Antonio Tabucchi, Lettera ai ragazzi di Firenze

Da Paolorossi

Firenze – Galleria degli Uffizi

Cari ragazzi,

Quand’ero ragazzo anch’io, anzi, quand’ero bambino, avevo uno zio che mi portava a Firenze. Quello zio non finirò mai di benedirlo nella mia memoria. Era un uomo generoso e curioso, che amava l’arte e la letteratura e che in segreto scriveva commedie. Aveva deciso che doveva dare un’educazione estetica ai suoi nipoti, e io ero il suo unico nipote. Noi  venivamo dalla campagna pisana, e a quel tempo i trasporti non erano quelli che sono oggi. Ci si alzava all’alba, si prendeva una corrier sgangherata  che ci portava a Pisa, e lì aspettavamo il treno per Firenze. Ricordo ancora quelle mattine di viaggio, il caffellatte bevuto in cucina con la luce accesa, perché d’inverno era buio. Il panino mangiato in treno, le cose che mio zio mi raccontava mentre dal finestrino sfilava il paesaggio. Parlava di nomi per me magici, di cose che avrei visto quel giorno. E diceva: il Beato Angelico, Giotto, Caravaggio, Paolo Uccello. Mangiando il mio panino riflettevo fra me e me: un Beato che dipingeva gli angeli, che aveva affrescato tutto il suo convento per la felicità dei suoi confratelli: che cosa meravigliosa! E poi pensavo a Giotto, che era anche la marca delle mie matite, e pensavo che finalmente avrei visto le sue magnifiche pitture, perché lui aveva fatto l’O di Giotto, che era la cosa più perfetta del mondo. E intanto mio zio mi diceva: e ricordati bene, Antonino, che l’arte è un valore universale, perché appartiene a tutti i popoli, è l’unico linguaggio che li affratelli. E poi diceva ancora, sai, i nazisti bruciavano i libri perché ne avevano paura. Bruciavano i libri e gli uomini e noi invece i libri e gli uomini li difendiamo, perché sono il fondamento della civiltà. Noi crediamo nella cultura, per questo oggi ti porto a Firenze, i nazisti credono nei fucili e nei forni crematori.

Firenze – Finestra Corridoio Vasari

E poi si arrivava a Firenze, e si scendeva per le strade. Guardavo gli enormi soffitti degli Uffizi, quei quadri misteriosi, quelle tavole  impressionanti. Mio zio mi prendava per la mano e mi faceva camminare nel corridoio del Vasari.

Firenze – Corridoio Vasari

Questo è un luogo sacro, mi diceva, ricordatelo bene. Dopo si andava in via Ghibellina, in una vecchia trattoria. E mio zio mi chiedeva: vuoi assaggiare la trippa e preferisci la bistecca? E da lì si andava a San Marco, a vedere il Beato. Beato lui, pensavo, che vedeva gli angeli. Io non ero mai riuscito neppure a vedere il mio angelo custode. Eppure la sera, prima di andare a letto, mi giravo alla svelta, pensando di sorprenderlo, o mi guardavo di spalle alle specchio. E chiedevo: zio, come si fa a vedere gli angeli? E lui mi rispondeva: bisogna credere negli uomini, per vedere gli angeli. Che frase misteriosa! La rimuginavo fra me e me, aggirandomi nelle celle del convento di San Marco. Solo più tardi avrei capito il senso di quella frase. 

Beato Angelico – Annunciazione

Oggi per esempio la capisco. Oggi che i diavoli sono di nuovo fra noi, quei diavoli che odiano gli uomini e odiano la cultura e l’arte, che dell’animo umano è l’espressione più alta. Mio zio aveva ragione. I nazisti di allora, che bruciavano gli uomini e i libri, oggi mettone bombe nelle nostre città, che è il loro modo di manifestare la barbarie. Ma noi alla loro barbarie ci opporremo. E guarderemo ancora, commossi e ammirati, il Beato Angelico, Giotto, Caravaggio e Paolo Uccello. Noi i libri li leggeremo con avidità, e li conserveremo con cura nelle nostre case. Noi ci difenderemo perché i barbari non abbiano il sopravvento. Perché alla loro sporcizia noi opponiamo la nostra civiltà.

( Antonio Tabucchi, Lettera ai ragazzi di Firenze – Tratto da “Feltrinelli per Firenze”, 1993 – Libro dato in omaggio, in occasione dell’apertura della Libreria Feltrinelli a Firenze – Nella presentazione del libro scriveva Carlo Feltrinelli:  “Per costruire la nuova Libreria Feltrinelli di Firenze in via de’ Cerretani è occorso oltre un anno. Un periodo così lungo per garantire quanto era nella nostra ambizione: una grande, grandissima libreria, moderna, degna di Firenze e della sua tradizione di civiltà. Questo libro è stato invece realizzato in due giorni, in seguito all’attentato agli Uffizi, alla morte di cinque persone e al ferimento di tante altre. Immediata è stata la reazione degli amici…” )

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