In Appunti di un venditore di donne, secondo nella classifica dei titoli più venduti in dicembre, l'eroe narrante è finalmente un italiano, un giovane uomo piuttosto bello che non ha il fascino della divisa e che vive di notte, ai margini della legge come delle sue giornate. E non è nerboruto come certi personaggi usciti da una palestra. Per meglio dire, la palestra dalla quale è venuto fuori è quella della vita, quella che gli ha dato la giusta dose di tormenti per renderlo irresistibile ai lettori, quella che ha irrobustito l'ossatura del suo passato che si rivelerà solo alle ultime battute.
Al contrario, alla sua anatomia manca un pezzo essenziale per poterlo definire un uomo a tutti gli effetti: a "Bravo" manca il pene. "Bravo" è stato evirato quando era ancora un adolescente, durante una spedizione punitiva.
"Bravo" non è tuttavia uno privo di attributi, è uno che sa il fatto suo nella Milano degli anni di piombo, degli attentati terroristici, della strategia della tensione e del sequestro di Aldo Moro. E' la primavera del 1978. Si telefona ancora col gettone, si gioca alla Sisal, si paga in lire. Ed è un vero sollievo, accompagnato da una vena nostalgica, poter finalmente leggere un romanzo la cui trama non sia inquinata dal rumore dei cellulari, dal tintinnare dei centesimi dell'euro o del dollaro, dagli scambi di sms e dall'abuso dell'informatica.
A "Bravo" bastano un cercapersone, un telefono a disco e una cabina telefonica per organizzare gli incontri tra le sue donne e i clienti prezzolati che ne vogliono il corpo; quelle stesso donne che lui non potrà mai più soddisfare e che per questo ha deciso di usare in un altro modo, lasciandole alle lenzuola degli altri dietro lauto compenso per le loro prestazioni.
Finché sul finir di una notte identica a molte altre fatte di eccessi, di coca, di carte clandestine, conosce Carla Bonelli. La donna staziona fuori dall'Ascot Club, rinomato ritrovo per cabarettisti emergenti o già famosi, in una Milano che si sta accendendo delle luci dell'alba. Tra "Bravo" e il suo amico di bische "Daytona" sorge una scommessa come quella tra don Rodrigo e il cugino di manzoniana memoria: "vedrai che riuscirò a portarmi quella figa a letto". Insomma, il linguaggio non è di fine levatura come ne I Promessi Sposi ma anche il contesto, del resto, è più recente, per quanto retrodatato.
"Bravo" accetta la sfida che gli lancia l'amico, avvicina Carla come intermediario, le indica il cliente dall'altra parte della strada e la convince a fare una marchetta. Mercificare il sesso è il suo lavoro. Lei ci sarebbe stata molto più volentieri con chi l'ha approcciata, ma lui declina potendo solo accarezzare il sogno di una tentazione inesaudibile.
Quando Carla capisce che il guadagno è facile e decide di entrare in modo definitivo nel giro di prostituzione organizzato da "Bravo", lui sente che sta entrando prepotentemente anche nella sua esistenza. Ciò nonostante decide di trattarla per quello che è o che presto diventerà: una puttana al soldo di imprenditori, finanzieri e politici della Milano che conta.
Per una che inizia, ce n'è invece un'altra che dal giro uscirebbe molto volentieri, ed è Laura Torchio: si è innamorata di un aitante comico conosciuto all'Ascot Club ma liberarsi del suo principale cliente, il violento pregiudicato Salvatore Menno, è un'impresa che può costare sangue e vite umane. Quella di "Bravo" inclusa, dal momento che decide di aiutarla.
Ma in ballo per il "venditore di donne" non c'è solo la contrattazione di notti di piacere. Tra le sue mani gira un schedina del Totocalcio che vale milioni e che sta cercando di piazzare al boss per il quale lavora proprio Salvatore Menno. Il suo piano è quello di vendergliene una copia, tenendo per sè l'originale e incassandola al momento opportuno. Ma Menno, detto "Il Tulipano", si mette di traverso rischiando di far sfumare l'affare. Il suo destino finirà con tre pallottole sparate da una mano sconosciuta tra i campi incolti, nel buio delle campagne lombarde.
Laura ottiene la sua emancipazione, Carla la sostituisce per quella che si prospetta una serata memorabile nella villa di un ricco finanziere alle porte di Monza e "Bravo", che ancora si chiede chi abbia potuto far fuori il suo rivale mentre lui stava attentando alla sua incolumità, cerca nel frattempo di istruire la sua nuova adepta per il suo primo, vero "giorno di lavoro". Non può certo prevedere che la festa a villa Bonifaci, dove Carla si recherà in compagnia di altre colleghe, di ospiti illustri e di rappresentanti politici dai nomi altisonanti finirà in una carneficina ... E che al posto di Carla, sparita nel nulla, sarà Laura a lasciarci le penne.
Faletti, anche in questa sua ultima fatica, non lesina l'uso del torpiloquio e di un repertorio cabarettistico che gli viene spontaneo, dati i trascorsi. L'unico cruccio è che i suoi personaggi abbiano tutti indistintamente la battuta pronta, come fosse un dono che accomuna l'umanità quando invece dovrebbe essere prerogativa di pochi e dell'Io narrante in particolare. C'è troppa licenziosità nell'uso delle coincidenze che gioca un punto a sfavore della verosimiglianza. Ma l'autore è cresciuto. L'utilizzo delle metafore per esprimere sensazioni è più brillante che altrove e scevro di pesanti luoghi comuni.
Gli Appunti scorrono veloci, inchiodano la curiosità al diario fuori dal comune di questo protagonista incastrato tra il giorno e la notte, tra il mercimonio delle femmine e i sentimenti incontrollabili per una di loro, tra il crimine organizzato e il terrorismo politico che qui incrociano il passo e le armi.
Non dirò che non riesce a raggiungere i livelli di "Io Uccido" perché rischierei io stesso di restare ucciso da una banalità e dall'evidenza del ne bis in idem. Dirò, piuttosto, che Faletti ha cambiato argomenti senza però tradire se stesso e affinandosi.
I gialli mi possono lasciare diversi dubbi, una volta arrivato alla quarta di copertina. Questo me ne ha lasciato solo uno e bello grosso: come fa "Bravo" a nascondere la sua mutilazione agli altri senza esprimersi con la vocina di un eunuco?
Baldini Castoldi Dalai p. 397