Ci sono personaggi nell’immenso panorama della storia dell’uomo che fini troppo spesso finiscono per essere dimenticati dalle masse anche se il frutto del loro lavoro ha cambiato radicalmente la società migliorando la qualità della vita delle persone.
La voglia di comunicare è stato sempre un tratto distintivo della natura umana, anzi, è proprio il rapportarci civilmente con gli altri individui che ci rende umani e, in questo, la parola è il più facile mezzo di comunicazione.
Altresì importante è il modo con cui la parola viaggia nell’etere, perchè se è facile aprir bocca per proferir verbo a pochi centimetri di distanza dall’interlocutore, non è altrettanto immediato parlare con chi si trova a chilometri e chilometri di distanza.
Questo lo sapeva bene l’inventore fiorentino Antonio Meucci quando, nel 1871, riuscì a realizzare un apparecchio che riuscisse a trasmettere la parola come messaggio in tempo reale; l’invenzione del telefono (perchè di questo stiamo parlando) risale però al 1854, anno in cui Meucci realizzò il telettrofono per poter comunicare agevolmente con la moglie malata che era costretta a letto.
Seppur Meucci sia stato battuto sul tempo nella costruzione dell’apparecchio dal valdostano Innocenzo Manzetti e sia stato quasi derubato della paternità dell’invenzione dall’americano Graham Bell, il principio di funzionamento del telefono gli è stato attribuito definitivamente nel 2002 dal Congresso degli Stati Uniti.
Quello che accadde è che Meucci intuì un fenomeno fisico mentre Manzetti e Bell applicarono tale fenomeno alla pratica: se, quindi, Meucci comunicava con la moglie stringendo tra i denti due fili elettrici in rame, i suoi due colleghi costruirono degli apparecchi in grado di sfruttare il fenomeno dell’induzione magnetica, tipico dei circuiti elettrici, per comunicare a distanza. Ci sarebbero però ancora voluti diversi anni prima di vedere la prima cornetta o di realizzare la prima famosa comunicazione transatlantica tra Londra e New York.
A Meucci però non viene attribuita solo la paternità dell’invenzione del telefono; l’inventore italiano, infatti, depositò ben 22 brevetti e realizzò svariati congegni elettromeccanici e, udite udite, inventò anche le bevande frizzanti al gusto di frutta e il condimento per la pasta.
Mica poco in un paese in cui il piatto di spaghetti è uno dei simboli più preponderanti.
A 122 anni dalla sua scomparsa Post Scriptum vuole ricordare Antonio Meucci come un genio italiano che considerava la comunicazione come una necessità: un pò quello che cerchiamo di fare, molto più in piccolo, in questo blog.