Il macellaio passa tutte le mattine intorno alle 6.30. Si tratta di una corpulenta signora sui quarant'anni, con uno dei classici cappelli di paglia a protezione di sole o pioggia, a seconda delle stagioni. Tra le mani tiene un remo di legno che infila fino a metà nell'acqua melmosa del fiume. In testa alla barca troneggia, simile alla polena in legno di un galeone, la testa di un maiale tagliata di fresco. Sembra quasi sorridere, in questa posa a mo' di sirenetta nostrana che funge anche da insegna del negozio.
Kompong Luong è l'archetipo di un villaggio galleggiante. Avere una casa qui significa possedere una chiatta più o meno ampia, quasi sempre di un solo piano, che galleggia su grossi bidoni di gasolio svuotati. Tutto è commoventemente costruito in legno e dondola lentamente, inesorabilmente, al ritmo delle onde alzate delle barche a motore nei canali comuni. Ognuno qui possiede almeno una barca, quasi sempre un piccolo fuoribordo del frastuono assordante, che diventa all'occorrenza negozio, mezzo di trasporto o luogo di relax.
Ci abiteranno circa 5000 persone in questo posto senza coordinate GPS sicure, la cui posizione varia di una decina di chilometri a seconda del livello del fiume. Grossomodo si trova sempre in fondo a una lunga via sterrata che si diparte più o meno a metà strada della statale che collega Battambang a Phnom Pehn. Il Tuk Tuk sobbalza una buca dopo l'altra mano a mano che costeggia svariate catapecchie, pollai e palafitte fino a una sorta di ufficio malconcio dove uno stanco funzionario esce dal raggio del ventilatore per raccogliere soldi e intenzioni dei turisti di passaggio.Dormire qui costa 6 dollari a notte e il trattamento di mezza pensione prevede una camera microscopica sul fianco di una casa galleggiante, con tanto di materasso in poliestere rosa shocking e zanzariera chimica, il cui unico superpotere semba quello di decuplicare il caldo già soffocante. Si respira appena salendo le ripide scalette che portano al piano di sopra, una piccola terrazza dove il padrone ha collocato la struttura in legno di un letto matrimoniale, nel caso qualcuno preferisca passare la notte all'aperto.
Da qui si gode di un bel panorama sul paesaggio circostante, dove il tempo è scandito dal passaggio ritmato di decine barche che una alla volta percorrono la via d'acqua poco sotto. Ora è un bambino che rema verso la scuola, ora un gruppo di pescatori che tornano a casa, un ammasso di frutta e verdura pronto per la consegna porta a porta. Tutte le case hanno una cucina sul retro, con facile accesso all'acqua che, torbida e inquinatissima, serve per la cottura del riso, per lavare i piatti, fare il bagno, spazzolare i denti. Oltre ad assolvere una serie di altri bisogni primari, ovviamente.Qui, come in molti altri angoli più o meno ameni della Cambogia (e non sono pochi!), l'inquinamento è un problema serio. Il progresso e il relativo benessere hanno portato, insieme alla TV in ogni casa e la coca cola con le scritte in Khmer, anche un sacco di rifiuti. Plastica, in primis. Non essendoci un chiaro piano pubblico per la raccolta del "pattume", tutto è lasciato al buonsenso dei cittadini. In buona sostanza, tutti buttano il sacchetto dell'immondizia dove meglio credono. Il più delle volte, a Kompong Luong, credono si tratti del fiume.I cinesi, si stenta a non crederlo, si stanno comprando buona parte di questo piccolo stato martoriato dalla storia e dagli eventi. Capitali in ingresso, lavoro per tanti ma profitto per pochi cambogiani, con la certezza che tutela ambientale e smaltimento rifiuti non siano in cima alla lista di questi eterni conquistatori.
Dietro lauto compenso Seng Peng, il proprietario del negozio galleggiante dove pernottiamo, ci accompagna a fare un giro in barca nei dintorni. Non parla una parola di inglese, divide il tetto con due donne e molti figli e tenta in ogni modo di rifilarci disgustose bibite in lattina. La barca si mette in moto rumorosamente e un metro dopo l'altro arranca tra i canali, fino al bacino del lago. Più di una volta l'etica arrugginita si inciampa in vecchie reti da pesca o detriti galleggianti costringendo questo anziano Khmer che ha trovato modo di fare business con i turisti a manovre improbabili. I bambini salutano stendendo le mani dalle amache, anche qui onnipresenti. Un padre di famiglia in canottiera bianca spenna un pollo appena ucciso mentre fuma una sigaretta davanti all'occhio attento della moglie. Una grossa gabbia malconcia, seminascosta ai lati di un canale, contiene decine di piccoli coccodrilli che sembrano sul punto di scappare da un momento all'altro. Due signore litigano furiosamente sul pelo dell'acqua, probabilmente per una faccenda di soldi. Sbraitano a tutto volume da una barca all'altra richiamando l'attenzione degli astanti.
Nella stanza da basso la signora ha già cominciato a cucinare, tutti i figli siedono scomposti davanti alla TV ipnotizzati da un cacofonico karaoke troppo simile a una brutta puntata dello Zecchino d'oro.Topo Gigio, nel frattempo, nuota abilmente da una chiatta all'altra in cerca di fortuna, rischiando di essere tranciato da un'elica assassina.
Il tramonto, finalmente, arriva ad appiattire tutto, il cielo nuvoloso e infuocato si specchia nell'acqua del fiume, ora in apparenza pulito come forse non è mai stato.