Antonio Tonelli. Un viaggiatore nel tempo. Opere dal 1959 al 2011, San Donato Milanese, Galleria d’Arte Moderna Cascina Roma-Virgilio Guidi

Creato il 06 novembre 2011 da Milanoartexpo @MilanoArteExpo

Antonio Tonelli, Il canto del gallo e dei colori - 2003 - acrilico su masonite, cm 125 x 84 - clic x ingrandire

Antonio Tonelli. Un viaggiatore nel tempo. Opere dal 1959 al 2011, San Donato Milanese, Galleria d’Arte Moderna Cascina RomaVirgilio Guidi (clicca: MAPPA), 22 ottobre – 20 novembre 2011. Ingresso libero. Catalogo MazzottaAntonio Tonelli, testo di Luca Pietro Nicoletti: Tutta la produzione pittorica di Tonelli deve essere letta nel solco della cosiddetta “arte d’immagine”, vale a dire una scelta artistica a favore della figurazione, dell’immagine delle cose reali, che non fosse solo mero virtuosismo tecnico e riproduzione fedele del dato oggettivo, ma che si facesse carico di un contenuto non soltanto emotivo quanto soprattutto etico e morale, se non scopertamente politico. >

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È del resto inevitabile che accostandosi ai dipinti di questo artista si debba prima di tutto affrontare il problema del realismo e del rapporto fra oggetto e raffigurazione mimetica. Quella di Tonelli, ha fatto in più occasioni notare la critica, è pittura analitica, attenta al dettaglio, non di fredda descrizione ma nemmeno di impeto immediato. In tal senso, Rossana Bossaglia, nel 1987, definiva l’“iconografia povera” di Tonelli come momento di riscatto della qualità estetica degli oggetti e delle cose più umili. In particolare, Bossaglia si riferiva in quel caso al ciclo delle Nature morte nella metropoli e alle viste di interni dipinte intorno al 1987, in cui Tonelli posava il suo sguardo quasi fotografico sulla realtà umile dei tombini, del bordo dei marciapiedi e dei canali di scolo, e della popolazione di reperti abbandonati che attorno ad essi andava a riunirsi.

Antonio Tonelli, I rifiuti e le Pagine Gialle - 1987 - olio su masonite, cm 70 x 57

Pur in assenza della figura umana, è evidente che si tratta di un tema che non può essere considerato esclusivamente nei termini della natura morta come semplice esposizione di oggetti, ma che questi vengono raffigurati per fotografare un effetto del disagio contemporaneo e un esito di una società che si prende il lusso dello spreco.

Sulla stessa linea, nel 1981, De Micheli definisce Tonelli un artista “di prosa”, in quando estraneo alle «malizie della fantasia, ma proprio per questo ciò che racconta, senza enfasi alcune o senza facili patetismi, ha sempre il tono persuasivo del “racconto vissuto”». La pittura, scrive, ha dimostrato un atto di fedeltà, di partecipazione umana alle cose che ha scelto di rappresentare: «Tonelli […] è rimasto fedele alla sostanza del suo primo discorso: è rimasto fedele al suo mondo, agli uomini coi quali vive, ai loro gesti, agli oggetti della loro fatica quotidiana. Ed è rimasto fedele ai luoghi della loro vicenda, alla Milano dei vecchi quartieri proletari, delle case di ringhiera, coi muri segnati da un tempo senza clemenza». Si potrebbe azzardare che in questa accezione Tonelli veniva fatto rientrare dal critico in quello che aveva definito, appena un anno prima, il «sentimento della responsabilità intellettuale di fronte alle circostanze della storia». Non solo la scelta dell’immagine, quindi, ma soprattutto la “coscienza” dell’immagine contro qualsiasi tentativo di deresponsabilizzazione dell’operazione pittorica. Tuttavia, viene ripetuto di frequente, c’è realismo e

Antonio Tonelli, L’angolo in fondo all’orto - 1982 - olio su masonite, cm 100 x 110

realismo: in questo caso, il pittore non ha scelto la linea della poesia dei sentimenti, ma quella dell’analisi impietosa e scevra di retorica. In questa chiave riprende lo stesso tema anche Giorgio Seveso, due anni più tardi, sottolineando come sia sbagliato, riguardo a Tonelli, sia parlare di verismo (più vicino a un polo sentimentale) sia di iperrealismo (che è invece una forma di realismo estremo, ma moralmente neutrale): «Tonelli non è un pittore cerebrale, un pittore “freddo” tutto teso a dar forma e sostanza a ragionamenti, idee, giudizi, e neppure è pittore “caldo”, interessato solo ai propri privati fantasmi, all’emersione impetuosa della propria interiorità emotiva. Direi, anzi, che Tonelli è “solo” pittore dell’occhio: pittore-pittore. Che, in altre parole, egli persegue nel suo lavoro l’obiettivo (apparentemente meno gratificante) di dipingere soltanto ciò che vede intorno a sé, di andare au motif come dicevano gli impressionisti. Ma è appunto qui, nelle pieghe e nelle circostanze di questa sua scelta contemplativa, che risiedono le radici dell’attuale maturità delle sue opere e che si definiscono, inoltre, le ragioni della loro affilata evidenza, del loro fascino tranquillo».

Antonio Tonelli, L’aquila insidiata - 1996/97 - olio su masonite, cm 135 x 95

Alla fine degli anni Novanta, però, avviene nel suo lavoro una scolta verso una pittura più libera, meno minuta nel dettaglio e di sapore più pittorico che illustrativo. Ma soprattutto, l’aspetto allegorico diventa predominante e il quadro si slega dalla rappresentazione prospettica dello spazio. In un lungo omaggio a Van Gogh, gli elementi simbolici (il cappello di paglia, la sedia, colori e pennelli, i girasoli) fluttuano su un cielo stellato che è al tempo stesso sfondo e citazione da una delle tele più importanti del maestro olandese. Rossana Bossaglia ha letto queste opere come una allegoria del mestiere della pittura, quindi una identificazione in Van Gogh del prototipo ideale del pittore, raffigurando non tanto l’atto dell’ispirazione pittorica, quanto il momento in cui, posato il pennello, rimane il disordine dei tubetti spremuti, del pennello non pulito gettato in un angolo ancora intriso di colore, recipienti svuotati e stracci sparsi.

Antonio Tonelli, Finestra sul cielo - 2001 - acrilico su masonite, cm 160 x 120

Ma si può andare anche oltre: perché proprio Van Gogh? In parte si potrà rispondere che il maestro di Arles rientrava nelle predilezioni giovanili di Tonelli, che ha sempre dichiarato la propria predilezione per l’impressionismo all’avvio del proprio percorso. Tuttavia, la vita e l’opera di Van Gogh sono un valore di riferimento decisivo per la generazione precedente a quella di Tonelli: al pittore olandese, ad esempio, guardavano molti pittori di Corrente –Birolli in primis- alla ricerca di un modello di pittura espressionista alternativa al modello scultoreo e levigato dell’arte di regime. Ancora nei primi anni del secondo dopoguerra, invece, la figura del pittore di Arles fa discutere: apertamente detestato da un critico come Roberto Longhi, viene invece difeso in maniera altrettanto energica da Guttuso. Cesare Zavattini, addirittura, progetta un film (mai realizzato) sulla vita del pittore, e la passione per Van Gogh si riversa anche in quella, più familiare, per il conterraneo Ligabue.

Non bisogna trascurare, inoltre, che Tonelli afferma di essere tornato a Van Gogh, in una sorta di chiusura nei confronti del mondo esterno, in un momento di sfiducia verso quel mondo di valori etico-sociali che stava a molte dei cicli, ad esempio, sulla migrazione, sul sindacato e sulle 150 ore: è una chiusura nei confronti di un mondo che non si comprende più e da cui non ci si sente compresi. Ed è proprio questo, in fondo, il senso, il valore che Mario De Micheli attribuiva alla figura di Van Gogh: un pittore mosso da una autentica spinta sociale, ma la cui inquietudine e spinta verso il prossimo si incaglia nella incomprensione del mondo artistico e della società del suo tempo. Per lui, insomma, il Van Gogh più autentico è quello degli anni di missione evangelica tra i minatori del Boragine, quando dipinge i Mangiatori di patate, che rimane inquieto e interdetto, fino alla follia, quando arriva a Parigi. Tonelli non è esente da questa immagine del pittore di Arles, anzi si può azzardare che proprio da questa lettura nasca il suo Van Gogh come uomo di dolori, dei ritratti immaginari, incompreso come è rimasta affogata nel disinteresse la tensione morale che ha mosso la scelta dell’immagine di Tonelli: c’è una identificazione di fondo, per cui Van Gogh diventa l’emblema del pittore in contrasto con la società che gli sta intorno, insofferente di fronte a un orizzonte di valori che non si riconosce. Quella ricerca, sembra voler dire Tonelli con queste ultime sue tavole, non è fatta per questo mondo: trasformando la sedie o il cappello di paglia in astronavi allegoriche, questi simboli sono pronti a prendere il largo verso il cielo stellato. - Luca Pietro Nicoletti

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Comunicato Stampa n. 1

 Antonio Tonelli, un viaggiatore nel tempo Opere dal 1959 al 2011

Nei prestigiosi spazi della Galleria d’Arte Contemporanea Cascina Roma – V. Guidi

di San Donato Milanese dal 22 ottobre al 20 novembre 2011

Oltre cinquant’anni di lavoro e una grande fedeltà al fare pittura come ricerca e indagine sulla realtà: così si caratterizza il realismo lombardo di Antonio Tonelli.

Una pittura di cose che si è sviluppata rimanendo fedele al valore etico e non solo tecnico della pittura e che ha privilegiato un mondo di cose minori, ma mai marginali, un mondo di uomini e di oggetti che segnano la nostra quotidianità perché lasciano traccia del loro passaggio. Ecco allora gli orti di periferia, di quella periferia milanese che non riesce a tenere lontane le case della città che avanza, ma anche gli attrezzi di quel lavoro manuale che per tanti è stato il lavoro di una vita o le stesse figure di lavoratori o, ancora, i rifiuti lasciati ai bordi dei marciapiedi, piccolo microcosmo di una società che non ha più rispetto delle cose. Per finire al grande ciclo dedicato a Van Gogh con una rivisitazione personalissima della lezione, morale e pittorica, del grande olandese.

La caratteristica della produzione di Antonio Tonelli è proprio lo svilupparsi non per singoli, per quanto significativi, quadri, ma per cicli: Racconto urbano, Orti di periferia, Nature morte nella metropoli, I nostri giorni difficili, I simboli di Van Gogh.

Un lavoro intenso che è stato accompagnato dall’interesse costante della critica e tra coloro che si sono occupati di Antonio Tonelli ci sono Rossana Bossaglia, Franco De Faveri, Mario De Micheli, Giorgio Mascherpa, Guido Oldani, Giorgio Seveso, Gino Traversi.

Con il patrocinio della Provincia di Milano, del Comune di San Donato Milanese, della Famiglia Artistica Milanese e come sponsor LMT Europe S.r.l. di Milano, nelle sette sale della Galleria d’Arte Contemporanea Cascina Roma – V. Guidi di San Donato Milanese viene seguito l’intero percorso artistico di Antonio Tonelli con il susseguirsi dei cicli pittorici, ma spazio è dedicato anche ai ritratti, genere da lui frequentato con assiduità, alle opere d’occasione, per particolari eventi storici, e soprattutto all’arte sacra e ai disegni. Molte di queste opere sono inedite o sono apparse raramente nelle molte mostre personali e collettive che costellano la vita artistica di Antonio Tonelli.

Un grazie particolare va alle istituzioni e ai collezionisti privati che, con i loro prestiti, hanno reso possibile la realizzazione della mostra.

Il catalogo, Mazzotta Editore, vede gli interventi critici di Felice Bonalumi e Luca Pietro Nicoletti.

Titolo    Antonio Tonelli un viaggiatore nel tempo Opere dal 1959 al 2011

Luogo                 Galleria d’Arte Contemporanea Cascina Roma V. Guidi, San Donato Milanese

Data   22 ottobre – 20 novembre 2011

Inaugurazione   sabato 22 ottobre 2011, ore 17.00

Orario      lunedì-sabato 9.30-12.30 / 14.30-18.30

domenica 10.00-12.30/ 16.30-19.00

Catalogo      Mazzotta Editore

Patrocinio           Provincia di Milano

   Comune di San Donato Milanese

   Famiglia Artistica Milanese

Sponsor  LMT Europe S.r.l. – Milano
   (www.lmteurope.com)

Ufficio Stampa   Felice Bonalumi  cell. 3386600419

Isabella Dematteis , Ufficio Cultura Cascina Roma di San Donato Milanese

tel. 02.55603159


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