di Mariangela Maritato
Dopo il disimpegno della multinazionale, accusata di sfruttare il lavoro degli immigrati, l’assicurazione è arrivata due giorni fa dal ministro per le politiche agricole Mario Catania e dal direttore degli Affari europei dell’azienda Salvatore Gabona, proprio mentre a Rosarno si teneva una manifestazione promossa da Coldiretti Calabria. Rimane infatti aperta la questione legislativa, che ristagna in Parlamento, ribadita anche dall’associazione dei produttori.
Migliaia di agricoltori spingono infatti per aumentare la quantità di succo d’arancia imposta nella produzione della Fanta, dal 1954 prodotta sul mercato italiano: dall’attuale 12% al 16-18 per cento. Ogni punto – percentuale in più corrisponde attualmente all’utilizzo di 250.000 quintali d’arance, pari a circa 1060 ettari di agrumeto. Riflettori puntati anche sui prezzi. Un litro di aranciata contiene 3 centesimi di agrumi ed è venduta mediamente a 1,30€ al litro. Ma per gli agricoltori i conti non tornano.
Pochi centesimi per un chilo di arance, come denunciato dal periodico britannico “The Ecologist,” sono pochi. La quantità di succo d’arance presente nella Fanta italiana, soglia prescritta dalla legge, è del 12%, circa il doppio rispetto alle bibite distribuite negli altri paesi europei, per adattarla al gusto del consumatore nazionale. Sicilia e Calabria sono i principali fornitori di agrumi da trasformazione: soft drink e succhi. In Calabria rappresentano oltre la metà dei prodotti.
In Sicilia il 15%. “I prodotti agrumari destinati alla trasformazione provenienti dal mercato italiano coprono l’intero fabbisogno della Coca Cola” spiega il ministro. “Non c’è alcuna volontà da parte dell’azienda di acquisirli da altre provenienze”. Gli investimenti aumenteranno rispetto allo scorso anno. Non ci sarà la necessità di una rinegoziazione annuale di quantità e prezzi. Nuove contrattazioni pluriennali miglioreranno i rapporti con la filiera.
Rassicurazioni anche da Gabova, direttore europeo della multinazionale americana che ha smentito le notizie diffuse dai media circa un abbandono della Calabria. Senza incentivi governativi, l’azienda starebbe valutando di rinnovare il contratto ad una filiera della zona di Rosarno, già fornitrice.
La notizia del coinvolgimento della Coca Cola nello sfruttamento della manodopera africana era stata infatti diffusa lo scorso mese dalla rivista britannica The Ecologist. Secondo la testata, Coca Cola sarebbe solita acquistare a costi particolarmente ridotti il succo di arancia concentrato dalle aziende calabresi.
Di conseguenza gli agrumicoltori della zona sarebbero costretti a sottopagare i lavoratori immigrati. Secondo Pietro Molinaro, presidente della Coldiretti Calabria, “il prezzo che pagano le multinazionali non è giusto e costringono le piccole aziende dell’area a sottopagare gli operai. Basterebbe che le multinazionali pagassero il giusto prezzo di 15 centesimi e la situazione cambierebbe radicalmente”.
Una questione ribadita dal sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi : “Gli agricoltori non raccolgono il prodotto perché il prezzo è troppo basso. Questa situazione ha quindi provocato un impoverimento di tutto il settore ed è ovvio che a risentirne sono anche i lavoratori”. La prossima settimana si terrà un tavolo di rappresentanza tra il governo e i componenti della filiera produttiva, in collaborazione con la Coca Cola, per discutere sulle condizioni di produzione, raccolta e distribuzione in Calabria e la verifica della sostenibilità.
Si preannunciano audit presso fornitori ed aziende agricole per migliorare competitività e tutelare la rimuneratività delle imprese. Anche attraverso il rispetto dei termini di legge per il pagamento.
Apartheid Calabria: La Coca Cola non abbandona la Piana di Rosarno. La sfida in Parlamento
Creato il 08 marzo 2012 da Nottecriminale9 @NotteCriminalePossono interessarti anche questi articoli :
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