Finalmente ieri sera dopo mesi di attesa le luci in sala si sono spente ed è iniziata l'ultima magia di Wes Anderson, "The Grand Budapest Hotel"!Quest'ultimo lavoro accoglie con un'ambientazione familiare e ci trasporta nel mondo di Stefan Zweig, autore viennese che celebrò la cultura e società europea degli anni '20 e '30 prima dell'incursione nazista al quale Anderson si è ispirato. (Grazie Wes, ammetto che non avevo minimamente idea di chi fosse prima di questo film!)
Benvenuti al Grand Budapest Hotel!
Inizia la presentazione dei vari personaggi, questa volta forse troppi e per questo meno caratterizzati rispetto a quelli dei suoi film precedenti. L'hotel è già da sé protagonista, colorato di quelle tonalità pastello, dalle fantasie geometriche e pieno di dettagli impossibili da cogliere ad una prima visione.
I protagonisti, su due piani temporali (anni '30 e '60), girano tutti intorno alle vicissitudini di quella sorta di microcosmo che è il Grand Hotel e tutti le storie che custodisce.
Il lobby boy Zero (Tony Revolori), rifugiato adolescente che viene preso sotto l'ala protettrice da M.Gustave (Ralph Fiennes) concierge e seduttore della clientela ricca e particolarmente âgée dell'hotel. Proprio a seguito del misterioso omicidio di Madame D. (Tilda Swinton), inizierà l'avventura raccontata da Anderson con deliziosa ironia, immagini dalla perfetta simmetria e cromia (concorde ai personaggi e ai loro ruoli nella storia). Tutto ruoterà attorno ad un certo quadro rinascimentale ricevuto in eredità e "rubato" da M.Gustave, di tale bellezza stilistica che a confronto un Schiele viene addirittura barbaramente distrutto (si scorge anche qualche tela di Klimt).
Un film che per ambientazione, dettagli, colori e dolci (quelle delizie di Mendl's...) mi ha fatto ripensare alla classicità ed eleganza viennese.
Anche qui, come per "Moonrise Kingdom" (che rimane il mio preferito) Anderson ha creato un piccolo mondo all'interno di questo Hotel dall'aspetto decadente che mantiene il fascino dei tempi che furono. Forse manca un po' di rappresentazione dei personaggi in cui ci si identifica meno che in quelli dei suoi film precedenti. Se proprio si vuole muovere una critica.
Una vera delizia per gli occhi, con uno studio maniacale del dettaglio. Di tanto in tanto è piacevole vedere un film che non ha la pretesa di inviare alcun tipo di messaggio ma con il solo scopo di raccontare una storia e farlo nel migliore dei modi, con un lavoro di precisione e incredibile bellezza. Come una vera e propria opera d'arte, che si lascia ammirare nei suoi innumerevoli particolari. Troppi da scovare in una sola visione!
La collaborazione tra Wes Anderson e Miuccia Prada continua anche in questo film, dove alcuni dei capi spalla e accessori sono da lei disegnati. In occasione della Berlinate, il negozio Prada si presentava così.
I designers Macon & Lesquoy hanno creato una linea di gioielli cuciti a mano ispirati al film.
Che dire? Se ancora non l'avete fatto, correte al cinema :)!!
Erika