Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie in 5 curiosità

Creato il 29 luglio 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie. Ovvero come prendere una franchise storica, e apparentemente esaurita, come quella de Il pianeta delle scimmie, e farne una serie attuale, intelligente e inquietante. Merito della storia intelligente, ma anche… delle scimmie: così reali e vive non le avevamo mai viste nei film della serie. Il segreto è la performance capture, quel sistema che permette di dare vita a creature virtuali partendo dal movimento di attori reali. È la tecnica che è stata alla base del grande successo de Il Signore degli Anelli, King Kong e Avatar. In due di questi tre film c’era Andy Serkis, attore che è ormai uno specialista in questa tecnica. “Facciamo l’uso più ambizioso della performance capture. Più di Avatar ha dichiarato. Vediamo come accade. Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie di Matt Reeves, in uscita in Italia il 30 luglio 2014.

1. Ma come funziona la peformance capture, già motion capture? All’inizio gli attori indossavano delle tute molto attillate con una serie di marcatori, e avevano dei marcatori applicati sul volto: si tratta di dei “puntini” che, rilevati da un computer, riescono a segnalare a questo la loro posizione nello spazio, e quindi a ricostruire virtualmente il corpo del personaggio e a seguirne i movimenti. La creatura digitale, in questo modo, si muove come l’attore che la anima.

2. Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie usa un’altra tecnica, molto più sofisticata, nata con Avatar. Sulla testa degli attori viene posizionata un microcamera, con l’obiettivo puntato sul loro volto. Questa è in grado di riprendere e registrare ogni movimento del volto, ogni movimento dei muscoli, e soprattutto quello degli occhi, che danno l’anima al personaggio, e di trasferirli alla creatura virtuale. È per questo che le creature sono così realistiche. In questo senso non si può neanche parlare di creature digitali: sono una commistione di uomo e computer, personaggi virtuali ma dall’anima umana. Per questo è aperto da anni il dibattito se sia possibile assegnare un Oscar a una performance di questo tipo…

3. Perché in Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie allora è stato fatto l’uso più ambizioso della performance capture? Mentre un tempo gli attori della performance capture recitavano chiusi in studio, in questo film gli attori hanno girato direttamente sui set. E siccome l’azione si svolge soprattutto nelle foreste, le riprese sono state molto più avventurose e complicate. Dalle prime immagini arrivate dai set, vediamo Serkis e gli attori che poi al computer diventeranno scimmie recitare direttamente sulla scena, spesso a cavallo, vestiti con la tipica tuta grigia usata per la performance capture ricoperta di marcatori rossi. La performance capture oggi avviene sempre più sul set, e non in studio con i green screen. E per un attore muoversi nella scena che il suo personaggio abiterà è tutta un’altra cosa.

4. Che Andy Serkis sia lo specialista assoluto della performance capture è fuori da ogni dubbio. Ma come si è preparato il nostro eroe per il ruolo? Ha studiato con cura i filmati di Oliver, una scimmia cresciuta negli anni Settanta, che si credeva fosse l’anello di congiunzione fra uomo e primati. Era in grado di camminare eretta, su due zampe, di sedersi sulle sedie, e pare che avesse delle espressioni del volto davvero umane.

5. Accanto a Andy Serkis c’è però anche una scimmia al femminile. Parliamo dell’attrice Judy Greer, che interpreta Cornelia, la compagna di Caesar e madre dei suoi figli. In realtà il vero fan della saga de Il pianeta delle scimmie, soprattutto del film capostipite del 1968, è il marito della Greer. Tanto che al loro matrimonio la figurine degli sposi sulla torta nuziale avevano le sembianze di scimpanzé. E nel bar, durante il ricevimento, è stato trasmesso su due diverse tv il film L’alba del pianeta delle scimmie, del 2011. Il pianeta delle scimmie era evidentemente nel suo destino…

Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net


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