“MALICIOUS HACKERS” sono le parole precise che Apple ha usato per descrivere i personaggi che a vario titolo cercano di violare le protezioni dei sistemi operativi. E tra questi “pirati malintenzionati” se non proprio “malvagi” ora si possono includere anche gli ispettori della Nsa, l’agenzia di sicurezza americana al centro del caso Datagate. Apple risponde alle indiscrezioni che il Der Spiegelha pubblicato recentemente, secondo cui su molti dispositivi la Nsa avesse la disponibilità di controllo completo, attraverso un “ingresso sul retro” del dispositivo, una “backdoor”.
La divisione della Nsa denominata Tailored Access Operations avrebbe lavorato all’apertura di ingressi non autorizzati in Windows, nei router Cisco, in server Dell e HP, reti Huawei e Juniper, hard disk di Samsung e Seagate. E negli iPhone di Apple, in quest’ultimo caso con un programma dal nome in codice Dropout Jeep.
Insomma con i vecchi iPhone secondo la Nsa avrebbe potuto fare il bello e il cattivo tempo, attivando microfoni, intercettando messaggi e chiamate, aprendo la fotocamera. Il tutto all’insaputa di utente e anche dell’azienda produttrice dello smartphone. Che respinge le accuse, e smentisce collaborazioni con l’agenzia di sicurezza con un comunicato in cui i presunti autori di operazioni di questo tipo vengono definiti “malintenzionati”. Apple sostiene di “Non essere stata a conoscenza del presunto programma della Nsa che prende di mira i nostri prodotti”. La società californiana scrive: “continueremo a usare le nostre risorse per avere la meglio su hacker malvagi e per difendere i nostri consumatori da attacchi alla sicurezza, a prescindere da chi c’è dietro di essi”.