Antonio Morganti, Il Cacciucco

Da Paolorossi

Viareggio – Ristorante Bombetta in via Fratti angolo via Cavallotti – Oggi non c’è più al suo posto… una banca!

[…]

─ Mi fanno giusto ride’! Il cacciucco è ʼl cacciucco e basta. Quando si vól di’ di tante ʼose mescolate, o ʼun dimo che era un cacciucco? E allòra ci vòle anco il miscuglio di pesci se vól esseʼ cacciucco. Se lo vòglino fa’ senza ʼppesci co’ le lische, ni mèttino un antro nome e ʼun offèndino il nostro cacciucco. Te, lo sai, ma è bene ridillo e riordàsselo; per fa’ bóno ʼl cacciucco ci vóle la su’ triglia, la su’ bòga, il su’ fraulino, il pescio cappone, il capocchione, la stòrzola, una bella tràcina, e po’ la seppia, il polpo, il gróngo, un po’ di palombo, le ceàle e più quand’èno ‘ncorallate.

─ Ma ne lo fai col peporone?

─ E se no di ‘he ssa? Mario di Bombetta bón anima diceva che il peporone rinfresca e che fa méglio del pepe. Se lo diceva lu’! ; n’averà fatto poghino del cacciucco in vita sua? E po’ dovi di’ come lo faceva!

[…]

─ Lo vói fa’ bóno il cacciucco? Mètte al fóo il laveggio, coll’olio assai e un bel battuto fino fino d’aglio e di peporone di vello rosso. Quando smètte di schiocca’, tìrici mezzo bicchiere di vino bono, ma sta’ attenta che ‘un sii di vello dolce; quand’è ritirato il vino, bùttici la seppia e ‘l polpo tagliati a pezzi; le granfie io ne le lasso sane perché po’ mi garba ritrovaccele; vesta seppia e il polpo dévino arosola’ ammodo e quando t’accorgi che èno arosolati addocci tutto co’ una tazza o due d’acqua calda e conserva, giusta, di vella bóna o il pumidoro ma di vello fresco quando c’è. Quand’è sull’olio, butta giù ʼppesci, un quarto d’òra e ʼl cacciucco è fatto. Intanto, a parte, dévi ave’ preparato nella ʼnzuppiéra le fette del pane, abbustolite e agliate; ci tiri sopra  il cacciucco, aspetti che ʼl pane sia ʼnzuppato e po’ sèrviti e mangia con pró che mangi bene. Il pane che ʼun sia di vello lùcito che po’ doventa biobbia; ci vóle di vello che òra mi pare che ni dìino ʼntegrale; inzomma di vello che pare fatto ʼn casa. Ma po’ che te lo dio a fa’, che te mi poteresti ʼnzegna’? Però m’è garbato sfogammi.

[…]

( Antonio Morganti, tratto dal racconto “Il mare ʼn casa” dal libro “ Tiràmo a campa’ ”, Il Fauno Editore, Firenze )

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