Forse non tutti lo sano o non ricordano, ma nel 2009 Apple si è resa protagonista di un’importante e chiacchierata acquisizione: quella di Lala. Lala.com è stato uno dei più importanti portali per lo streaming musicale, tanto da aver guadagnato una popolarità oltreoceano tale da renderlo più gettonato del competitor MySpace, ai tempi ancora sulla cresta dell’onda. Dall’avvenuta acquisizione da parte della Mela, però, non se n’è saputo più niente: cosa è successo?
L’acquisto della startup da parte di Cupertino ha da subito alimentato un rumor molto gustoso: su iTunes Store sarebbe presto sbarcato lo streaming musicale, grazie alla competenza e alle uniche tecnologie sviluppate dal team di Lala. Ma dopo quattro anni, di servizi di streaming su iTunes non ne sono apparsi – si parla di una iRadio per il 2013 – e nemmeno le feature simili lanciate in quest’ultimo periodo sembrano vedere lo zampino della società chiusa nel 2010. In molti, allora, si domandano se Apple non abbia semplicemente deciso di distruggere un competitor con modalità del tutto singolari.
È quel che si apprende da un intervento lanciato in Rete – e immediatamente scomparso – da Aubrey Johnson, un designer di Lala e di Color, due facce della stessa realtà guidate dal visionario Bill Nguyen. L’accordo con Apple sarebbe arrivato dopo alcuni contatti con Nokia e con Google, entrambi fallimentari:
«Lala ha affrontato l’industria musicale cardine dopo cardine, prima comprando stazioni radio digitali, poi con un business di scambio di CD e infine con la musica in streaming. Nonostante le sue battaglie, Lala ha raggiunto un successo interessante. Nel 2009, cercando su Google una canzone, il primo risultato era sempre una pagina Lala. Non un risultato iTunes, non il MySpace dell’artista, ma un risultato Lala. Ogni click per Lala non ha portato a un potenziale acquisto musicale su iTunes. E, fatto ancora peggiore per Apple, Lala è spesso stata un affare migliore per l’utente. Quando Lala ha collaborato con Google (per Google Music Beta), vi è stato un chiaro ed evidente pericolo per Eddy Cue e il suo impero iTunes.»
L’intervento prosegue spiegando perché l’accordo con Google non abbia spiccato il volo – pare che Lala non volesse perdere la sua priorità nell’indicizzazione delle ricerche – e soprattutto sottolineando quanto irrinunciabile sia apparsa la proposta di Apple. Nguyen era ben consapevole di avere fra le mani una piccola miniera d’oro, forte anche dei contratti con i big della discografia, e per questo le offerte di Nokia e Google non furono giudicate sufficienti. Un pomeriggio la dirigenza venne convocata a Palo Alto, dove un intraprendente Steve Jobs si dice abbia passato un bigliettino a Nguyen, con cui proponeva di “chiudere quella faccenda”. Sul biglietto la cifra 160 milioni di dollari, divisi in 80 d’acquisizione e 80 in bonus di ritenzione per i dipendenti.
Dalle parti di Cupertino, però, pare nessuno fosse davvero interessato né allo streaming né alla tecnologia di Lala, ma forse a togliere di mezzo un concorrente così pericoloso, prendendone il totale controllo. Con il senno di poi, sebbene nessuna dichiarazione sia stata rilasciata dalla Mela, una simile spiegazione sembra aver qualche fondamento. Nessuna feature lanciata da Apple sembra aver integrato il knowhow di Lala – nemmeno iTunes Match che, più che un servizio di streaming, appare un semplice ammodernamento del concetto di storage cloud. E così parrebbe anche per la chiacchierata iRadio, più affine all’esperienza di competitor come Spotify, Last.FM e Grooveshark che alla defunta Lala. Probabilmente la conferma di queste indiscrezioni non arriverà mai, anche perché Apple è sempre molto restia a parlare delle proprie strategie di business. Ma chissà in cosa si sarebbe potuto evolvere un servizio agli albori così innovativo, in un periodo storico dove lo streaming ha ormai di fatto soppiantato tutti gli altri canali di approvvigionamento musicale.
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