Tabucchi racconta di aver fatto i primi viaggi con uno zio appassionato di arte e letteratura con cui andava alla scoperta della città di Firenze, esperienza particolarmente viva nei ricordi dello scrittore. Fra la città d’arte italiane, l’autore che proviene dalle campagne pisane, consiglia di visitare con più calma proprio Pisa ed in particolare suggerisce di raggiungere la facciata del palazzo che appartenne alla famiglia Soderini: qui dall’autunno del 1827 sino all’estate del 1828 vi soggiornò Leopardi, in un periodo della sua vita sereno in cui ebbe modo di comporre i versi di A Silvia e Il risorgimento. Tabucchi ci racconta che nel 1998 in occasione del bicentenario della nascita del poeta, a Pisa venne organizzata un’esposizione interessante e ricca di documenti dedicata proprio a questa celebre visita, la mostra Leopardi a Pisa; a Parigi Tabucchi è invece andato a visitare la casa museo del pittore Eugène Delacroix in cui si possono anche ammirare i tanti strumenti musicali e utensili che l’artista aveva portato dal suo lungo viaggio in Spagna, Marocco e Algeria, esperienza determinante per la sua arte e per l’intensità dei suoi colori; I veri posti del cuore di Tabucchi sono però la Grecia (in particolare l’isola di Creta in cui a partire dal 2000 ogni estate vi è andato a trascorrere un periodo di vacanza) ed il Portogallo: nella città di Lisbona ha trovato la sua seconda casa e ha nutrito per la città una grande passione, amando e diventando il maggiore conoscitore di Fernando Pessoa. Al Cairo Tabucchi non può non raggiungere il più antico caffè della città, il Café Fishawi dove il premio Nobel Mahfuz veniva a scrivere nel pomeriggio e teneva i suoi celebri incontri letterari.
La vita di Tabucchi è tutta un viaggio fra l’India, l’Australia, il Messico e la scoperta di tanti altri luoghi, un continuo lungo viaggiare. Questo libro di Tabucchi è un racconto della propria esperienza del viaggiare che ci regala tanti spunti e consigli oltre uno sguardo alto sull’analisi dei luoghi e dell’altrove: «Un luogo non è mai solo “quel” luogo: quel luogo siamo un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un giorno, per caso, ci siamo arrivati».