Approfondimento: il medico che lotta contro ebola

Creato il 30 novembre 2014 da Justnewsitpietro

Approfondimento: il medico che lotta contro ebola
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Era andato in Sierra Leone per aiutare la popolazione colpita dall’epidemia di ebola, che da un anno sta devastando alcuni Paesi dell’Africa, mettendo in difficoltà delle zone che già da prima del virus si trovavano in gravi problemi politici e sociali.

Sarebbe dovuto tornare a dicembre, ma il viaggio in Italia è stato anticipato a causa di una strana febbre che si è manifestata all’improvviso, facendolo porre immediatamente in isolamento, iniziando la cura sperimentale e assistito da quasi trenta medici specializzati.

Parliamo del medico italiano di Emergency, partito dalla Sicilia per aiutare l’ong di cui fa parte a salvare vite umane. Ma un errore, ancora non identificato, ha permesso al virus dell’ebola di insinuarsi all’interno del suo corpo, facendolo diventare così il paziente zero italiano.

Dopo un viaggio di sei ore e mezza, è arrivato a Pratica di Mare, e dopo essere stato caricato a bordo di una speciale ambulanza creata appositamente per le malattie infettive, il corteo è partito per l’Istituto Spallanzani di Roma, eccellente ospedale dove stanno mettendo a punto un vaccino contro il virus mortale.

I medici (Fonte: ansa.it)

Nonostante la gravità della sua malattia, il medico di Emergency non ha mai smesso di chiedere informazioni riguardanti lo stato dei suoi pazienti in Sierra Leone, per i quali stava per morire. Non appena è stato possibile, ha anche contattato la famiglia tramite un cellulare, che per il momento sarà l’unico modo per comunicare, dato che le uniche persone che potranno avvicinarsi a lui saranno i trenta medici ed infermieri esperti che lo hanno seguito dall’Africa. Il medico siciliano ha anche avuto modo di parlare con Gino Strada, il fondatore di Emergency, al quale ha assicurato che tornerà presto a lavoro. Strada, ha affermato che gli invierà i dati raccolti, in modo da poter continuare a lavorare anche da dove si trova adesso.

Per rispetto verso la famiglia, il volto del medico non è stata mai ripresa e il nome è stato volutamente tenuto nascosto, in modo che i parenti possano rimanere nell’anonimato senza essere perseguitati dai giornalisti, che nel feroce mondo dell’informazioni, alcuni non si fermano davanti a niente, pur di ottenere un punto percentuale in più di share. Per questo motivo, del medico contagiato si sa solo che è siciliano e che ha cinquant’anni.

Ad aggiornare il mondo sul paziente sono stati prima il Ministro della Salute Lorenzin e dopo il primario del reparto in cui è ricoverato. Il Ministro, non appena giunto in Italia, ha aggiornato i giornalisti presenti alla conferenza che il medico non presenta i sintomi tipici dell’ebola, nonostante le analisi accertino che il virus è presente. A far scattare i controlli è stata la febbre, arrivata a trentanove gradi, la quale lo ha fatto insospettire e lo ha portato a fare i dovuto controlli. Sempre il Ministro ha anche affermato che il viaggio dalla Sierra Leone in Italia e da Pratica di Mare a Roma è avvenuto nel più completo isolamento, escludendo al cento per cento una diffusione del virus.

Una volta arrivato allo Spallanzani, ha iniziato la cura attraverso i farmaci sperimentali che hanno guarito anche gli altri paziente europei, infettati anche loro dopo un viaggio in Africa per aiutare le popolazioni. Ma oggi, dopo cinque giorni dal suo ritorno in patria, le condizioni si aggravano, e i sintomi conosciuti del virus fanno la loro prima entrata in questa storia: diarrea, vomito, presenza di sangue, mostra un esantema cutaneo e la febbre è salita oltre i trentanove gradi. C’è paura a Catania, città natale del medico dove vive la sua famiglia, la quale non intende ancora rilasciare dichiarazioni sul peggioramento dello stato di salute del paziente caro.

Solamente ieri il medico presentava una regressione della malattia, con temperature del corpo più vicine alla norma e una buona risposta ai farmaci usati, oltre il suo ottimismo che lo faceva collaborare con lo staff che si occupa di lui. In particolare, veniva usato un plasma proveniente da un paziente infetto che era guarito, in quanto i medici hanno scoperto che contiene gli anticorpi necessari per distruggere il virus dell’ebola. Dopo il ricovero, era partita una campagna dai paziente guariti in Sierra Leone (e curati dal medico di Emergency) che si sono recati al campo della ong per donare il proprio sangue, affinchè venga usato per aiutare il loro medico. Il bollettino medico di oggi riporta che “Il paziente tende ad assopirsi ma è facilmente risvegliabile, risponde a tono alle domande poste e riesce a deambulare autonomamente nella stanza. I valori dei globuli bianchi e delle piastrine sono sostanzialmente stazionari. Normale la funzione renale e modesta alterazione della funzionalità epatica”. L’unica possibilità per il momento sembra quella di aspettare, e forse sperare, fino a quando non ci saranno nuove informazioni, che potrebbero portare a un miglioramento o a un peggioramento dello stato di salute del medico, che comunque continua a respirare e a nutrirsi in modo autonomo.

Finora, i medici e gli infermieri morti per aver contratto l’ebola durante i controlli sui pazienti infetti sono in tutto trecentocinque, ma la stessa Cecilia Strada, direttrice di Emergency, aveva affermato che non è possibile garantire la totale sicurezza per i medici che stanno a così stretto contatto con dei paziente contagiati, nonostante la formazione che i volontari devono sostenere prima di iniziare il loro lavoro nelle zone a rischio. Per quanto riguarda gli infettati, superano le dieci mila persone, mentre le morti accertate sono oltre cinquemila. Gli ultimi aggiornamenti riportano una diminuzione dei casi in Liberia e Guinea, mentre la situazione si sta aggravando in Sierra Leone, proprio il Paese dove il medico italiano è stato contagiato.

Quale sia la sorte del medico e dei pazienti senza le cure necessarie, ancora è un mistero. Purtroppo, però, solamente il tempo potrà a darci la risposta, definendo così il destino delle migliaia di persone che lottano contro la morte ormai da quasi un anno, quando il virus ha fatto la sua prima comparsa, ancora quando non ci aspettava che si stesse andando incontro alla più grande epidemia mai visti in tutto il mondo.

di Alessandro Bovo

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