Antonio e il coraggio di restare. In Italia

Creato il 15 novembre 2012 da Tipitosti @cinziaficco1

Vogliamo restare! http://www.vogliorestare.it  

Da qualche settimana lo gridano a gran voce. E si stanno organizzando, perché non rimanga uno slogan. In pochi giorni il loro movimento ha superato le 1300 adesioni. Sono pronti a non mollare. Questa volta, niente deleghe a nessuno.

Loro dall’Italia non vogliono andare via. Ma chiedono che tante cose cambino. Quali? Ce le elenca Antonio Piazza, studente e precario, che non ha mai pensato di trasferirsi all’estero e impoverire quel che resta del Belpaese. Leggiamo il suo contributo. 

“Il nostro movimento nasce come una profonda riflessione politica e sociale, fatta da un gruppo di persone che si è di fatto tradotta in quell’appello e quel comitato promotore di 150 fra attivisti, reti e singoli e che oggi via web in poco più di due settimane ha già trovato l’adesione di 1300 persone da tutta Italia. Il ragionamento alla base vede l’urgenza di creare uno spazio pubblico democratico, in grado di discutere i problemi alla radice e di trovare soluzioni a partire da una partecipazione reale e trasversale di singoli e associazioni, al di là dei soliti addetti ai lavori, provando a rimettere insieme persone intorno ai temi della precarietà giovanile (e non solo) e del welfare.

Puntiamo ad organizzare precarie e precari per costruire tutte e tutti insieme una grande battaglia contro la precarietà, che miri a conquistare la dignità del lavoro,  a cancellare tutte le forme contrattuali che travestono da lavoro autonomo il lavoro subordinato e da lavoro parasubordinato il puro e semplice sfruttamento, a ricostruire il diritto del lavoro, a combattere gli abusi e le illegalità che subiamo ogni giorno sulla nostra pelle, a sancire il diritto a una giusta retribuzione e a un sistema di tutele e ammortizzatori sociali, che garantisca tutti e tutte, a prescindere dalla forma contrattuale. Per fare questo bisogna ripensare non solo il mercato del lavoro, ma tutto il sistema sociale, passando dall’istruzione alla lotta alla criminalità organizzata.

 “Cambiare il Paese per non dover cambiare paese” non è soltanto il nostro slogan. Metterci nelle condizioni di restare significa liberare nuove energie, che possano rimettere in moto tutto il meccanismo in cui viviamo, ragionando sui temi dell’innovazione e di uno sviluppo sostenibile.

Abbiamo lanciato quell’appello che ha risposto molto bene e che oggi continua ogni giorno a ricevere tantissime adesioni. Sabato 10 novembre si è tenuto il primo incontro nazionale, molto partecipato, dentro gli spazi di Firenze 10+10, dove si è discusso di innovazione del lavoro, welfare, precarietà ed istruzione, costruendo dei documenti di contenuto ed operativi di cosa vuole esprimere questo movimento e di che strada bisogna intraprendere per realizzare i nostri obiettivi. Il prossimo passo è, a partire da questi documenti, costruire il prima possibile dei comitati territoriali e regionali  con chi ha già aderito nelle varie città e continuare ad allargare la partecipazione. Dopodiché bisognerà elaborare piattaforme, proposte, idee non solo sui temi sopra citati, ma anche su come si costruiscono momenti pubblici di confronto e lotta. Mi riferisco allo sciopero europeo di ieri.

Tosti? Io non so se è una questione di essere tosti o meno. Credo che possiamo sicuramente definirci coraggiosi. In un Paese dove il tasso di disoccupazione giovanile è quasi al 34% e chi lavora lo fa comunque in condizioni contrattuali e sociali disastrose senza alcuna garanzia per il proprio futuro e senza alcuna valorizzazione, e dove emigrare è dettato dal bisogno e non dalla volontà di farlo, dire oggi Io Voglio Restare è un’inversione di marcia ed un atto di resistenza che necessita sicuramente di tanto coraggio.

Le istituzioni?  Che smettano di affermare che le riforme che si stanno realizzando, tese a rendere ancora più precario il mondo del lavoro, siano fatte in nostro nome: precarietà e disoccupazione giovanile sono conseguenze di scelte politiche precise e condivise, che cercano di scaricare su di noi le contraddizioni del nostro sistema economico e i costi della crisi, rifiutando di assumersi le proprie responsabilità. Siamo circondati dalle macerie che queste condotte ci hanno lasciato, in tante e tanti hanno deciso di scappare per migliorare le proprie condizioni. Noi Vogliamo Restare perché questa volta per ricostruire sulle macerie non vogliamo lasciare deleghe a nessuno.

                                                                                                                     Antonio Piazza

                                                                                                              Studente e precario


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