Antropologia dei botti

Creato il 02 gennaio 2012 da Antonio
Sorprende spesso vedere con quale sprezzo del pericolo si affrontino situazioni che da un punto di vista freddamente razionale sarebbe meglio evitare, semplicemente perché il probabile danno è più alto del possibile beneficio. Ma l’uomo, si sa, non è animale esclusivamente razionale (per fortuna) e allora spesso ci si chiede: perché si affrontano tali situazioni? Cosa spinge ad imprese che possono costare la vita?
La spiegazione che trovo più fondamentale e soddisfacente è quella che più di ogni altra denota la differenza tra l’uomo e gli altri esseri viventi. L’uomo è l’unico animale che sa di dover morire e molte delle sue imprese, così apparentemente irrazionali, così preziosamente inutili, non sono altro che una sfida alla morte. Ciò che sta al fondo di molte imprese umane, per quanto diverse esse siano, è proprio questa matrice comune.
La sfida alla morte caratterizza l’alpinista estremo e caratterizza anche chi spara i botti di capodanno, quei botti così pericolosi da essere più simili a bombe che a fuochi d’artificio. Ma, sebbene il nocciolo sia comune, c’è tuttavia una differenza sostanziale tra le due figure. Mentre l’alpinista estremo sfida la propria morte quello che spara botti sfida la morte altrui. In un caso siamo di fronte ad un eroe, nell’altro caso siamo di fronte ad un coglione, anche un po' delinquente.

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