Al momento in cui Nabokov si dispone a scrivere Lolita, aveva già scambiato la lingua russa per quella inglese, ed aveva scambiato il suo paese natale, prima con l'Europa, poi con gli Stati Uniti. E fu proprio negli Stati Uniti che finì per acquisire quelle che divennero a tutti gli effetti le sue nuove "origini" americane, disegnando percorsi che attraversavano quel vasto territorio. In un vero e proprio "On the Road" (e "Lolita", il libro di Nabokov, è contemporaneo del romanzo di Kerouac) si muove un perturbato protagonista, disposto a commettere, per passione, tutto quello che l'autore ha ritenuto di doverci raccontare. Precedentemente, Nabokov aveva già esplorato la questione, a fondo, come quando, partendo dalla sua passione per il gioco degli scacchi, aveva scritto "La difesa di Lužin", mostrando quel che può accadere quando ci si dedica completamente ad un'unica passione, lasciando che essa ci domini.
Ma la passione rimane l'unica cosa che si oppone all'indifferenza e alla morte, anche quando entra in conflitto con la giustizia, sembra dirci Humbert - il protagonista - nella sua confessione, che non è altro che l'intero romanzo. La traiettoria di un amore che sembra impossibile, viene descritto con virtuosismo, ma anche con una buona dose di autoironia, riuscendo a superare il tabù del tema ed arrivando, perfino, a proiettare una quota di felicità dentro il viaggio, pur disastroso, insostenibile alla lunga, catastrofico; dove il compito di Humbert è quello di trovare un idioma appropriato, un linguaggio attraverso il quale il personaggio Humbert possa riuscire a comunicare con il personaggio Lolita: un fallimento! Riscattato dall'impresa di riuscire, invece, a scrivere la propria confessione, raggiungendo così, non Lolita, ma il lettore. Così è proprio la scrittura a diventare l'unico spazio dove la passione riesce a dispiegarsi, senza entrare in contrasto con la norma, tralasciando e accantonando il senso della morale.
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