Approcci matematici sul romanzo

Creato il 07 luglio 2011 da Sulromanzo

Avete presente un’interrogazione di matematica? Io ce l’ho davanti. Nell’interrogazione di matematica c’è sempre la lavagna e tu sei lì di fronte col gesso in pugno e l’orecchio attento, perché se hai studiato sai sempre come va a finire.

“Bene, mi enunci la teoria di….”

“La teoria sul romanzo…” (Avrei sempre voluto sentirmi chiedere) e invece cominciavo sempre così:

“TEORIA: è sempre costituita da una tesi da dimostrare…”.

Quando parlavo troppo la prof. sembrava arrabbiarsi lentamente di quei sentimenti che vedi, perché ce li aveva sulla faccia,  impressi come una cartina al tornasole.

“E allora? Scriva no! Invece di usare troppe parole”, m’interrompeva, e rimanevo sola, dispersa in quel nero tendente al grigio con un’unica arma a mia disposizione, il gesso, senza più parole.

“Sì scrivo, aspetti….”

Ma perché nessuno ha scritto una TEORIA SUL ROMANZO?

Me lo son sempre chiesta durante le interrogazioni di mate. Nelle teorie sui romanzi alla tesi segue il suo contrario, l’antitesi e la dimostrazione le fonde insieme, dandoti la certezza che nel romanzo tutto è possibile, anche la fusione della realtà con la fantasia in un intreccio giusto nel cuore della narrazione.

TEORIA SUL ROMANZO

TESI

Un romanzo è un libro che parla di personaggi e fatti immaginari per raccontare una storia.

ANTITESI

La realtà pura è molto meglio dei romanzi. Le notizie che informano si trovano solo sui giornali o alla tv. Nella vita non c’è tempo per fantasticare e quindi non c’è tempo per i romanzi.

DIMOSTRAZIONE

In un romanzo si può partire da un fatto di cronaca per scrivere un racconto intimo e vitale fondendo insieme tesi e antitesi nella stessa teoria, cosa che i matematici aborrirebbero, ma che Ricardo Manéndez Salmón è riuscito a fare.

L’ultimo romanzo dello spagnolo Manéndez, Il correttore, parte da una notizia di attualità per indurre il protagonista e lo stesso lettore a domandarsi quanto conti la letteratura rispetto alla drammaticità della realtà, a volte talmente sorprendente da toglierci ogni capacità di reazione.

È l’undici marzo 2004 e Madrid come l’America dell’undici settembre, viene svegliata dalla morte nell’ora di punta in cui i pendolari vanno al lavoro. Alla stazione di Atocha è una strage, centinaia di vittime costringono il popolo davanti alla tv. La tv irrompe nel quotidiano scaraventando le sue immagini contro il mondo intero, l’atrocità della vita rimbalza nella quotidianità dei telespettatori assorti dal resto della loro esistenza che scorre via. Così le immagini che si susseguono sui teleschermi prendono il posto del linguaggio al centro delle discussioni e divengono espressione dello spirito del tempo.

Cosa può la letteratura di fronte a tutto questo?

La parola scritta, secondo lo scrittore spagnolo, è la via di scampo al solito modo in cui gira il mondo. La realtà della stazione di Atocha non è nulla di nuovo, una storia antica di violenza e orrore aggiornata ai giorni nostri a cui occorre reagire con la ricchezza dell’intreccio di un romanzo.

Vladimir di mestiere correttore, quella mattina è impegnato a correggere Dostoevsky, in silenzio davanti ad una finestra in un inverno mattutino cosparso di brina riceve la telefonata del suo editore, e così la realtà irrompe nel romanzo, fondendosi in un istante irreale con i Demoni di Dostoevsky e con l’ambiente che lo circonda.

CHI È STATO?

Dalla televisione si vede un mondo insopportabile e spaventoso incapace di dare risposte per correggere un errore crudele che nessun correttore avrebbe mai potuto cancellare.

E allora Vladimir inizia a raccontare la sua vita, lui che amava fare il correttore per cancellare ogni bruttura, i disastri e l’evidenza delle miserie, reagisce al tedio della realtà rivelando nel cuore della narrazione il suo segreto più inconfessabile e per questo massima espressione della sua libertà.

“Quasi tutti passiamo la vita a lottare per essere liberi e poi scopriamo, nel momento in cui la libertà ci si concede, che la libertà è una cosa molto difficile…”

Inizia così l’intreccio de il correttore e questa è la dimostrazione tangibile che realtà e narrazione possono letterariamente convivere in un romanzo.


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