardi. Un bel giorno però il padre, appena andato in pensione, gli comunica che vuole cedergli il suo posto fisso; D’Ausilio parte con un elogio della sua generazione, composta di nullafacenti e mantenuti. Da questo innesco di vita vissuta comincia poi il racconto della sua vita lavorativa e non, attraverso gag e situazioni paradossali; inoltre, poiché la sua nuova carriera lo fa trasferire inizialmente a Roma, poi a Londra e infine a Milano, la narrazione di nuovi ambienti sociali diventa il pretesto per evidenziare in modo ironico e surreale ma nemmeno tanto lontano dalla verità le numerose differenze tra gli stili di vita del Nord e del Sud; dove però Nord e Sud, ci tiene a specificarlo, non sono luoghi geografici ma categorie mentali. Giusto per citare alcune tappe della sua narrazione, ricordiamo le peripezie incontrate nella convivenza con altri ragazzi: dai coinquilini che non lo fanno dormire al fai da te in cucina, che gradualmente sfocia sempre più nella pigrizia e lo porta a mangiare nella busta dell’insalata per evitare di lavare i piatti. Appena arrivato a Milano ad Antonio rubano il portafoglio, ed è un episodio così infamante per un napoletano che persino i carabinieri stentano a crederci; una lunga gag è dedicata al sacco della spazzatura: non sapendo dove buttarlo (D’Ausilio non poteva mai pensare che ci fosse all’uopo un locale condominiale apposito, più grande della sua stanza), se lo tiene inizialmente in casa dove viene “alimentato” e cresce a dismisura; finché alla prima occasione utile lo porta a Napoli, con l’intenzione di fare quello di cui a Milano non aveva avuto il coraggio: lasciarlo in strada; ma è a questo punto che l’episodio assume contorni alquanto surreali: il sacco prende vita e si rifiuta di essere abbandonato, convincendo alla fine il suo proprietario a riportarlo a Milano.
Accompagnano questi episodi recenti dei flashback adolescenziali, volti ad evidenziare come funzionano le cose a Napoli. Vengono narrate le sue avventure scolastiche, ricordando con particolare affetto un compagno camorrista, che i professori hanno timore a interrogare: infatti, per sua etica, il ragazzo “non fa nomi” e si rifiuta categoricamente di parlare di gente che non conosce personalmente. Un’altra gag degli anni scolastici riguarda il suo rapporto con la droga: Antonio evita sempre lo spinello che si passano di bocca in bocca in quaranta, ma il cugino vuole fargliela provare a tutti i costi ed alla fine lo convince ad assumere una pasticca che provoca una “particolare” allucinazione: credere di essere ricco; con la postilla che, costando una pasticca 500mila lire, gliene servono due, dove la prima serve a poter credere di comprare la seconda! D’Ausilio ci parla anche delle sue disavventure affettive: lasciato dalla fidanzata, si ritrova a una cena dove gli altri commensali sono tutte coppie, che a quanto pare si eccitano solo avendo davanti un single appena lasciato. Completano il quadretto autobiografico alcuni aneddoti familiari, tra cui quello del pranzo di Natale, dove i padroni di casa hanno ben pensato di collocare da un lato del tavolo i parenti ricchi e dall’altro i poveri; una menzione speciale è andata allo zio capotavola del lato povero, il quale fu nominato “primo cavaliere del lavoro mancato”. La comicità del protagonista, nonostante si appoggi principalmente su quello che narra, è anche molto gestuale. D’Ausilio ha un viso espressivo, mostra spesso la sua tipica risata a 32 denti e contorna il tutto di smorfie sorridenti e voci buffe per rappresentare i suoi compagni di avventure. La Napoli narrata da D’Ausilio e che fa da sfondo a molti dei suoi racconti è quella reale, tra le cui strade lui è cresciuto e dove il risvolto comico nasce dalle contraddizioni che si ritrovano in tutti i noti problemi: illegalità, camorra, disoccupazione, povertà, emigrazione, persino la recentissima questione dei rifiuti per strada. La riflessione finale però è quanto di più serio un comico possa dire: anche se sa benissimo che emigrando ci sono molte più possibilità di lavoro, alla fine decide di restare a Napoli, dove c’è il suo paesaggio, i suoi amici e la sua lingua. Insomma, lì è nato e lì vuole morire. A spettacolo concluso, poi, visto che i presenti chiedono il bis, l’artista ci concede una barzelletta molto divertente, anch’essa basata sui diversi modi di lavorare tra Nord e Sud. Il pubblico è soddisfatto, si è divertito ma ha anche riflettuto, ha riso con un risvolto agrodolce che nasce dalla consapevolezza che tutto sommato Catania non è così diversa da Napoli…