Samsung in passato è stato un alleato strategico per Apple e per questo motivo nel 2010 la mela di Cupertino avrebbe voluto già risolvere la vertenza con un accordo di licenza, di certo costoso, ma non certo paragonabile alla richiesta danni che oggi i suoi legali avanzano. Proprio all’esordio del Samsung Galaxy S e dopo aver rilevato nello smartphone troppe somiglianze con l’iPhone, la Apple aveva cercato di essere conciliante con un partner storico come Samsung. Tra l’altro l’offerta fatta dalla mela morsicata alla casa sudcoreana non era affatto proibitiva: chiedeva infatti 30 dollari per ogni smartphone e 40 per i tablet venduti, con la possibilità di ottenere uno sconto del 20 per cento se la Samsung avesse deciso di offrire un corrispettivo accordo di licenza.
Questa proposta sarebbe costata al colosso coreano 250 milioni di dollari annui e a quel tempo Samsung giudicò la pretesa troppo onerosa e non portò a termine la trattativa; da quel momento in poi la situazione è cominciata a degenerare fino a sfociare in una battaglia legale internazionale che ha raggiunto il suo culmine con il processo attualmente in corso negli Stati Uniti, con il quale Cupertino, tramite i suoi legali, chiede al colosso sudcoreano ben 2,5 miliardi di dollari di danni.
Il processo intanto va avanti e le due parti devono anche venir spesso riprese dalla corte per i continui rinfacciamenti. In queste ultime ore la casa sudcoreana ha accusato Apple di contrassegnare i suoi dispositivi da deporre come prove con etichette che ne coprano il design esterno caratterizzante e la mela morsicata da parte sua, ha ottenuto l’esclusione di due testimoni di Samsung e cioè il presidente di “Samsung Telecommunications America”, che in precedenza aveva affermato di non essere a conoscenza di fatti rilevanti e un designer della casa sudcoreana non ritenuto direttamente collegato con i dispositivi al centro del dibattito.
La casa di Cupertino è riuscita anche a far testimoniare un professore del MIT, che ha riferito che secondo un suo studio, i consumatori pagherebbero fino a 100 dollari in più per alcune funzioni coperte dai brevetti contestati da Apple.