Appuntamento a un’ora insolita
La città – mi dico – dove l’ombra
quasi più deliziosa è della luce
come sfavilla tutta nuova al mattino….
“……asciuga il temporale di stanotte” – ride
la mia gioia tornata accanto a me
dopo un breve distacco.
“Asciuga al sole le sue contraddizioni”
- torvo, già sul punto di cedere, ribatto.
Ma la forma l’immagine il sembiante
- d’angelo avrei detto in altri tempi -
risorto accanto a me nella vetrina:
“caro – mi dileggia apertamente- caro,
con quella faccia di vacanza. E pensi
alla città socialista ?”.
Ha vinto. E già mi sciolgo: “Non
arriverò a vederla” le rispondo.
(Non saremo
più insieme dovrei dire). “Ma è giusto,
fai bene a non badarmi se dico queste cose,
se le dico per odio di qualcuno
o rabbia per qualcosa. Ma credi all’altra
cosa che si fa strada in me di tanto in tanto
che in sé le altre include e le fa splendide,
rara come questa mattina di settembre…..
giusto di te fra me e me parlavo:
della gioia”.
Mi prende sottobraccio.
“Non è vero che è rara, – mi correggo- c’è,
la si porta come una ferita
per le strade abbaglianti. È
quest’ora di settembre in me repressa
per tutto un anno, è la volpe rubata che il ragazzo
celava sotto i panni e il fianco gli straziava,
un’arma che si reca con abuso, fuori
dal breve sogno di una vacanza.
Potrei
con questa uccidere, con la sola gioia…”.
Ma dove sei, dove ti sei mai persa ?
“E’ a questo che penso se qualcuno
mi parla di rivoluzione”
dico alla vetrina ritornata deserta.
Vittorio Sereni (da Gli Strumenti Umani, 1966)
“Qualcuno ha detto che Dio ci ha dato l’abitudine al posto della felicità”. È solo una delle battute recitare dai personaggi di questo raro pamphlet con cui il regista Stefano Coletta si scaglia contro la società dei nostri tempi, quelli che vengono dopo gli ideali, non prima. Sull’inevitabile eco de Il Grande Freddo (1983) di Lawrence Kasdan, Appuntamento a ora insolita segue le vicende di un gruppo di amici, le loro disillusioni e recriminazioni, le consapevolezze di una generazione che ha perso il sapore fantastico dei vent’anni: “Più passa il tempo, più aumenta la confusione. Qualche cosa l’abbiamo persa, qualche cosa l’abbiamo guadagnata”. Sei personaggi, sei storie di amicizia, tradimenti, desideri, che si intersecano e, a volte, si sovrappongono per poi essere messi a nudo nell’incontro a cena che chiude – o apre – un cerchio.
“Un gruppo di amici che, buttato alle ortiche l’antico coraggio di sognare e progettare utopie, si ritrovano adagiati nell’acquiescenza al potere, o pronti a darsi gomitate nella corsa al denaro e al successo. Ogni tanto i ricordi di quell’età dell’innocenza riaffiorano, dentro queste mura abbandonate. Un film sulle trappole della vita, sul tempo perduto e mai più ritrovato, su ciò che poteva essere e non è stato, sulla visione del mondo sbiadita in una miopia egoista, incapace di andare oltre l’attimo fuggente.” Queste le parole del regista. Ma già il titolo del film, omonimo di una poesia di Vittorio Sereni, ribalta il senso di sconfitta che c’è nello svegliarsi un giorno ed accorgersi di essere uguali a tutti quelli che sono venuti prima di te, perché la conquista risiede già nell’averci creduto, anche fosse per il breve sogno di una vacanza.
Il film racconta i giorni che precedono una cena fra amici, una cena che dovrebbe essere simile a molte altre avvenute prima di quella, e che invece non lo sarà.
Il cast è decisamente ricco, tra gli altri vi sono: Antonio Catania, Maddalena Crippa, Giulio Scarpati, Ricky Tognazzi, Michela Rocco, Beppe Fiorello e Bedi Moratti in due piccoli ruoli, e, non da ultimo, il giovane Michele Alhaique, già visto in alcuni film italiani degli ultimi anni e sempre particolarmente bravo, premiato per quest’interpretazione al Santa Marinella Film Festival.
Un professore universitario di storia dell’arte che s’illude di poter conquistare una giovane allieva per ritrovare almeno il ricordo della gioventù perduta; sua moglie che si sente trascurata ma in realtà si consola con un caro amico di lui; un regista teatrale donnaiolo, vanesio e mai cresciuto; la donna forse più importante per il regista che fa la prostituta e capisce che quell’uomo presuntuoso non potrà mai amarla davvero; un’altra coppia in crisi formata da un avvocato e da una proprietaria di un negozio d’abbigliamento, che probabilmente sarà l’unica alla quale il futuro riuscirà ancora a riservare nuove speranze… per poi concludere questo volo d’uccello sui due giovani del film, fratello e sorella: un ragazzo omosessuale che, pur essendo l’unico, a quanto sembra, a godere delle gioie di un amore ricambiato, sceglierà di fuggire verso una nuova vita, e l’inquieta figlia del professore universitario che piano piano riuscirà ad accettare l’amore di un coetaneo.
A volte i protagonisti maschili del film si ritrovano nel bar che frequentano da sempre – uno di quei posti che alle pareti ospitano ritratti di Gramsci o Togliatti, gestito da un irriducibile comunista – e si rendono sempre più conto di quanto la loro vita abbia preso le distanze dagli ideali di un tempo.
Forse in fin dei conti Appuntamento a ora insolita sembra volerci dire che la più grande dimostrazione di forza non si manifesta nel combattere a oltranza, ma dal riuscire anche ad accettare, non dal mettersi in contrasto continuamente, ma dal sapersi fare molto piccoli (vedersi per i piccoli che si è) e ascoltare, aspettare. C’è molto più coraggio nella gioia che nella rabbia; la si porta, la gioia, assieme al proprio dolore, la propria imperfezione: è la tregua che sappiamo concederci per vedere il mondo fuori da noi stessi.
Bisogna ringraziare l’iniziativa “Prime visioni-cinema e documentario indipendente in sala”, ancora fino a metà Dicembre ospitata dal Filmstudio di Roma, per la visibilità offerta ad opere sensibili e molto ben interpretate come questa. Forse non un film per tutti, non un film perfetto, ma di certo una prova corale di altissima qualità, dove, nonostante il taglio anche troppo teatrale, la regia riesce comunque a mostrare invenzioni originali, regalandoci scorci insoliti di una splendida Torino.
Valeria Natalizia
Si ringrazia il cineclub Filmstudio di Roma (Via degli Orti D’Alibeert 1 – Trastevere)
Filmstudio